Alberto Poli, una regia crossmediale per la Tv e il Web

Un’iniziativa per sostenere il passaggio dalla meccanica alla meccatronica e rilanciare attraverso la comunicazione l’immagine di un settore spesso ancora legato a vecchi stereotipi: è nato così il progetto strategico #ItaliaMeccatronica, lanciato nel marzo scorso da Assolombarda. Con questo scopo, in collaborazione con la Fondazione Pubblicità Progresso, è stato realizzato anche uno spot pubblicitario diretto dal regista Alberto Poli, che abbiamo incontrato.

Qual era l'obiettivo della campagna e come sei stato coinvolto nel progetto?

L'esigenza della campagna era comunicare che il mondo delle fabbriche è cambiato. In una prima fase Assolombarda e Pubblicità Progresso hanno promosso un video concorso, “Regista d'Impresa”, che è stato vinto da Alessandro D'Onghia, giovane filmmaker della Civica Scuola di Cinema. Successivamente hanno deciso di partire dall'idea di Alessandro per farne una vera e propria campagna per tv e internet. Bedeschifilm, che l'ha prodotta, me l'ha affidata. Abbiamo scritto una storia più breve, pensato un nuovo shooting board, cambiato cast, aggiunto professionalità a un'idea che era già brillante.

Quale storia viene raccontata nello spot?

La storia è quella di una bimba che nel corso di una visita alla fabbrica dove lavora il padre si appassiona al suo mondo, quindi studia e si specializza. Finisce per lavorare nella stessa fabbrica, che nel frattempo è cambiata perché è stata introdotta la robotica. Il concetto che vogliamo comunicare è che questo tipo di lavoro è mutato, è meno alienante di un tempo, e quindi i giovani possono prenderlo in considerazione per il proprio futuro.

Un concetto complesso da comunicare...

Per far passare il messaggio si è deciso di mettere in scena le emozioni, la storia umana più che quella tecnologica: un rapporto padre figlia che si evolve parallelamente all'evoluzione dell'industria. La meccanica è lasciata sullo sfondo, in primo piano c'è la storia famigliare.

E' una Pubblicità Progresso e non uno spot commerciale. Cosa cambia per un regista?

Preparazione e tecniche non cambiano. A volte la comunicazione sociale ti permette però di osare un po' di piu. Non c'è un prodotto specifico, l'idea è più importante, e perciò il lavoro può essere più stimolante. E' una generalizzazione, certo, ma il prodotto a volte ti appiattisce, mentre gli spot sociali ruotano attorno a narrazioni molto forti e sono più liberi.

Lo spot è in onda in Tv ma ovviamente è anche online. Sono due canali molto diversi per modalità di fruizione. Ne hai dovuto tener conto?

Fino a pochissimi anni c'era una netta distinzione tra video per la tv e per il web, la prima era la serie A e il secondo la serie B. Ora invece i contenuti sono tutti cross mediali e quando realizzi un  video per la tv sai che verrà diffuso anche sul web. Non sempre c'è una vera attenzione su questo fronte a dire il vero, perché si pensa che se uno spot va bene per tv andrà bene anche per il web. Cosa non vera. Dal punto di vista del regista comunque non c'è grande differenza, la concentrazione è tutta sul come raccontare la storia. Il mezzo di trasmissione è più rilevante per il marketing.

L'ambizione di tutti i video è diventare virali. Ci sono regole per realizzare questo obiettivo?

No, non ci sono ricette. Al massimo si può cercare di cogliere dei segnali che arrivano dal web ma è una realtà è molto complicata, si vedono video fare inaspettatamente milioni di visualizzazioni e i trend sono difficili da capire. Così come è difficile costruire un successo a tavolino.

Come fai a mantenerti formato e informato sotto questo punto di vista?

La sfida vera è fare ricerca, la formazione principale la fai studiando online i lavori altrui. Vedi qualcosa che ti piace, prendi nota dei credits, segui i lavori delle persone che ti piacciono. Poi ci sono i festival, dove si vedono i trend, le idee, i giovani registi. Non mi piace parlar male dell'Italia ma noi siamo un po' una piccola provincia nel panorama internazionale: mancano il coraggio e la sperimentazione, abbiamo la tendenza ad appoggiarci sulle certezze e tutto il sistema e la catena professionale ne risentono.

Il futuro prossimo del social marketing sarà in gran parte in video. Che spazi si aprono per i registi?

Sicuramente si moltiplicano le opportunità, perché anche la pizzeria sotto casa ora ha un sito e vuol fare un video. Sulla carta più video significa più lavoro, ma per i professionisti quantità e qualità non vanno necessariamente insieme. Il futuro del nostro lavoro dev'essere raccontare bene delle storie, non fare semplici video.

Tu hai meno di 30 anni. Come si viene considerati in un settore che sta cambiando così velocemente?

In Italia sono considerato giovane, perché qui le maglie sono piuttosto ampie, e fino a 40 anni è così che si è considerati. Servono tanti anni per essere presi sul serio. La mia storia è un po' particolare perché, dopo la laurea in Psicologia della Comunicazione, senza nessuna esperienza, ho scritto una mail a Giovanni Bedeschi e sono riuscito a incontrarlo. Ha speso del tempo per conoscermi, mi ha dato molti consigli e infine la possibilità di collaborare con la sua casa di produzione. Lui punta sui giovani in un mondo dove bisogna lottare per far sì che vengano affidati loro dei lavori importanti.

 

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