Asta delle frequenze Tv: si presenta solo Cairo

Si è verificato il previsto flop per la famosissima (e ormai ‘famigerata’, verrebbe da dire) asta delle frequenze Tv richiesta dall’Europa. A forza di ‘rimaneggiamenti e rinvii, la cosa, a termini di presentazione scaduti, interessa solo a Cairo.

Vediamo il puntuale articolo di www.repubblica.it:

«Dal sogno di raccogliere oltre un miliardo di euro, al rischio del flop. Il ministero dello Sviluppo economico si è salvato in calcio d'angolo e alla fine almeno un'offerta è arrivata per l'assegnazione delle frequenze tv nazionali in Dvb-t: a manifestare il proprio interesse è stato il gruppo Cairo che lo scorso anno ha rilevato da Ti Media La7. D'altra parte alla gara non potevano partecipare gli operatori che detengono tre o più multiplex, cioè Mediaset, Rai e Telecom Italia Media Broadcasting. Ora il ministero valuterà i requisiti amministrativi della domanda, mentre Cairo avrà trenta giorni di tempo per presentare l'offerta economica per uno o più dei tre lotti di frequenze messi a gara, con il vincolo della copertura del 51% della popolazione italiana entro 5 anni.



L'Italia in questo modo spera di chiudere la procedura d'infrazione aperta dalla Ue nel 2005 per la pluralizzazione dell'offerta televisiva: con lo spostamento dall'analogico al digitale l'Italia, come il resto d'Europa, si era impegnata ad allargare il mercato televisivo ridotto al duopolio Rai-Mediaset e allargato a Sky sul fronte della pay tv satellitare. Di certo a convincere Cairo a presentare un'offerta sono state le prospettive di sinergie tra il suo canale televisivo e l'infrastruttura: oggi per trasmettere La7, Cairo paga l'affitto dello spazio a Timb, mentre se avesse un suo multiplex risparmierebbe l'affitto e potrebbe "cedere" lo spazio in eccesso (per i primi tre anni, però, la frequenza acquisita non potrà essere ceduta). A favore dell'offerta di Cairo ha giocato anche il prezzo di saldo: la base d'asta è stata fissata a 30 milioni di euro.

Nel 2011 le frequenze per la rete 4G erano state vendute agli operatori tlc a poco meno di 400 milioni di euro l'una. Lo stesso prezzo che sperava di spuntare l'allora ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, quando decise di cancellare il beauty contest (la gara per requisiti che avrebbe assegnato gratuitamente gli spazi) avviando la procedura per l'asta competitiva. A spaventare potenziali interessati era anche il costo della rete di trasmissione, con l'obbligo di coprire almeno il 51% della popolazione in cinque anni, purché si comprenda un 10% in ogni regione. L'operatore di rete vincitore avrebbe poi dovuto trovare editori in grado di acquisire la sua capacità trasmissiva ad un prezzo conveniente, a meno di non volersi integrare verticalmente con un editore o di essere già in tale condizione: un problema che per Cairo non si pone avendo già il suo canale.

“È certamente positivo che la gara per le frequenze tv non sia andata deserta, anche se è presto per dire se l'esito sarà sufficiente per chiudere la procedura d'infrazione della Commissione Ue - ha detto il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli… - . Quella del passaggio dall'analogico al digitale terrestre è una vicenda lunga, fatta di aggiustamenti successivi, perdite di tempo e occasioni mancate, a partire dalla deludente gestione dello switch off. L'interesse del gruppo Cairo, però, è un segnale di vitalità di un settore che si sta rapidamente evolvendo”».

Contento Giacomelli (delle cui deleghe, salvo novità, continuano a mancare notizie, al momento, lasciandolo in una conduzione quasi 'dimezzata') contenti tutti, verrebbe da dire, ma la mancata partecipazione all'asta conferma invece - ci pare - che la questione è stata gestita assai maldestramente, a dir poco, dal Ministero dello Sviluppo Economico (con i suoi vari 'inquilini' a seconda dei Governi in carica) in questi anni. E per un problema oggetto di procedura di infrazione europea non ci sembra una colpa di poco conto, francamente.

Giacomelli annuncia intanto una riforma organica del settore audiovisivo, di cui Renzi finora non aveva parlato, praticamente. Dal Ministero riferiscono - scrive Key4biz - «che il governo intende mettere mano alla Gasparri che è ormai una legge datata, visto che risale a quasi dieci anni fa, quando il contesto competitivo era molto diverso e il peso della Tv analogica e poi digitale era molto maggiore.
Oggi le cose sono molto cambiate. Le ultime operazioni tra Sky e Telecom Italia e Mediaset con Vodafone evidenziano che la tanto agognata convergenza è ormai una realtà concreta. La riforma che ha in mente Giacomelli terrà conto proprio del fatto che non siamo più in un mondo analogico e sostanzialmente non siamo più in un mercato duopolistico. La banda larga ha, infatti, cambiato i termini del progresso e la legge Gasparri non va più bene».

Non resta allora che stare a vedere.

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