Le Regioni azioniste a tutti gli effetti della RaiO Il dibattito è aperto. Dimenticata la realtà delle Tv locali.
Il presidente della Regione Lombardia - anzi, ormai il Governatore, secondo l'appellativo usato, sia pure impropriamente, a livello giornalistico in questa materia - ha lanciato la proposta domenica scorsa in un'intervista a "Repubblica": "La Lombardia per prima e, subito dopo, altre regioni, non soltanto del Nord, sono disposte a entrare nella Rai con propri capitali. Diventeremmo azionisti dell'azienda a tutti gli effetti".
Le reazioni a questa idea, "indubbiamente "forte" e in grado di cambiare la natura stessa del servizio pubblico, al di là e ben oltre persino il dibattito sulla Rai federale, su "Celtica" e simili amenità, non poteva non provocare tutta una serie di commenti.
Cauto il ministro delle Comunicazioni Gasparri, che tuttavia (a differenza di altre esponenti del suo partito, AN) non sembra pregiudizialmente contrario alla proposta, sia pure accolta da tutta una serie di "distinguo" (tipo "non potremo certo permettere che la Rai perda la sfida degli ascolti con Mediaset per trasmettere su RaiUno, in prima serata, un documentario sulle lontre della Valtellina..."). Ancor più disponibile il presidente della Rai Baldassarre, che ha prospettato la necessità che la Rai rispecchi le realtà locali, per cui "sarebbe necessario trasformare le redazioni regionali dell'azienda in spa".
Un gran lavorio, in vista soprattutto del futuro contratto di servizio Rai, e un progressivo lavoro ai fianchi dell'azienda pubblica, il cui avvenire si fa sempre più nebuloso. I presidenti delle altre Regioni per adesso non appoggiano in pieno Formigoni, anche se magari potrebbero farlo in futuro, se l'iniziativa trovasse una seria base per partire davvero.
In tutto ciò tuttavia si nota anche molta improvvisazione: per decidere che cosa debba essere la Rai, se e come cambiarla, sarebbe molto più opportuno andare in Parlamento con proposte vere e complete, meglio ancora con una nuova legge di sistema o, almeno, con una legge specifica sul ruolo, le funzioni, la natura, l'azionariato della Tv pubblica.
E soprattutto non si dovrebbe dimenticare che la realtà italiana è fatta - da qualcosa come 28 anni circa - di tante, tantissime Tv locali, piccole e grandi, belle o brutte, "interregionali", regionali, provinciali o anche solo cittadine.
"Sono tante, sono troppe, fanno tante televendite" - dicono alcuni facili "critici". Può darsi, ma danno occupazione a tante persone e hanno assoluto diritto di vivere. Qualsiasi riforma del sistema televisivo dovrà tenere conto della poderosa e pluralistica realtà costituita da queste emittenti, vera "spina dorsale" dell'Italia e spesso autentica "espressione mediatica" del territorio in cui operano (M. R.)