Cinemaster, per chi ha talento Hollywood non è così lontana

Il talento dietro la macchina da presa viene premiato da quasi due decenni dal progetto Cinemaster del canale Studio Universal. Ce lo raccontano Peter Cramer, il presidente delle produzioni Universal Pictures, e il regista  Matteo Gentiloni, che ha vinto l'edizione 2016 di Cinemaster con il cortometraggio "La banda del catering", andato in onda il 19 dicembre su Studio Universal nel corso del programma "A noi piace corto"

«Impara dai migliori». Le giovani leve se lo sentono ripetere spesso, a scuola, durante la gavetta e ai primi ciak, nel caso dei registi emergenti come Matteo Gentiloni, 24enne italiano vincitore di Cinemaster 2016. Il progetto, lanciato da quasi due decenni dal canale Studio Universal (Mediaset Premium sul Dtt) in collaborazione con i Corti d’Argento, premia ogni anno un talento in erba con un master di due settimane a Hollywood per implementare con lezioni teoriche, meeting e workshop sul campo (anzi sul set) le proprie capacità attraverso il confronto con produttori, sceneggiatori, esperti di effetti speciali e di altri campi nel settore audiovisivo cinematografico e televisivo. L’incontro più atteso? Quello con Peter Cramer, il presidente delle produzioni Universal Pictures dal 2015, l’annata che ha segnato per la major cinematografica il record assoluto per maggior incasso al box office negli Stati Uniti, a livello internazionale e mondiale. Il 2014, invece, è stato il periodo con profitti più alti nella storia della casa di produzione. Il merito, in parte, è proprio di Cramer, che ha perorato la realizzazione di film come "Pitch Perfect", "Ted" e "Jurassic World". Ecco come ha sintetizzato questi successi e come si prepara ad un futuro ancora più roseo.

Peter Cramer

Peter Cramer

Quanto è importante per lo showbusiness un progetto come Cinemaster?
Il programma forma i registi di domani. Attraverso un’incursione nei vari dipartimenti cinematografici e televisivi, apprendono strumenti utilissimi per destreggiarsi nel mondo dello spettacolo con nozioni di vario genere, dal marketing alla produzione. È come un centro di addestramento reclute per giovani di talento che apre le porte di Hollywood. Imparano cosa si produce negli Stati Uniti, ma anche come e perché, partendo dal processo stesso di creazione di un prodotto audiovisivo e delle varie personalità coinvolte, come gli agenti. La parte più interesante? Vedere come l’industria abbia sempre spazio per voci e prospettive diverse.

Cosa deve ricordare un giovane film maker?
Che è innanzitutto un buon narratore, a prescindere dal budget della produzione, perché non è indispensabile arrivare a tutti, basta anche intrigare una nicchia di mercato.

Qual è il marchio di fabbrica di Universal?
L’eclettismo: crediamo che al di là delle mode del momento ci sia sempre modo di assecondare anche i progetti più piccoli e indipendenti.

Dica la verità: quale franchise rimpiange di non aver lanciato?
Star Wars ma soprattutto Harry Potter, un mondo meravigliosamente creativo, di cui per fortuna abbiamo un settore ad hoc nei nostri parchi, gli Universal Studios.

Riesce a predire il nuovo filone d’oro hollywoodiano?
Non deve essere per forza esserci un genere nuovo. La sfida maggiore è innovare all’interno di una tendenza. Ad esempio Deadpool cavalca l’onda del successo dei supereroi ma è riuscito a fare la differenza. In quest’ottica noi riproponiamo nel 2017 il reboot della Mummia, con creatività e umorismo, ma soprattutto tenendo conto che il cambiamento era necessario per renderlo accessibile, così l’abbiamo ambientato ai giorni nostri. Ci siamo chiesti: come sarebbe oggi quella storia con cellulari e tecnologia?

L’esistenza di diverse piattaforme è un pro o un contro per il mercato?
Il cinema continuerà ad esistere sempre perché la gente ama andare in sala, ma dipende dal tipo di prodotto offerto. Pensa a Star Wars, Harry Potter, X-Men e i Minion: ognuno di loro ha incassato miliardi. Alcuni non rientrano minimamente nei criteri standard e sono persino a low budget, ecco: noi vogliamo riempire questi vuoti e differenziare il mercato. Il pubblico può vedere una commedia su Netflix ma se vuole vedere i dinosauri di Jurassic World serve la gloria del grande schermo, o se vuoi saltare sulla poltrona per un horror vuoi davvero metterti le cuffiette nelle orecchie per farlo? La sala resta ancora un luogo d’aggregazione, per i genitori che vogliono portare i figli fuori casa o l’adolescente che vuole incontrare il fidanzatino. Vale lo stesso per la musica: il mercato digitale ha ucciso i supporti fisici ma continua a vivere e, per quanto riguarda l’home video, non è mai stato tanto in salute.

Matteo Gentiloni

Matteo Gentiloni, invece, a proposito della sua esperienza holliwoodiana dice: «Il "sogno americano" non è solo un’utopia ma un percorso reale che richiede metodo e studio. Cinemaster è un’opportunità straordinaria per mettere piede in questo mondo con gli strumenti giusti e per sfatare al tempo stesso il mito sulla chiusura dello showbusiness nei confronti degli emergenti. A Hollywood esiste un coraggio immenso che fa prendere rischi».

Come riassumerebbe "La banda del catering"?
Lo spunto è il buonismo attorno all’immigrazione, attorno al quale ho creato una commedia degli equivoci con attori non professionisti, frutto dello street casting. Quanta ipocrisia si vede in giro: va di moda sembrare di larghe vedute mentali ma in fondo il pregiudizio resta latente. E io l’ho usato per sovvertire le regole e giocare con le classi sociali.

Qual è il segreto di un prodotto di successo?
La qualità: sono stato sul set della serie tv Superstore e mi sono accorto che già dalla lettura del copione si sarebbe potuto procedere direttamente a girare, tanto era alto il livello della bozza.

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