“Botte da orbi” alla Rai

A fini prettamente demagogici e con effetti reali da valutare continua il tentativo del Governo (soprattutto per iniziativa della Lega Nord) di ‘prendere provvedimenti esemplari’ sulla Rai. Dopo i compensi nei titoli di coda, si tagliano gli stipendi d’autorità…

Riteniamo francamente si stia scadendo nel ridicolo. Già i compensi dei conduttori, dei giornalisti, di ospiti e opinionisti inseriti nei titoli di coda dei programmi Rai era una misura dall'effetto eclatante (e potenzialmente 'devastante', invece, nella pratica) ma adatta più che altro “ad incantare i gonzi”, poiché in effetti solo questi ultimi possono ritenere che così si faccia una cosa pregevole dal punto di vista morale. Un provvedimento che piace a chi ha già voglia di scandalizzarsi 'a prescindere', probabilmente, e che fa a pugni con qualsiasi logica di mercato.

Basta il fatto che si tratti di soldi pubblici a giustificare qualsiasi cosa? Per il Governo, e soprattutto per la Lega Nord, che ne inventa una al giorno, evidentemente sì. Tanto che nei giorni scorsi il Consiglio dei ministri ha approvato l'emendamento firmato da Roberto Calderoli e Umberto Bossi per il taglio degli stipendi dei dirigenti Rai e la modifica del provvedimento 177 del 2005, ovvero il testo unico dei servizi media radio-televisivi. Per chi percepisce un compenso che va dai 90mila ai 150mila euro il taglio sarà del 5%, sopra quella cifra il taglio raggiungerà il 10%.
Una cosa così assurda e probabilmente anche inattuabile (spetta al Governo tagliare d'autorità gli stipendi in Rai?) che il Cda di Viale Mazzini si è schierato contro (compresi i Consiglieri “di Centro-Destra”), giudicando "grave la decisione di introdurre nella Finanziaria una norma che limita l'autonomia di impresa” della stessa Rai e che comunque risulta inutile nel momento in cui l'azienda ha già avviato l'attuazione del piano industriale 2010-2012 per il raggiungimento del pareggio e sul quale è in corso il confronto con le organizzazioni sindacali.

Alcuni punti sono poi stati ben chiariti dal collega Marco Mele del 'Sole 24 Ore':

«Il Consiglio dei ministri taglia i compensi dei collaboratori esterni della Rai e fissa un tetto al costo del lavoro interno. L'emendamento è stato proposto dai ministri della Lega Nord Roberto Calderoli e Umberto Bossi. Al momento dell'approvazione della norma, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi si è assentato dal Consiglio dei ministri insieme a Gianni Letta.
Le misure vengono giustificate «dall'eccezionalità della situazione economica internazionale» e dalle «esigenze primarie di contenimento della spesa pubblica». Decorrono dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013.
Primo: il totale annuo di quanto corrisposto ai «lavoratori non dipendenti» che prestano servizio alla Rai non può eccedere dell'80% la relativa spesa media dei bilanci 2007, 2008, 2009. «Personale non dipendente»? Non possono essere che gli artisti, gli autori, i registi, i conduttori e i giornalisti esterni, il cui compenso andrà ridotto del 20% medio. Una misura che va direttamente a favorire, in un mercato duopolistico, o, al massimo oligopolistico, Mediaset ed eventualmente Sky, secondo l'opposizione. Un'eventuale, conseguente, perdita d'ascolto ridurrebbe gli introiti pubblicitari ed aumenterebbe le perdite, a scapito dell'azionista Tesoro.
Seconda misura: il direttore generale provvede alla gestione del personale dell'azienda «in modo che il relativo costo complessivo annuale non ecceda il 25% dei costi operativi annuali» della Rai. Anche tale "tetto" ha effetto sino al 31 dicembre 2013. Il totale dei costi operativi Rai, nel 2009, è stato di tre miliardi e duecento milioni di euro. Quello del personale di 906 milioni. Quest'ultimo, per stare nel 25%, dovrà scendere a 720-730 milioni, calando di circa 200 milioni. Come fare? Si può, ad esempio, licenziare 2.500 persone. O convocare i sindacati e rivedere tutti i contratti al ribasso. Le spese del personale dei ministeri, peraltro, sono state congelate, non ridotte. Sono strade percorribili?
C'è un'altra possibilità, che tiene conto di entrambe le disposizioni. La Rai affida a società esterne la realizzazione di gran parte della propria programmazione, compresi i contratti di star, conduttori e giornalisti. Acquista poi questi programmi come appalti esterni. Così facendo aumenta i costi operativi a scapito di quelli del personale e riduce il costo dei contratti esterni, pur pagando in sostanza gli stessi artisti all'interno del costo dei programmi. In più, la Rai dovrebbe raddoppiare gli acquisti dall'estero e ridurre in proporzione la produzione interna. Il contrario di quanto sostengono, da sempre, tutti i politici».

Comunque la si giri, una decisione - quella del Governo - senza né capo né coda e che ha poche possibilità di essere attuata. A meno che lo scopo non sia quello di fare un po' di confusione, di annunciare misure dall'effetto demagogico e, qualora poi non se ne possa fare nulla (come forse accadrà, appunto), di dare la colpa agli altri “che non vogliono cambiare”. Non male come modo di governare, in effetti…

Masi però non si scompone. Il DG Rai è andato alla Vigilanza a dire: “Sono totalmente a favore ai compensi nei titoli di coda”. Resterebbe solo da valutare come applicare l'indicazione data dallaVigilanza nel parere, obbligatorio ma non vincolante, sul contratto di servizio. In particolare "per non danneggiare il servizio pubblico" rispetto alla concorrenza. Masi ha scritto una lettera al garante per la privacy e ai presidenti di Antitrust e Agcom per avere indicazioni specifiche su come applicare la direttiva alla luce della normativa vigente.

Avanti così, comunque…

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