Dossier – Osservatorio IsICult Millecanali

Effervescenza di ‘appelli’ dell’industria audiovisiva e del sistema culturale italiano… alla mercé di Letta, Bray, Borletti Buitoni e Giordani, con un governo che sarà costretto a navigare a vista. Le infinite aspettative maturate in tempi di crisi nera.

La crisi morde tutta l'economia e la società italiana, ma affama in particolare il sistema culturale, che, a differenza dei migliori modelli europei (Francia, Regno Unito, Germania…), non ha mai beneficiato del sostegno di una mano pubblica robusta, sensibile, lungimirante. Come abbiamo avuto modo di scrivere in tante occasioni (anche sulle colonne di 'Millecanali'), dopo la controversa esperienza del Ministero della Cultura Popolare durante il regime fascista, l'Italia non ha mai ­ in verità ­ avuto una vera e propria 'politica culturale', così intendendo un mix di strategia industriale e di lungimiranza progettuale intellettuale ed artistica. Si è intervenuti, nel Dopoguerra, per decenni e decenni, con leggi e leggine, leggi-ponte e leggi-tampone, che si sono andate sedimentando, in una totale assenza di organicità e strategicità.

Basti ricordare che, ancora oggi, alcune delle maggiori e comunque più famose istituzioni culturali italiane (Rai, Cinecittà, Enciclopedia Treccani, la Biennale di Venezia…) sono eredità di un passato lontano: un passato suscettibile di critiche in quanto regime autoritario, ma ancora modello (positivo/negativo) di come uno Stato può intervenire per sostenere il proprio sistema culturale.

A differenza dei Paesi evoluti come il Regno Unito, in Italia non è stata mai compresa nemmeno la funzione specificamente anticiclica che l'industria culturale può svolgere, per sostenere l'intero sistema produttivo e dei consumi nelle fasi di crisi economica generale. Da alcuni anni, tutti i segmenti dell'industria culturale italiana registrano ­ parafrasando Moretti ­ trend negativi. Dopo la lunga stagione di governi democristiani (con Andreotti grande regista di dinamiche che cercavano di 'modernizzare' l'eredità della politica culturale fascista, censura inclusa), il tentativo promosso da un gruppo di esponenti del partito socialista a cavallo tra gli anni '80 e '90 del secolo scorso (una delle migliori elaborazioni di Claudio Martelli) di disegnare una politica industriale per lo sviluppo del sistema culturale italiano, si è scontrata dapprima con la resistenza ideologica di quella parte politica che allora ancora si autodefiniva comunista e successivamente con la tempesta di Tangentopoli, che ha spesso buttato il bambino, insieme all'acqua sporca.

Come riconoscono forse ormai anche alcuni dei protagonisti degli anni più recenti di governi di centro-sinistra (Veltroni e Melandri ministri), i tentativi di riforma e modernizzazione del sistema culturale italiano sono stati blandi e pavidi. I meccanismi di sovvenzionamento sono rimasti ancorati a regole vetuste, che ancora oggi non si caratterizzano per tecnocrazia e trasparenza. I finanziamenti pubblici alla cultura in Italia sono frammentari, disorganici, illogici. Sono a macchie di leopardo, determinando anche incomprensibili asimmetrie e sperequazioni tra un settore e l'altro: ci limitiamo a citare i casi sintomatici della musica pop-rock o dei videogames, giustamente sostenuti in Paesi come la Francia e completamente ignorati in Italia, a fronte invece del perdurante generoso sovvenzionamento degli enti lirici.

Inoltre, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali è sempre stato considerato ­ fatte salve rare eccezioni ­ un dicastero di 'serie B', da affidare a esponenti minori della partitocrazia.

Gli effetti della 'crisi globale' hanno quindi determinato nell'ultimo decennio, soprattutto ad opera di governi di centro-destra, una continua riduzione della spesa pubblica a favore della cultura, in nome di tagli lineari che hanno prodotto conseguenze devastanti. L'assenza di politiche di sostegno indiretto (il tax shelter e il tax credit applicati al cinema sembrano essere stati in Italia una conquista rivoluzionaria, allorquando altrove sono da lungo tempo strumenti di ordinaria politica pubblica), così come l'assenza di programmazione in materia di formazione (professionale e tecnica, artistica ed accademica), hanno determinato un tessuto industriale debolissimo (imprese pulviscolari, sotto-capitalizzate, spesso a gestione familiare...), ed hanno 'immesso' sul mercato del lavoro centinaia di migliaia di aspiranti artisti e creativi.

