A ‘Crash’ di scena l’opposizione a Lukashenko

Parliamo ancora di Bielorussia, Paese troppo spesso dimenticato nonostante sia governato da un despota che reprime ogni libertà. A ricordarci qual sia la situazione è stata una bella inchiesta del programma in onda su RaiTre (purtroppo in piena notte) ‘Crash’.

Il sito charter79.org, di Natalia Radzina, giornalista bielorussa rifugiata politica da Vilnius, titola il pezzo “Italians see real face of Lukashenka” ('Gli italiani vedono la vera faccia di Lukashenko') nel citare la bella puntata inaugurale (della nuova stagione) di 'Crash', programma di RaiStoria andato in onda il 17 ottobre scorso; il documentario è visibile sul sito www.crash.rai.it e merita di essere visto.

Primo per il tema, raramente trattato, secondo per le condizioni di difficoltà e rischio nel quale è stato realizzato ma anche - terzo - perché gli autori, Alfonso Iuliano e Elena Keidan, sono riusciti a fare un lavoro che già giornalisti di altri Paesi avevano tentato di fare senza riuscirci.

“Lukashenko chi?” è stato mandato in onda nella nuova edizione di 'Crash' (programma di Valeria Coiante, Marco Malvestio, Paolo Zagari e Andrea Zanini, in onda tutti i mercoledi notte purtroppo all'1 su RaiTre e il lunedì alle 23 su RaiStoria). Nel servizio, di quaranta minuti, viene illustrato come in questo angolo d'Europa resista ancora una vera e propria dittatura - con una polizia segreta, il KGB, molto efficiente nel tenere sotto controllo i movimenti degli attivisti e impedire con ogni mezzo la diffusione delle loro idee.

Il tutto è stato illustrato con interviste esclusive alle mogli dei dissidenti in carcere, ai giovani manifestanti che si riuniscono clandestinamente e agli studenti esuli nella vicina Lituania.

“Siamo andati in Bielorussia nell'estate del 2011 - dice Alfonso Iuliano - con un visto turistico, senza informare neppure l'ambasciata di quello che volevamo fare. Avevamo informato solo l'Osce, nello specifico Riccardo Migliorini, che era scettico nei confronti del nostro progetto, e ci siamo sempre mossi sapendo che c'erano grossi problemi. Per non dare nell'occhio abbiamo usato una piccola Panasonic, senza gli accessori, come se fossimo stati due turisti. Sapevamo che altri colleghi, francesi e di altri Paesi, avevano tentato prima di noi di fare un servizio simile ma o erano stati loro negati i visti, o venivano mandati fuori dal Paese o veniva cancellato il materiale al momento di uscire dalla Bielorussia. Noi siamo stati fortunati ma abbiamo cercato di muoverci con cautela. Quello che mi interessava era portare il girato in Italia”.

E se da un punto di vista qualitativo le inquadrature e l'audio non sono perfetti, ci sono i contenuti e il risultato è comunque un quadro del Paese che pochi sono riusciti a dare. “Muoversi con un microfono e con un'attrezzatura professionale significava essere troppo visibili, per cui il materiale ci sarebbe stato controllato e sicuramente cancellato - prosegue Iuliano - . Devo dire che siamo anche stati fortunati. Il viaggio ha richiesto una certa preparazione, una ricerca dei contatti. Il fatto che Elena sia russa è stato importante per comunicare; pochissimi in Bielorussia parlano altre lingue. Un po' siamo stati fortunati, un po' ci siamo mossi bene.
Abbiamo sentito solo una parte ma mai abbiamo pensato a richiedere un'intervista alle autorità o addirittura a Lukashenko. I ragazzi che abbiamo intervistato sono persone pacifiche, che sono state in prigione per avere manifestato il loro dissenso.

È impressionante il numero di bielorussi con cui abbiamo parlato e che sono stati almeno cinque-dieci giorni in prigione. Quello bielorusso è un regime molto repressivo, dove il carcere è una pena comminata spesso e per vari tipi di reato. Credo però che gli oppositori politici che abbiamo intervistato, e con i quali siamo rimasti in contatto, siano molto frustrati, depressi. Nonostante i loro sforzi non riescono a trovare un grosso seguito tra la popolazione. Da quando abbiamo girato il servizio, Sannikov e Bondarenko sono stati liberati ma non sono in grado di dire cosa succederà nei prossimi anni in Bielorussia. Vorrei tornarci per fare un altro servizio ma non so se sarà possibile”.

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