Ricostruzione di una gestazione abbastanza… arcana, ma l’etereo testo dovrà subire il pubblico vaglio della Commissione di Vigilanza Rai (presieduta da un grillino?).
Pasqua è alle porte, marzo volge al termine, ma del nuovo “contratto di servizio” Rai neanche l'ombra. Dopo qualche polemica emersa nel corso del mese di febbraio, infatti, la questione sembra esser sparita dall'agenda.
Ricordiamo che il contratto di servizio Rai - stipulato tra la italica tv pubblica ed il Ministero dello Sviluppo Economico - è un accordo, su base triennale, relativo alle attività che l'azienda di servizio pubblico è chiamata a svolgere, per assolvere giustappunto al compito di “servizio pubblico”.
Si ricorda infine che il contratto di servizio relativo al triennio 2010-2012 è scaduto il 31 dicembre 2012.
Il contratto viene preceduto dalle “linee-guida”, documento emanato dall'Agcom, con apposita delibera, d'intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico.
Nel caso in ispecie, tentiamo di ricostruire la cronologia burocratica dell'atto:
- l'11 ottobre 2012, l'Agcom ha approvato uno “schema di linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo per il triennio 2013-2015”: questo documento è stato trasmesso al Ministero dello Sviluppo Economico ai fini della definizione della “intesa” prevista dalla legge;
- il 23 novembre 2012, il Ministero ha formulato “osservazioni” sullo schema;
- il 29 novembre 2012, Agcom ha deliberato l'approvazione delle “linee guida”: Delibera n. 587/12/Cons;
- il 13 dicembre 2012, la delibera Agcom è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
La delibera Agcom è stata affidata alla responsabilità di Francesco Posteraro, Commissario relatore. È un documento senza dubbio interessante, ma - osserviamo ancora una volta - temiamo pecchi di una qual certa... genericità e quindi... evanescenza.
Sul punto “migliorare la qualità”, per esempio, l'Agcom si sofferma per due o tre pagine, ma tutte le indicazioni appaiono labili e sfuggenti: nulla di preciso e cogente. Si legge: “sperimentare nuovi formati e linguaggi; migliorare il livello qualitativo dell'informazione; promuovere le produzioni audiovisive per esportare l'immagine del Paese; superare gli stereotipi culturali; rafforzare l'impegno sociale e culturale; valorizzare i materiali d'archivio per conservare memoria storica del Paese; raggiungere i diversi pubblici attraverso la varietà dei generi e l'approfondimento tematico; diffondere informazioni capillari sull'offerta di servizio pubblico per far comprendere cosa rappresenta e perché si paga il canone; garantire i minori; potenziare la fruizione per gli utenti con disabilità sensoriale”.
Un gran bel zibaldone! Avremmo aggiunto, così come ciliegina sulla torta: “fare servizio pubblico”!!!
D'altronde, uno slogan della Rai è stato: “di tutto, di più”...
L'ultimo articolo del precedente Contratto di servizio (art. 36) prevedeva che entro il 1° luglio 2012 le parti provvedessero ad avviare le trattative per la stipulazione del contratto relativo al triennio 2013-2015. Lo schema di contratto predisposto da Rai e Ministero (con una commissione composta da 8 membri, 4 Rai e 4 Mise) necessita dell'approvazione della Commissione Parlamentare per l'Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi (meglio nota come Commissione di Vigilanza Rai), già presieduta da Sergio Zavoli.
Si ricorda inoltre che, proprio nel luglio 2012, in Rai si è assistito al rinnovo del Consiglio di Amministrazione, vicenda che ha provocato un grande polverone, soprattutto per le richieste di riforma radicale della “governance” avanzate dal movimento MoveOn (“La Rai ai cittadini”) e dal Pd.
Da segnalare, come (unica) piccola punta dell'iceberg emersa pubblicamente, che il 21 gennaio 2013 il Ministro Passera, in un tweet inviato a Roberto Scano (presidente di Iwa Italy) scriveva: “Ruolo Stato in sviluppo cultura digitale è art. 1 legge crescita e sarà ripreso nel contratto Rai”. Il popolo della rete ha molto apprezzato, ma non è ben chiaro cosa intendesse il Ministro.
Qualche giorno più tardi, il 17 febbraio scorso, in un trafiletto di “allarme”, apparso quasi clandestinamente sul sempre stimolante sito di Articolo21, si legge un appello congiunto dell'ex senatore Pd Vincenzo Vita e del portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti, preoccupati che nella riunione del 20 febbraio il cda Rai potesse approvare il testo del contratto di servizio predisposto da una commissione presieduta da Carlo Nardello, Direttore Sviluppo Strategico Rai, e dal Ministro Corrado Passera: “Sarebbe una sfida vera e propria al prossimo governo e all'imminente nuovo parlamento. Tra l'altro, si potrebbe eccepire sulla stessa legittimità, non trattandosi certo di un atto di normale amministrazione. Che non accada”.
Il 19 febbraio, il Segretario Generale dell'Usigrai, Vittorio di Trapani, dichiara: “Domani in Consiglio di Amministrazione della Rai inizia la discussione sul Contratto di Servizio. Stupisce che il ministero dello Sviluppo Economico non abbia aperto il confronto ai contributi e alle proposte di associazioni, movimenti, realtà sociali. Per noi il modello resta quello degli altri Paesi europei dove i compiti e gli obiettivi del Servizio Pubblico sono il frutto di un approfondito dibattito pubblico”.