Un contributo particolare alla costruzione di un 'immaginario' di fantastica possibilità nel mondo dello spettacolo (il... rutilante mondo dello spettacolo) e dell'arte è stato determinato dalle emittenti televisive (maggiore è la responsabilità dei broadcaster nazionali, ché le Tv locali sono spesso state preziosi laboratori professionali), prevalentemente commerciali (ma la Rai ha le sue belle responsabilità), con risultati ai limiti dell'incredibile: qualche tempo fa, abbiamo evidenziato come in Italia ci siano paradossalmente oltre 80mila studenti in conservatori d'arte musicale (e meno dell'1 % riesce poi a vivere poi di lavori connessi a questa formazione) ed altri 80mila italiani che ogni anno cercano invece la fortuna partecipando alle selezioni di più o meno improbabili reality e talent show (e stendiamo un velo pietoso su quanti di costoro trovino, dopo il quarto d'ora di warholiana celebrità, un 'lavoro' vero: la questione è stata oggetto anche di una recente campagna di sensibilizzazione de 'Le Iene').

Questi 160mila italiani sono le due facce della stessa medaglia: la brutta medaglia di una politica culturale profondamente malata, totalmente carente di strategia, pianificazione, programmazione.
Con il cappello in mano, e piangendo miseria (la miseria reale, non rituale), molte delle associazioni del sistema culturale hanno ritenuto di rivolgere in questi giorni accorati appelli al Governo Letta e quindi al Ministro Bray e ai Sottosegretari Borletti Buitoni e Giordani.

È apprezzabile lo sforzo propositivo che gli appelli elaborati negli ultimi giorni evidenziano, e meritano di essere ben analizzati.
In verità, mai si era assistito ad una così intensa concentrazione di 'appelli', nell'arco di pochi giorni, in Italia, a favore di un rinnovato intervento nel settore culturale: petizioni, postulazioni, lamentazioni, auspici ed auguri...

Alcune petizioni sono firmate sia dalla componente economica (imprenditoriale, commerciale) del sistema culturale sia dalla componente artistica (creativo, professionale). Piuttosto curioso ed innovativo l'appello promosso da associazioni minori e meno note (come quella degli archeologi o degli scenografi), relativamente prevedibili quelli delle associazioni industriali più consolidate (Anica ed Agis in primis).

Stupisce la totale assenza di Confindustria Cultura (sul sito della associazione l'ultimo comunicato stampa risale al 19 novembre 2012!) e delle associazioni di settore dell'editoria e della musica (Aie, Fimi, Afi, eccetera): questi settori sono così sfiduciati e scoraggiati da aver gettato la spugna, e da non credere nemmeno più a concrete chance di un appello al Ministro?!?

Riteniamo che questa 'non unità di intenti' dell'intero sistema culturale italiano rispecchi la incapacità della 'mano pubblica' ad intervenire in modo organico: in verità, manca, anche nel sistema della rappresentatività dell'imprenditoria e di quella che potremmo definire la 'società civile' del sistema culturale italiano, un luogo, uno strumento, un modo di rappresentare le proprie istanze allo Stato. Non sono mai stati organizzati in Italia dei veri e propri 'Stati Generali della Cultura', né esistono consulte o consessi dove le voci plurali di un sistema estremamente policentrico possano essere ragionevolmente ricondotte ad una unità di indirizzo e di governo.

Non crediamo che questo Governo abbia vita lunga, e comunque non l'avrà facile, perché le contraddizioni interne che lo caratterizzano geneticamente esploderanno giorno dopo giorno. Il disinteresse del centro-destra nei confronti della cultura è confermato anche dalla totale assenza di... 'poltrone' in quota Pdl al Collegio Romano (ne ha scritto giustamente Alessandro Gnocchi il 7 maggio su 'il Giornale', con efficace titolazione: “l Pdl di governo che regala la cultura alla sinistra. Prima se ne infischia e poi piange”): il Ministro è dalemiano, una Sottosegretaria è renziana, l'altra montiana (sappiamo che attribuire Scelta Civica alla 'sinistra' è ardita tesi, ma abbiamo voluto semplificare). Sulla carta, ciò lascia sperare che non prevalgano politiche di ulteriore riduzione della spesa (almeno questo!), ma già immaginiamo quello che succederà nelle Commissioni e nelle aule parlamentari: è facile prevedere le urla di Brunetta, che continua a teorizzare il più assoluto disimpegno dello Stato nel settore culturale. Crediamo che questo governo, al di là delle migliori intenzioni, sarà costretto a navigare a vista, ed a lottare, giorno dopo giorno, per la propria sopravvivenza. Temiamo che le 'strategie' di politiche culturali rappresentino un bell'auspicio, ma si risolveranno in una pia illusione.

È importante rimarcare ­ comunque ­ che il Presidente del Consiglio, in una sortita televisiva da Fazio, il 5 maggio, a conclusione della trasmissione 'Che tempo fa', ad una precisa domanda di Fabio Fazio, ha sostenuto che non ci saranno tagli alla cultura, alla ricerca, all'istruzione. Enrico Letta ha sostenuto, testualmente: “Io mi dimetterò se dovrò fare tagli alla cultura, alla ricerca e all'università”.

