Mentre scriviamo queste righe sono ancora confuse le informazioni sull’assalto a ‘Charlie Hebdo’, il settimanale satirico francese preso d’assalto da tre fondamentalisti islamici che hanno fatto irruzione in redazione a colpi di kalashnikov. Le vittime sarebbero 12, in gran parte della redazione, più i feriti.
L’attentato terroristico alla sede del giornale satirico francese ‘Charlie Hebdo’ è senza precedenti in Europa per ferocia e vittime ma non per le motivazioni che lo hanno generato: il fanatismo religioso, che questa volta, come altre, proviene dal mondo islamico. Il settimanale satirico fu già vittima, il 2 novembre 2011, di un attentato incendiario, che non fece vittime né provocò feriti ma distrusse la redazione.
L’attentato avvenne il giorno dopo che il giornale fece dell’ironia sul profeta Maometto (raffigurato anche in copertina, mentre diceva: «Cento scudisciate se non morirete dal ridere»). «Questa - aveva detto il direttore del settimanale, e vignettista, Stephane Charbonnier - è la prima volta in cui veniamo attaccati fisicamente, ma non lasceremo che questo ci intimidisca».
Proprio Charbonnier è morto nell’attentato di oggi, un tristissimo mercoledì 7 gennaio. Anche questa volta il giornale aveva esercitato una libertà, fondamentale e riconosciuta nei Paesi occidentali, per quanto si dica e si parli male di questi Paesi, la libertà di pensiero, di espressione, anche di satira e persino di sberleffo.
Nel numero uscito proprio stamattina c’è l’ultima vignetta di Charbonnier, quasi un presagio. Sotto il titolo «Ancora nessun attentato in Francia» viene raffigurato un terrorista islamico, con la barba e il mitra sulle spalle, che dice «Aspettate! Abbiamo tempo fino alla fine di gennaio per fare gli auguri».
Charbonier, in arte Charb, aveva sostituito il precedente direttore Philippe Val qualche anno fa.
‘Charlie Hebdo’, giornale di sinistra e satirico, nasce nel 1960, quando si chiamava ancora ‘Hara-Kiri’ (mensile), lanciato da Georges Berniere e François Cavanna, e definito da loro stessi “un giornale stupido e cattivo”: divenne settimanale nel 1970. Quello stesso anno dopo la morte di Charles de Gaulle, titolando in copertina ‘Bal tragique à Colombey - un mort’, ossia ‘Ballo tragico a Colombey, un morto’, con riferimento alla residenza del Generale, creò un mare di polemiche.
Di seguito le pubblicazioni di ‘Hara-Kiri’ vennero bloccate dal ministero dell’Interno francese, ma i giornalisti lanciarono una nuova pubblicazione, ‘Charlie Hebdo’ (ricordando il Charlie Brown dei Peanuts).
Il settimanale rimase chiuso tra il 1981 e il 1992 dopo un calo del numero di lettori, ma è nel 2006 che divenne famoso a livello internazionale quando ripubblicò le controverse caricature su Maometto apparse sul quotidiano danese ‘Jyllands-Poste’ (la cui ri-pubblicazione motivò anche le dimissioni del direttore di Libération), con un manifesto firmato da 12 intellettuali - tra cui Salman Rushdie e Bernard-Henri Lévy - a favore della libertà di espressone e contro l’auto-censura.
Quel numero aveva venduto 400 mila copie (invece delle solite 140 mila) spingendo il Consiglio francese del culto musulmano a chiederne il ritiro. Incriminato per razzismo, l’allora direttore Philippe Val fu assolto l’anno dopo.
La rivista è pubblicata ogni mercoledì e ha una tiratura media settimanale di 100.000 copie, con 15.000 abbonati.
Speriamo che il numero di mercoledì prossimo si possa in qualche modo fare ancora, magari tirato a lutto, per non spegnere una voce molto irriverente ma viva e vera e che porti avanti ancora e sempre gli ideali di libertà di stampa.