Ancora un rinvio per la questione del ‘calendario’ degli switch-off. Se ne riparla fra quindici giorni, ma intanto i problemi restano tutti. Soprattutto non si sa come possano essere previsti spazi per tutte le locali. Intanto il Consiglio di Stato ‘ammette’ Sky al dividendo.
Niente di buono per il Governo con il primo marzo. Si parte dalla definitiva ammissione di Sky alla partecipazione al prossimo beauty contest per l'assegnazione di un multiplexer nazionale (rigorosamente in chiaro, secondo i limiti fissati da Bruxelles), con il Consiglio di Stato che con il richiesto parere per il Ministero ha messo la parola fine ai dubbi che il ministro per lo Sviluppo Economico ha sollevato (secondo le malelingue quasi volutamente). Murdoch ha diritto di partecipare come qualsiasi altro operatore e quasi certamente entrerà nel mondo del digitale terrestre italiano.
Nel corso della mattinata si è svolto anche un incontro del Cnid (il Comitato nazionale Italia digitale), andata avanti a lungo: all'ordine del giorno c'era solo il nuovo calendario della digitalizzazione delle dieci regioni ancora vincolate all'analogico. La prima notizia è che dopo qualche ora di trattazione la riunione è stata aggiornata (pare al 17 marzo, che però è festa nazionale…) senza che si procedesse a un'approvazione dello schema ministeriale già pronto (del Cnid fanno parte i rappresentanti dell'Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, delle Regioni, delle associazioni di Tv locali e delle emittenti nazionali, dei produttori, distributori e consumatori).
Un calendario atteso da tutti, anche da quanti non vorrebbero passare in digitale, e che avrebbe vincolato le decisioni per lo meno sino a fine anno. Sul tavolo ci sono parecchi problemi, a cominciare con quello sollevato dal coordinatore di Aeranti-Corallo Marco Rossignoli sulla scarsità di risorse per l'emittenza locale, resa evidente dall'assegnazione della banda 61-69 alla banda larga. Per il frammentato mondo delle Tv locali resterebbero 18 risorse, clamorosamente insufficienti per le zone a maggiore densità di emittenti (Toscana, Abruzzo, Puglia, Calabria e Sicilia), ma appena sufficienti anche per le altre aree (Liguria, Marche Umbria, Molise e Basilicata).
Tra l'altro la digitalizzazione di quasi tutte queste aree subisce anche pesanti vincoli (tutti o quasi a carico delle piccole emittenti) per i coordinamenti con l'estero.
In serata il ministero dello Sviluppo Economico ha ammesso l'enpasse parlando della necessità di approfondimenti tecnici da svolgersi in breve tempo, ma ha comunicato un calendario di massima (una sorta di proposta) con le sei regioni più settentrionali di quelle ancora in analogico nel secondo semestre del 2011 e a inizio 2012 Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Alle obiezioni sulla scarsità di frequenze pare che la risposta fornita da un funzionario ministeriale vada in direzione del consorzio obbligatorio. L'articolo 2616 del Codice Civile prevede infatti una simile possibilità (con provvedimento dell'autorità governativa (sentite le corporazioni interessate): può essere disposta, anche per zone determinate, la costituzione di consorzi obbligatori fra esercenti lo stesso ramo o rami similari di attività economica, qualora la costituzione stessa risponda alle esigenze dell'organizzazione della produzione), ma non è chiaro con che criterio si possa dire a un concessionario locale di non diventare operatore di rete ma solo membro di un consorzio. Inevitabile anche ragionare sulle sperequazione con le regioni già digitalizzate.
Sembra di poter immaginare, se questa proposta andasse davvero svanti, che fioccheranno durissime proteste.
La strada del consorzio obbligatorio potrebbe essere proposta anche in tutta Italia per risolvere (magari insieme a qualche risorsa pescata qua e là) la questione dei canali 61-69 da passare al comparto telefonico. D'altronde la legge di stabilità prevede in bilancio 2,4 miliardi di euro.
Ma insomma è tutto in salita e le Tv locali non sembrano proprio 'starci'.
Ecco infatti la dichiarazione di Marco Rossignoli di Aeranti-Corallo al termine della riunione del CNID:
«Nel corso della riunione abbiamo evidenziato che la riduzione delle frequenze originariamente previste per le Tv locali dal piano nazionale di assegnazione, da 27 a 18, non permette in alcun modo di procedere agli switch off nelle aree ancora da digitalizzare.
Infatti con tale esiguo numero di frequenze, non è assolutamente possibile che tutte le Tv locali delle aree ancora da digitalizzare ricevano le assegnazioni frequenziali e divengano operatori di rete. In particolare, il numero di 18 frequenze è assolutamente insufficiente nelle regioni Toscana, Puglia, Calabria, Sicilia e Abruzzo e, comunque, sussistono rilevanti difficoltà anche nelle altre regioni in relazione alle esigenze di coordinamento tecnico con le trasmissioni televisive digitali dei Paesi esteri confinanti.
A conferma della delicatezza della problematica i rappresentanti di molte Regioni hanno espresso forte preoccupazione per le problematiche delle Televisioni locali connesse al processo di transizione. Auspichiamo ora che il Ministero dello Sviluppo economico, in vista della prossima riunione del Cnid, individui nuovi percorsi per la transizione nelle Regioni ancora da digitalizzare che non penalizzino il comparto televisivo locale e mantengano inalterato il ruolo dello stesso sul territorio».