Ci permettiamo di manifestare al Ministro Bray (ed ai suoi Sottosegretari Borletti Buitoni e Giordani) un modesto e semplice suggerimento: approfitti di questa esperienza per promuovere un¹iniziativa di ampia e profonda riflessione sulle esigenze delle infinite anime del sistema culturale italiano, anche alla luce dei radicali sconvolgimenti che la digitalizzazione della rete sta determinando. L'idea di 'Stati Generali della Cultura' è semplice ma ­ appunto ­ realizzabile nell'arco di pochi mesi, e peraltro non particolarmente onerosa: immaginiamo una grande kermesse di respiro nazionale, che, per una settimana intera, consenta l'incontro di culture ed esperienze, dai musei al design, dalla lirica alla moda. Fornendo stimoli all'Esecutivo, per tentare la definizione di una inedita “politica culturale” all'altezza delle migliori esperienze europee.

Che vi sia grande necessità di ascoltare tutte le voci emerge dall'effervescenza degli appelli manifestati in queste settimane, da più voci, in un coro che appare tutt'altro che armonioso.
Crediamo che una lettura critica, e finanche comparata, di questi appelli, sia importante ed utile: in tal senso, rimandiamo al file (qui consultabile) che propone un florilegio di questi documenti.

Rimandando a questo 'digesto', ci limitiamo a qui segnalare che gli appelli sono integrati da una 'precisazione' diramata il 6 maggio 2013 da Anica ed Apt, che, pur non facendo riferimento esplicito al punto 3 dell'appello del 3 maggio 2013 (vedi documento), si riferiscono alla prospettata proposta di “introdurre un prelievo di scopo integrale sulla filiera degli utilizzatori successivi alla sala che coinvolga anche gli operatori della rete (Siti e Provider, Over-The-Top e Telecom), favorendo la creazione di piattaforme di commercializzazione e fruizione legali, per ristabilire il corretto rapporto economico tra le opere e il pubblico che le sceglie, su qualsiasi mezzo…”.

In effetti, nell'appello del 3 maggio, si produceva una qual certa confusione tra 'operatori di rete' ed 'over the top': questa precisazione la dice lunga su quanto sia arretrato, impreciso, approssimativo, il dibattito su queste tematiche...

Buona lettura a tutti... ed auguri al Ministro Bray per la ardua intrapresa di ricondurre ad unità (ben temperata?) questa pluralità di voci (alcune fuori dal coro: si veda quel che scrive Stefano Pierpaoli per Consequenze Network), a cercare novelle armonie nell'attuale... dodecafonia.

TUTTI GLI 'APPELLI' DELLE ULTIME SETTIMANE

Periodo di riferimento: 23 aprile 2013 ­ 6 maggio 2013 (indice, in ordine temporale discendente; si rimanda al file in pdf per i testi integrali)

6 maggio 2013 - L'auspicio FRT: «Rebecchini: dopo la nomina del Governo e dei sottosegretari adesso è necessario agire in fretta per la ripresa del settore e la salvaguardia di quel pluralismo informativo che le emittenti locali hanno, nel bene e nel male, garantito nel corso degli ultimi trent'anni».

6 maggio 2013 - La precisazione congiunta Anica Apt in relazione all'appello del 3 maggio 2013

3 maggio 2013 - L'appello: 'Lettera aperta' ai ministri Bray (Mibac) e Zanonato (Mise) e a tutte le istituzioni da parte delle associazioni dell'audiovisivo: Anica, Apt, Anec, 100Autori, Ifc, Afic, Agpci, Ape, FICE, Acec, Doc.it, Sncci, Sngci, Apil, Anac, Art, Asifa - “Più audiovisivo, più innovazione, più cultura: noi faremo la nostra parte”

3 maggio 2013 - Il commento critico di Consequenze Network all'appello “Più audiovisivo, più innovazione, più cultura: noi faremo la nostra parte”: 'Il governissimo del cinema'.

29 aprile 2013
Gli auguri al neo Ministro - Agis: “Agis: buon lavoro al Ministro Bray. Cultura torni ad essere strategica”.

29 aprile 2013 - La petizione online rivolta al Ministro dei Beni e Attività Culturali Massimo Bray - Indicinema

24 aprile 2013 - L'appello urgente Afic, Anac, 100Autori, Anec, Anica, Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil; Sncci, Sngci: 'Cinema: appello urgente al nuovo Ministro'

23 aprile 2013 - L'appello per il patrimonio culturale rivolto alle Istituzioni e in particolare al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio e al Ministro dei Beni Culturali di prossima nomina - Ana, Anac, Anart, Apti, Arci, Art.. 9, Articolo 21, Asc, AssTeatro, Assotecnici, Rete Cinema & Territorio, Cia, Consequenze Network, Federazione Cemat, Fed.It.Arts, Fidac, Iacs, Indicinema, La ragione del restauro, MoveM09, Nuova Consonanza, Pmi, Ritmo, Sai, Sncci, Tam Tam, Ufficio Sindacale Troupes Slc-Cgil.

Tutti gli appelli del sistema culturale

(*) rispettivamente Presidente e Responsabile di ricerca dell'Istituto italiano per l'Industria Culturale - IsICult (www.isicult.it)

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