Torniamo su alcune recenti decisioni dell’Autorità di Calabrò. La prima è su Tivù-sat (“autorizzata”) e sulla Rai (dubbi sul continuo ‘criptaggio’ su Sky). Un’altra decisione ha ‘congelato’ (se non autorizzato) il problema del superamento della famosa soglia del 20% dei canali Tv.
Parliamo per prima cosa di Tivù-sat e del continuo criptaggio dei programmi di RaiUno, RaiDue e RaiTre da parte della Rai su Sky dal 1° agosto scorso (dopo la repentina rottura del contratto di RaiSat con Sky). Ecco i particolari della decisione relativa:
«Il Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, presieduto da Corrado Calabrò, ha esaminato (nelle scorse settimane; Ndr.) il dossier relativo alla piattaforma Tivù-Sat. Il Consiglio, all'unanimità, ha deciso l'apertura di un'istruttoria per verificare il rispetto, da parte della Rai, degli obblighi di servizio pubblico e del contratto di servizio.
L'Autorità, sulla base degli elementi raccolti, ha infatti riscontrato un' insufficiente informazione agli abbonati sulle modalità di visione dei programmi Rai in simulcast via satellite, la mancanza di preavviso sulle scelte effettuate, la difficoltà di orientamento dei consumatori nella scelta degli apparati e una carenza di informazione sulla regolamentazione e le modalità di criptaggio dei programmi, la mancanza di tutela dei cittadini all'estero.
L'istruttoria dovrà accertare le modalità di distribuzione delle smart card (incluse quelle per gli italiani all'estero), i criteri per la distribuzione dei programmi televisivi privi di diritti per l'estero, la possibilità per tutti gli utenti di ricevere la programmazione di servizio pubblico gratuitamente su tutte le piattaforme distributive, anche in linea con quanto avviene in altri Paesi europei. Questo, per dare risposta alle concrete esigenze manifestate dai consumatori e per consentire lo sviluppo della concorrenza in base ai contenuti offerti e non alle apparecchiature utilizzate.
Il Consiglio dell'Agcom ha inoltre deciso, a maggioranza, che, allo stato degli atti, non esistono i presupposti per l'avvio di un'istruttoria relativa alla costituzione della società Tivù-Sat ai sensi dell'art. 43 del Testo Unico della radiotelevisione a condizione che le smart card Tivù-Sat non siano utilizzate per la fruizione di programmi a pagamento e che la piattaforma offra i propri servizi a tutti i soggetti che ne fanno richiesta a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie.
Qualunque modifica agli accordi notificati all'Autorità comporterà il riesame della decisione.
Contestualmente, anche a seguito delle segnalazioni di alcune associazioni dei consumatori e della situazione d'incertezza venutasi a creare tra gli utenti, ha aperto un'istruttoria al fine di accertare le tipologie dei decoder attualmente sul mercato, la loro conformità degli accordi di cessione delle licenze alla normativa di settore nonché tutte le iniziative utili all'adozione di un decoder unico».
Una decisione di ancor maggio rilievo è stata quella sul problema dell'eventuale superamento della famosa soglia del 20% dei canali televisivi nazionali (sommando analogico e digitale) da parte di Mediaset, problema che era stato segnalato dall'associazione Altroconsumo. Ecco cosa è stato deciso qualche giorno fa nella cronaca di 'Repubblica':
«L'Agcom (governata a maggioranza dal centrodestra) assolve Mediaset sullo sforamento del tetto del 20% dei programmi Tv nazionali previsto dalla Legge Gasparri. I canali Premium e l'offerta a pagamento di Cologno Monzese non sono veri e propri canali Tv ma servizi della società dell'informazione, ha stabilito dopo un'inchiesta durata qualche mese… l'Autorità per le Comunicazioni guidata da Corrado Calabrò. E come tali non possono essere sommati all'offerta generalista del Biscione sull'analogico e sul digitale terrestre per calcolare il peso delle Tv del presidente del Consiglio nell' etere nazionale.
Contro questa decisione hanno votato i tre commissari della minoranza Sebastiano Sortino, Michele Lauria e Nicola D' Angelo. Secondo il loro punto di vista, i servizi Mediaset Premium e le pay-tv del Biscione - occupando bande di frequenza - sarebbero da considerare canali veri e propri con un palinsesto autonomo. I tre hanno ottenuto però il via libera per l'apertura di una seconda istruttoria più generica destinata a dare una definizione più specifica in futuro ai canali a pagamento, alla luce dei cambiamenti rapidissimi del panorama dell'etere nazionale.
L'inchiesta dell'Agcom era scattata tempo fa su segnalazione di Altroconsumo. L'esposto dell'associazione dei consumatori - inviato anche all'Antitrust e alla Direzione generale per la Concorrenza della Commissione europea - sottolinea come Rti, una controllata della società di casa Berlusconi, grazie ai servizi a pagamento «detiene il 29,7% del totale dei programmi televisivi, essendo titolare di almeno 14 palinsesti Tv».
Ben di più, insomma, della soglia indicata nel Testo unico ella radiotelevisione a tutela del pluralismo e della concorrenza nel Sistema integrato delle comunicazioni (Sic). La Corte di giustizia europea in passato si è già espressa in merito (a) questa questione, arrivando a una conclusione diametralmente opposta a quella dell'Autorità di Calabrò. L'effetto immediato delle decisioni dell'Agcom è quello di consentire al Biscione di arricchire senza limiti la programmazione a pagamento, che già costituisce una parte importante dei conti Mediaset.
Nel primo semestre dell'anno i ricavi di questa divisione sono cresciuti da 185 a 269 milioni di euro, con un risultato negativo per 20 milioni (erano 35 un anno prima) a causa soprattutto dei costi d'avviamento. Cifre importanti che confermano come i network del premier siano già in parte riusciti a sganciarsi dalla dipendenza dalla Tv generalista per lanciare la propria sfida a Sky. I tempi della nuova istruttoria ottenuta dalla minoranza dell'Authority sulla definizione dei canali pay è una spada di Damocle un po' spuntata su questo scenario anche perché i tempi di questo lavoro dovrebbero essere piuttosto lunghi».