Benigni: una serata da incorniciare

Ha raggiunto quasi il 44% del pubblico televisivo, come avevamo previsto, ma sarebbe probabilmente da mostrare in tutte le scuole italiane: la serata che Roberto Benigni ha dedicato alla Costituzione su RaiUno è stata “un incanto”. E persino la satira politica era quasi “gentile”…

L'attesa non ha deluso le aspettative. Anzi. Peccato sia già tutto finito. 'La più bella del mondo' ieri sera su RaiUno in prima serata, mi ha incantati, mi ha attaccato allo schermo per più di due ore senza mai annoiarmi e per di più senza nemmeno un'interruzione pubblicitaria.
E ovviamente è stato boom di ascolti: la serata evento ha stravinto la sfida Auditel di lunedì 17 dicembre e ha raccolto davanti al piccolo schermo una platea di ben 12.619.000 telespettatori, pari al 43.93% di share (pochi giorni fa avevamo azzardato il 45%).

Numeri da Festival di Sanremo, o da partita della Nazionale di calcio, per l'ennesimo successo di Benigni. Quindi, almeno come ascolti, Rai Uno questa volta ha vinto la sua scommessa e la Rai ha dalla vicenda molto da imparare, mi pare.

Prima di passare a raccontare in breve la serata, vorrei dire che Benigni mi ha stregato con il suo viso a tratti allegro e a tratti serio, a volte buio, a volte illuminato da un sorriso, mi ha rapito coi suoi gesti, la sua parola alcune volte irreverente e scherzosa, altre compita, commossa, poetica, sempre intelligente. L'attore mi ha fatto pensare alla pienezza, alla sincerità, alla verità di certe parole che rischiano di perdersi nel tempo. Mi ha inondato di entusiasmo, di voglia di 'voler bene' ancora alla nostra Nazione, ai suoi Principi Fondamentali, così come aveva già fatto nell'esegesi dell'inno di Mameli.

L'attore toscano è entrato in scena saltellando sulle note di Piovani come un bimbo felice (ormai un suo segno di riconoscimento).
La prima parte dello spettacolo, come annunciato, è stata dedicata alla satira politica e, con le ultime uscite di Berlusconi, naturalmente gli argomenti non sono mancati: "Due brutte notizie in questo mese: una è la fine del mondo, ma l'altra è terrificante: s'è ripresentato per la sesta volta. Ma ha detto che la settima si riposa” e ancora: “È come i sequel dei film dell'orrore, lo Squalo 6, la Mummia, Godzilla contro Bersani...".
“C'è tanta gente che vorrebbe andare in pensione , ma c'è un italiano che potrebbe andarci quando vuole, e non c'è verso che ci vada...”.

È stato esilarante Benigni nelle sue battute su Berlusconi di cui ha sottolineato la schizofrenia politica, con conseguenze 'psichiatriche' per il povero Alfano, e di cui, ha detto, è andato in onda su Canale 5 un servizio del '94 dove si sentivano cose vecchie “cui nessuno crederebbe più, come voler salvare l'Italia, abbassare le tasse, combattere lo strapotere della magistratura, fare la guerra ai comunisti…”. Ma le battute sono state anche su Renzi, andato ad Arcore quando però la cena era di soli uomini, su Di Pietro che aspetta le primarie per passare alle superiori e sulla sobrietà di Monti. I toni però non erano accesi, bensì pacati, intelligentemente sarcastici.

Poi il comico ha iniziato a parlare di democrazia e cominciato dal Medioevo, quando in Parlamento c'erano dei corrotti e degli uomini condannati. Benigni è andato avanti così, con un parallelismo ironico tra il passato e l'oggi parlando anche, con una battuta spassosa, della nascita del figlio di Bossi, detto il Trota.

Poi, improvvisamente, quasi prima del previsto, Benigni ha cambiato registro, e senza accorgercene, siamo stati come catapultati in un'Aula Magna dove un bravissimo e accorato 'professore' ci parlava della Costituzione e ce ne insegnava il significato. Benigni ha la capacità di parlare col cuore, di parlare semplice come fosse un bambino che parla ad altri bambini.

