“Chiediamo ai musulmani in America e in Gran Bretagna, ai bambini e a tutti coloro che si oppongono alla politica americana, di non utilizzare gli aerei e di non vivere nei grattacieli”.
L'ultima videocassetta del gruppo terroristico di Osama Bin Laden con una nuova promessa di attacchi è arrivata mentre l'emittente del Qatar Al Jazeera, che ancora una volta l'ha ricevuta da Kabul (dove, unica fra le Tv del mondo, è presente in questi giorni) e ritrasmessa quasi senza alcuna "mediazione" giornalistica, non naviga in acque chete: le voci di un cambio di rotta nella politica informativa che sarebbe stato deciso dalla proprietà, sotto le forti pressioni degli Stati Uniti, sembrano essere qualcosa di più di un "gossip".
Al Jazeera ha preannunciato alla stampa la diffusione del video di cui sopra, l'ha trasmesso una sola volta nella sua versione integrale e l'ha fatto seguire da un commento di un ex sottosegretario al Dipartimento di Stato americano.
Un atteggiamento che è sembrato voler sottolineare il distacco politico dai terroristi, pur salvaguardando l'imperativo giornalistico-commerciale delle trasmissioni.
Il presidente di Al Jazeera, lo sheikh Hamad bin Thamer Al Thani, ha comunque anticipato che verrà eletto un nuovo Consiglio di amministrazione e che verrà rielaborata la strategia informativa.
Nel frattempo è scomparso dalle trasmissioni uno dei personaggi più noti e discussi dell'emittente, Faisar Al Qasem, conduttore del talk-show "Controcorrente".
Le forti pressioni americane sono collegate alla politica informativa troppo "spregiudicata" della stazione del Qatar, legata solo all'imperativo categorico di essere una vera e propria "Cnn araba", anche a costo di diventare talora, di fatto, un megafono a disposizione di un grande gruppo criminale internazionale come quello di Bin Laden.
Una specie di "sogno" quello di Al Jazeera, quello di poter andare avanti come organo d'informazione arabo libero e aperto a tutti, anche ai gruppi più "estremi", considerati più per il loro valore in termini di informazione che non per i contenuti dei messaggi videotrasmessi.
Un sogno che sembra doversi spegnere con l'arrivo dell'alba della guerra, che non consente posizioni "fuori dal coro" e soprattutto pone a qualunque giornalista drammatici problemi di etica professionale, che, di fronte alla realtà del terrore e della morte, non possono più essere risolti chiudendo gli occhi, in nome degli "scoop" più o meno forzati.