Ma il temuto “pericolo” è stato scampato: il 20 febbraio 2013, il Consiglio di Amministrazione della Rai ha approvato all'unanimità, su proposta del Direttore Generale Luigi Gubitosi, la nomina dei vicedirettori di Rai1, Rai2 e Rai3, e, nel corso della seduta, sono state inoltre avviate le procedure per l'elaborazione del “Piano industriale 2013-2015”, e - last but not least - è stato effettivamente esaminato lo stato del contratto di servizio, rispetto al quale non è stata però assunta alcuna decisione. Per la precisione, il comunicato stampa ufficiale di viale Mazzini recita, laconicamente e cripticamente: “Il Cda ha inoltre esaminato lo stato del Contratto di Servizio 2013-2015”. Punto.
Peraltro, la voce del ruolo di “capo delegazione Rai” affidato a Nardello sembra essere stata smentita dalla decisione del Dg Gubitosi di avocare a sé la gestione del delicato rapporto con il Ministero.
Non senza una certa sorpresa, si è appreso, proprio su questa testata, in un articolo del 20 febbraio a firma del nostro responsabile Mauro Roffi, di una nota trasmessa dall'Apt, con la quale l'Associazione dei Produttori Televisivi lamentava che, per la prima volta in 20 anni, l'Apt non fosse stata ascoltata nella fase di gestazione contrattuale. L'associazione auspicava pertanto un ripensamento del Governo (del nuovo Esecutivo, si presuppone), affinché tutte le parti coinvolte potessero avere voce all'interno della consultazione. Scriveva Roffi: “A proposito del contratto di servizio e di altri provvedimenti che in questi giorni il Ministero dello Sviluppo Economico voleva inopinatamente (data la vigilia elettorale) varare, segnaliamo questa nota che abbiamo ricevuto dall'Apt: 'Non si dovrebbero varare Leggi di sistema senza prima aver ascoltato l'industria e i lavoratori che rappresentano quel sistema (Fabiani contestava il decreto Passera e Ornaghi che ha rafforzato gli obblighi imposti ai broadcaster a favore della produzione cinematografica). E la medesima considerazione vale per il Contratto di Servizio tra Rai e Ministero dello Sviluppo Economico, sul quale noi non siamo stati ascoltati, ed è la prima volta che accade in venti anni di vita dell'Associazione che rappresenta un'industria la cui promozione dovrebbe essere uno degli elementi che costituiscono la ragion d'essere della concessione'”.
Era il 20 febbraio.
Sempre l'Apt pubblicava a fine febbraio una nota sul proprio sito web, intitolata “Contratto di servizio Rai: a che punto siamo”, in cui veniva ribadito quanto già riportato, e si sottolineava: “Per noi il modello resta quello degli altri Paesi europei, dove i compiti e gli obiettivi del Servizio pubblico sono il frutto di un approfondito dibattito pubblico”.
A distanza di 1 mese 1, nulla più è emerso in argomento, e appare lecito domandarsi che fine abbia fatto questo nuovo contratto di servizio.
Il 15 marzo, l'Apt (vox clamans in deserto: e l'Anica?! ed i 100autori?? e... il Movimento 5 Stelle???) è tornata sulla questione, con un nuovo comunicato: “Contratto di servizio Rai, l'Apt scrive all'Agcom”. Il Presidente Apt, Fabiano Fabiani, in una lettera al Presidente Agcom Angelo Marcello Cardani, ha preso posizione sulle linee-guida per il contratto 2013-2015, in cui si rimarca l'assenza di riferimenti al ruolo dei produttori indipendenti nello sviluppo del servizio pubblico radiotelevisivo, riferimenti altresì presenti nelle linee-guida del triennio precedente. Fabiani infine torna a ribadire che sarebbe stato utile, prima di mettere a punto le linee-guida, ascoltare tutti i soggetti coinvolti, come del resto era sempre avvenuto in precedenza.
Il quesito di fondo è: la gestazione di un documento così importante e strategico come “contratto di servizio” deve avvenire nelle segrete stanze dei piani alti della Rai, dell'Agcom e del Mise, o dovrebbe piuttosto essere oggetto di un ampio confronto, pubblico e trasparente?
Crediamo che la risposta naturale, anche alla luce di quel che richiede la Commissione Europea e dei “benchmark” europei (Bbc e Ard e Zdf in primis), dovrebbe essere netta: confronto, pubblico e trasparente, e coinvolgendo dialetticamente tutti gli “stakeholder”. Tra gli “stakeholder” ci sono anche i cittadini, gli utenti, le associazioni della società civile, le categorie professionali... e finanche gli stessi dipendenti Rai.
Non soltanto non è stata coinvolta (nemmeno “audita”) l'Apt, ma... nessuno! Incredibile, ma vero. Questa è l'Italia.
In ogni caso, il “contratto di servizio” Rai - come abbiamo segnalato - deve passare anche attraverso la Commissione di Vigilanza Rai.
Il 21 marzo, il Movimento 5 Stelle ha chiesto la presidenza di questa Commissione, così come di quella sui servizi segreti (Copasir).
Semmai questa presidenza fosse affidata ad un grillino, ci sarà veramente... da ridere (e non perché il leader del Movimento è un ex comico).
Si resta in fiduciosa attesa di sviluppi: certamente torneremo presto a scriverne su queste colonne.
(*) Responsabile di ricerca IsICult (www.isicult.it)