Ci ammalia e ci dice che due sono i pericoli maggiori per la Costituzione: il primo è l'indifferenza alla politica: “È un grave errore, perché bisogna rispettare la politica, in quanto è la cosa più alta per organizzare la pace, la serenità e il lavoro. Non avere interesse per la politica è come dire di non avere interesse per la vita".
Il secondo nemico è non votare: “Bisogna ricordarsi che ci sono stati dei morti per regalarci la possibilità di voto. La cosa più terribile è chiamarsi fuori, non votare. È come Ponzio Pilato che si dà in mano alla folla e la folla sceglie sempre Barabba”.

Spiegando i 12 articoli, che ovviamente per ragioni di spazio, non elencheremo tutti, Benigni si è soffermato più volte sulla positività dei verbi usati dalla Costituzione: mentre la Legge costringe, proibisce, la Costituzione libera, promuove, tutela. La Costituzione è la carta dei desideri: permette di desiderare e di sognare. Tanto che quando ha citato l'articolo 3 che prescrive 'l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali', l'attore ha scherzato dicendo: “Sembra scritto a Woodstock- È Imagine di John Lennon trent'anni prima. Me li immagino a Montecitorio, come fricchettoni, che si passano il cannone...”.

Poi si è soffermato sull'articolo 4: “Se non c'è il lavoro crolla tutto, la Repubblica e la democrazia, che sono il corpo e l'anima delle nostre istituzioni. Quando non c'è lavoro perdiamo tutti... Nella busta paga troviamo noi stessi: quella paga non rappresenta l'avere, ma l'essere".

Con l'articolo 9, 'la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica, tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione', Benigni ha sottolineato che dovremmo trattare il nostro paesaggio come fosse nostra mamma e torna a farci sorridere: cita la sindrome di Stendhal "che arrivò a Firenze e svenne per tanta bellezza”, mentre noi “abbiamo avuto la sindrome di Bondi: invece di svenire l'uomo, venivano giù i monumenti".
Il lungo monologo si è concluso con l'articolo 12 e l'elementare spiegazione del Tricolore.

Non so se qualcun altro avrebbe potuto sottolineare con maggior semplicità, chiarezza e purezza il senso della Carta Costituzionale. La verità è che vorresti farlo sentire a tutti, ai tuoi figli, in primis e a tutti gli studenti italiani, vorresti portarlo per mano scuola per scuola. Perché a Benigni viene d'istinto voler bene.

Concludiamo con alcune note tecniche.
Prodotto dalla Melampo Cinematografica, lo spettacolo è stato organizzato da Lucio Presta con la produzione esecutiva di Arcobaleno Tre. La location era quella del 'mitico' Studio 5 di Cinecittà. La regia dell'evento è stata curata da Stefano Vicario, mentre la scenografia, sobria ed elegante, era di Gaetano e Chiara Castelli: un'arena semicircolare in legno in cui il pubblico, non numeroso, era seduto attorno all'attore che stava al centro del palco, solo con un leggio.

La luce, non invadente, diretta da Massimo Pascucci, ha sottolineato i diversi momenti dello spettacolo. Inizialmente bianca, quasi fredda, quando si è iniziato a parlare della Costituzione si è fatta più calda, quasi rossiccia, accentuata anche dal calore/colore del legno. Infine, invece, quando Benigni ha intonato la canzona 'Beautiful that way' di Piovani, dal tema principale de 'La vita è bella', per salutare il pubblico e soprattutto infondergli fiducia, la luce è diventata blu, quasi a sottolineare il momento poetico e a voler dare la buona notte a tutti.

A fine serata, il pubblico, in piedi, ha applaudito incessantemente Benigni che, correndo per il teatro, ha salutato, abbracciato e augurato Buon Natale a tutti, visibilmente commosso.

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