Sorte incerta in Parlamento per il decreto legge denominato ‘Valore Cultura’, riguardante disposizioni urgenti “per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo”.
Dopo le belle dichiarazioni a 'Che tempo che fa', ospite di Fabio Fazio, a pochi giorni dall¹insediamento (“Se ci saranno ulteriori tagli alla cultura, mi dimetterò”), il premier Enrico Letta le ha puntualmente disattese a luglio, a distanza di soli pochi mesi, con l¹annunciato taglio del tax credit, così provocando l'ira funesta di autori, produttori e, più in generale di tutto il comparto cinematografico, che aveva minacciato di disertare ogni iniziativa al Festival di Venezia che prevedesse la partecipazione di un rappresentante dell¹esecutivo. È stato così che, ad inizio agosto, Letta ha cercato di... salvare il salvabile (ma principalmente la faccia) attraverso una misura urgente, ovvero un decreto legge appunto, pomposamente denominato 'Valore Cultura', riguardante disposizioni (urgenti, appunto) “per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo” (da segnalare en passant che, nel testo, non c'è una sola parola sul turismo!).
Approvato nella prima riunione agostana (2 agosto) del Consiglio dei Ministri, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9, il Decreto sembra attribuire almeno nelle intenzioni una centralità alla cultura, troppo a lungo dimenticata dagli italici governi, per quanto ancora una volta si tratti di un intervento emergenziale e tampone.
Il dl si occupa di tanti e diversi aspetti: da Pompei agli Uffizi, dal cinema alle fondazioni liriche, ma ancora una volta manca di un progetto strategico unitario. L'incipit del Decreto recita “Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni urgenti”: complimenti al raffinato estensore (ma, di grazia, capiamo l'urgente... urgenza, ma un minimo di cura della lingua italiana!).
Si compone di 16 articoli, suddivisi in 3 macro-aree: Grandi Progetti, Cinema e Spettacolo dal Vivo, Risorse.
Queste le principali novità introdotte. Sono previsti interventi come l¹istituzione di un direttore generale del 'Progetto Pompei', (iniziativa finanziata con 105 milioni di euro di fondi europei); la riassegnazione totale degli introiti della vendita dei biglietti dei siti culturali al Mibac (che finora andavano ad alimentare indistintamente le entrate dello Stato); lo stanziamento di 8 milioni di euro per il completamento dei Nuovi Uffizi (un omaggio a Renzi?!); uno stanziamento di 4 milioni per la realizzazione del museo della Shoah a Ferrara (si ricordi nel 2006 c¹era una 'trattativa' per allocarlo a Roma piuttosto che a Ferrara); 90 milioni per il tax credit per il cinema (ed era ora); 5 milioni per un tax credit sulla musica (norma innovativa, per quanto con dotazione modestissima); un fondo di 75 milioni per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche (ma a fronte di tagli radicali alla forza-lavoro).
Per quanto riguarda la musica e l'occupazione giovanile, verranno introdotti bandi pubblici per l'assegnazione di spazi statali e demaniali ad artisti 'under 35'. Il Mibac, al fine di favorire una più agevole fruizione del patrimonio, imposterà un programma straordinario di “inventariazione e digitalizzazione” che vedrà coinvolti 500 giovani laureati under 35.
Tra i punti cardine del decreto figura, ovviamente, la norma sul tax credit.
Per quanto riguarda il settore cinematografico, si è assistito al ripristino dell'originario budget di 90 milioni di euro l'anno. Prevista poi l'introduzione di un tax credit di 5 milioni di euro per la musica: le ragioni della scelta, pur innovativa, del settore musicale piuttosto che di quello teatrale o audiovisivo non sono chiare, né lo è la quantificazione dell'importo.
Il decreto introduce inoltre una radicale riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche, in base alla quale le stesse potranno accedere ad un fondo di 75 milioni di euro gestito da un commissario straordinario presentando un 'piano industriale di risanamento', impegnandosi ad una riduzione del personale tecnico-amministrativo del 50% (!), con l'interruzione dei contratti integrativi. Per la salvaguardia (...) dei lavoratori, il Mibac ha previsto che il personale tecnico-amministrativo in esubero venga trasferito nelle sedi territoriali di Ales spa (società 'in house' del Ministero per l'Economia).
