Pesanti condanne in Egitto ai giornalisti che in qualche modo non riportino le ‘versioni ufficiali’ dei fatti e siano sospettati di legami con i Fratelli Musulmani. Nel mirino è soprattutto Al Jazeera.
Le condanne da sette a dieci anni di carcere inflite a tre giornalisti di Al Jazeera evidenziano la natura sempre più totalitaria del regime egiziano, in un Paese che è già agli ultimi posti per la libertà di stampa.
A Mohamed Adel Fahmy, capo dell'ufficio di Al Jazeera al Cairo con doppia nazionalità (canadese e egiziana), e Peter Greste, australiano, sono stati inflitti sette anni di carcere con l'accusa di aver diffuso notizie false a favore del movimento fuorilegge della Fratellanza Musulmana. La notizia ha fatto il giro del mondo ma rischia di tornare indietro come un boomerang sul Paese, alle prese con una transizione sostenuta in questo momento a spada tratta solamente dall'Arabia Saudita.
Baher Mohamed, egiziano, ha ricevuto la stessa condanna più una pena e spese aggiuntive, quindi una condanna combinata di dieci anni di carcere (a Mohamed sono stati inflitti tre anni extra perché sarebbe stato trovato in possesso di un bossolo raccolto in terra dopo azioni di guerriglia).
Peter Greste, Mohamed Fahmy e Baher Mohamed hanno già scontato 160 giorni di carcere e sono stati prelevati a casa e in ufficio il 29 dicembre scorso insieme ad altri 16 reporter locali, tutti colpevoli di aver riportato notizie dall'Egitto in modo non gradito al regime, ovvero per la loro copertura degli eventi successivi al colpo di stato del luglio del 2013, quando le forze armate egiziane avevano destituito il presidente Mohamed Morsi.
Secondo la Corte che li ha condannati, raccontando la violenta repressione operata dall'esercito contro le proteste dei Fratelli Musulmani (l'organizzazione islamista a cui appartiene Morsi) i tre giornalisti avrebbero “cercato di dare all'estero l'impressione che nel Paese fosse in corso una guerra civile”. Per questo l'imputazione è stata quella di aver “trasmesso in diretta informazioni dannose per la sicurezza nazionale”, di aver collaborato con un'organizzazione terroristica e di aver messo in pericolo la sicurezza dello Stato.
I 16 imputati egiziani sono stati accusati a loro volta di appartenere ad una organizzazione terroristica (sempre i Fratelli Musulmani) e di cercare di danneggiare l'immagine dell'Egitto. I giornalisti stranieri sono stati accusati di cercare di sostenere la Fratellanza Musulmana per mezzo di false notizie.
I giornalisti sono da tempo oggetto di arresti arbitrari in Egitto, anche se la nuova Costituzione in teoria garantisce la libertà di espressione e di opinione (articolo 65), la libertà di stampa (articolo 70) e l'indipendenza dei media (articolo 72).
La condanna dei giornalisti di Al Jazeera si inserisce in una forte polarizzazione dei media egiziani (tra quelli che supportano e quelli che si oppongono a Morsi) e della società egiziana nel suo complesso. Al Jazeera è stato uno degli obiettivi principali di questa caccia alle streghe anti-Fratellanza, con le autorità impegnate a chiuderne gli uffici e l'arresto arbitrario dei suoi giornalisti. La campagna è stata intensificata dopo la decisione del governo il 25 dicembre di aggiungere i Fratelli Musulmani alla lista delle organizzazioni terroristiche. Ora è vietato ai giornalisti di possedere o diffondere dichiarazioni dei Fratelli Musulmani.