C’è anche l’ormai famosa telefonata registrata dal dg dell’Ischia Pino Iodice, mentre parlava con il presidente della Lazio Claudio Lotito, tra gli atti raccolti dalla Procura di Milano nel filone dell’indagine che riguarda l’assegnazione dei diritti Tv del calcio. Conversazione acquisita qualche tempo fa e nella quale il numero uno della squadra biancoceleste e consigliere della Figc diceva, tra le altre cose: “Io quando vado a vendere i diritti televisivi, che abbiamo portato a 1,2 miliardi (…) sono riuscito a mettere d’accordo Sky e Mediaset”.
E proprio in base a questa registrazione, da quanto si è appreso in ambienti giudiziari, inquirenti ed investigatori stanno cercando di mettere a fuoco il ruolo di presunto “negoziatore” che Lotito avrebbe avuto nella gara. Gara che, secondo il procuratore aggiunto Giulia Perrotti e i pm Roberto Pellicano, Giovanni Polizzi e Paolo Filippini, sarebbe stata pilotata a favore di Mediaset da parte di Infront.
Per questo ‘capitolo’ il presidente della società che ha fatto da ‘advisor’ nella negoziazione, Marco Bogarelli, e i consiglieri Giuseppe Ciocchetti e Andrea Locatelli, assieme a due dirigenti di Rti, Giorgio Giovetti e Marco Giordani, sono indagati per turbativa d’asta e turbata libertà degli incanti, in relazione all’operazione che si è conclusa tra l’aprile e il maggio scorsi. Un filone, quello sull’affare dei diritti Tv, ancora da approfondire e sviluppare, come viene chiarito in ambiente giudiziari, con indagini su un “network” di soggetti che avrebbero preso accordi e su “incroci” di assetti e partecipazioni societarie.
Si tratta - è bene precisarlo - di un’inchiesta diversa - anche se in qualche modo ‘parallela’ - rispetto a quella condotta dall’Antitrust e iniziata nei mesi scorsi.
Intanto, gli uomini della Guardia di Finanza stanno cominciando ad esaminare le carte sequestrate ed acquisite venerdì scorso, quando i militari si sono presentati con un ordine di esibizione nella sede milanese della Lega Calcio, negli uffici di Rti (gruppo Mediaset), e nelle sedi del Bari e del Genoa, i cui presidenti, Gianluca Paparesta ed Enrico Preziosi, sono indagati, in un secondo filone di indagine, per ostacolo all’attività di vigilanza della Covisoc, la Commissione per la vigilanza e il controllo delle società di calcio.
Le due squadre, una di serie B e l’altra di serie A, tramite operazioni finanziarie anche strutturate all’estero riconducibili a Infront o a Tax and Finance - il cui socio Andrea Baroni è stato arrestato per riciclaggio nelle terza tranche dell’inchiesta - avrebbero ‘rifatto il maquillage’ ai loro bilanci. E ciò, ipotizzano i pm, per far figurare davanti ai controlli della Covisoc un determinato equilibrio finanziario dimostrando in tal modo di rispettare i parametri economici richiesti dalla normativa sulle società calcistiche professionistiche. Il Bari, che era in difficoltà anche per pagare gli stipendi, avrebbe ricevuto da Infront, stando alle indagini, un bonifico di 470mila euro per la sponsorizzazione della sua seconda maglia. Il Genoa, invece, 15 milioni di euro in tre rate. Soldi che sarebbero stati messi a disposizione da Enrico Silva, patron di una società leader della distribuzione a livello mondiale dei diritti Tv (MP & Silva) e sempre da Infront, tramite Tax and Finance.
Comincia intanto qualche presa di distanza da una Infront il cui potere cresce ogni giorno a ogni livello fra calcio e diritti Tv sul calcio (ma anche produzione televisiva in genere, non solo sportiva).
La Serie B sembrerebbe volersi sottrarre a questa situazione, mentre la stessa Infront, intesa come società multinazionale, di recente diventata di proprietà cinese, ha diffuso un comunicato davvero ‘particolare’, spiegando che “la nostra azienda non è ufficialmente sotto inchiesta. La procura di Milano ha aperto (invece; N.d.R.) un’indagine a carico di Marco Bogarelli, Giuseppe Ciocchetti e Andrea Locatelli nostri manager”. Infront rileva poi che “non ha e non ha mai intrattenuto alcun rapporto con la società svizzera di consulenza Tax & Finance e/o con Andrea Baroni”.