Viene stabilito l'obbligo del pareggio di bilancio e l'applicazione delle norme del testo unico dei contratti pubblici. Sarà inoltre introdotto l'obbligo di cooperazione a livello nazionale tra le fondazioni, con condivisione di programmi e spettacoli. Più in generale, per un “efficientamento” (sic) nella gestione delle risorse pubbliche, si prevede l'eliminazione di 'fondi a pioggia', che verrebbero sostituiti da fondi assegnati incredibilis! in relazione ad attività svolte e rendicontate. A fini di trasparenza, verrà istituita anche un'anagrafe degli incarichi amministrativi ed artistici degli enti di spettacolo sovvenzionati dallo Stato.
Infine, i privati che decideranno di devolvere fondi alla cultura beneficeranno della semplificazione nelle procedure di agevolazione fiscale, per importi non superiori a 10mila euro.
Il decreto, che ha ricevuto il 25 settembre il placet del Senato (175 sì, 18 no e 54 astenuti; ha votato 'no' la Lega ed i grillini si sono astenuti), e il 30 settembre quello della Camera (la Commissione Cultura ha dato il via libera alla conversione in legge, senza modifiche di sorta, per accelerare l'iter), è iscritto all'ordine del giorno per la votazione in aula a Montecitorio per martedì 2 ottobre. Il Responsabile Cultura del Pd (segreteria Epifani), Antonio Funiciello (che ha preso il posto di Orfini, che aveva questo ruolo durante la segreteria Bersani) ha così commentato, subito dopo l'approvazione in Senato: «L'estensione del tax credit alla produzione audiovisiva ed al sostegno dei giovani musicisti possono costituire l'inizio di una politica industriale che guardi in maniera sistemica allo sviluppo della produzione culturale e delle filiere industriali della creatività».
Il decreto dovrà essere convertito in legge entro l'8 ottobre, pena la decadenza. Le chance sono modeste, dato l'aggravato scenario politico, e l'iter dovrebbe prevedere una vera corsa: però, volendo, ce la si potrebbe anche fare, dato che la crisi di governo non è ancora formalmente aperta, e quindi i lavori parlamentari continuano almeno sulla carta 'normalmente'.
Il provvedimento non ha goduto di una buona ricaduta stampa, ma questo è probabilmente riconducibile al torrido agosto. Non ha provocato particolari entusiasmi, ma complessivamente le reazioni sono state positive.
Molto più critici però i 'teatranti', ovvero i lavoratori dei teatri d'opera, la famosa 'casta' dei sindacalizzati della lirica italiani, per i quali il Decreto rappresenta un 'disastro' ovvero una 'sciagura'. Non sono infatti mancate le proteste, di cui forse la più efficace è stata quella lanciata dal San Carlo di Napoli, i cui lavoratori hanno indetto lo stato di agitazione ritenendo che il decreto non abbia minimamente preso in considerazione i loro problemi economici. È stata quindi cancellata l'apertura della stagione sinfonica, alla quale avrebbe preso parte anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Grande preoccupazione però anche da altre strutture, in primis La Scala di Milano.
Da segnalare infine una lieta novella per il settore audiovisivo (non cinematografico): il Senato ha accolto un emendamento che estende anche alla fiction il 'tax credit', il cui ammontare complessivo sale quindi da 90 a 110 milioni di euro, accogliendo le storiche istanze tra gli altri dell'Associazione dei Produttori Televisivi (Apt). Questa modifica è stata accolta anche grazie al sostegno del Presidente della Commissione Cultura di Palazzo Madama, Andrea Marcucci (Pd).
Se la votazione sul decreto legge 'Valore Cultura' non dovesse concretizzarsi positivamente entro martedì 8 ottobre, il dl decadrebbe, ma, se il Governo Letta restasse in carica pur solo per l'ordinaria amministrazione, potrebbe reiterare il decreto, che inizierebbe un nuovo iter parlamentare di 60 giorni.
Insomma, per la cultura, ancora una volta, un percorso in salita ed una corsa ad ostacoli: le priorità, si sa, sono sempre altre, ed altrove.