Frequenze: le Tv tirano il fiato grazie al ‘Rapporto Lamy’

In Europa sembra essere stato deciso di prenderla con calma per ciò che riguarda ulteriori cessioni di banda dai televisivi ai telefonici. In particolare per la banda 700 MHz i tempi si allungano, dal 2020 in poi.

È stato un rapporto molto atteso quello che Pascal Lamy, già commissario europeo, ex direttore generale del WTO e noto economista francese, ha consegnato il primo settembre a Neelie Kroes, Commissaria Europea per l'Agenda Digitale. Si tratta infatti della roadmap per il futuro utilizzo delle risorse frequenziali e gli sviluppi dell'offerta sia di televisione che di broadband mobile, che segna almeno un primo, importante esito nel braccio di ferro tra broadcaster e tlc. Nel rapporto, che consta di 34 pagine ­ cui si è addivenuti dopo 6 mesi di consultazione con l'High Level Group costituito dai vertici di società di telecomunicazioni, broadcaster e associazioni ­ si assegna pari dignità tanto alle televisioni quanto alle società di tlc nell'utilizzo della banda 700 MHz (storicamente appannaggio delle televisioni), rimettendo però in discussione tempi e modalità della transizione e spostando in avanti le scadenze previste. La strategia di Lamy è riassumibile nella formula del 2020-2030-2025.

Fino al 2020, ma con una tolleranza che prevede due anni di dilazione, la banda resterà pieno appannaggio dei broadcaster televisivi per le trasmissioni in digitale terrestre. Fino al 2030 verrà assicurata ai broadcaster tutta la banda al di sotto dei 700 MHz (dai 470 ai 700 MHz) e nel 2025 verrà effettuato un controllo di efficienza del nuovo assetto sia per i consumatori che per il mercato.

Digitale terrestre e banda larga mobile potranno dunque convivere almeno fino al 2030, ma la Tv digitale dovrà cominciare a cedere la banda 700 MHz all'internet mobile non più tardi del 2020.

Lamy raccomanda quindi di rinviare appunto al 2020 (con due anni di margine) l'avvio della cessione di banda che in un primo tempo si pensava dovesse iniziare l'anno prossimo, dopo la riflessione della Commissione prevista dal Radio spectrum policy programme (Rspp).
Invece la road map suggerita da Lamy prevede tempi più ampi e un passaggio graduale, più gradito alle emittenti televisive che solo dal 2020 dovranno iniziare a fare nuovi investimenti tecnologici per rimediare alla perdita del 30% di spettro.

Sia le tv che le tlc avevano vissuto gli ultimi mesi con il fiato sospeso. Ma il risiko delle frequenze ­ più sentito in paesi come Italia, Francia, Spagna e Grecia ­ sembra avere tempi più 'morbidi¹ del previsto.

La Conferenza mondiale delle Radiocomunicazioni del 2012 aveva stabilito infatti che a partire dal novembre 2015 le televisioni avrebbero dovuto liberare la banda 700 per lasciar spazio alle connessioni internet in mobilità, percepite come la grande rivoluzione del momento. Le ragioni dello spostamento delle lancette in avanti sono molteplici: da una parte la crisi economica ha imposto un clima di austerity anche alle società di telecomunicazioni che non possono esporsi, qui ed ora, per le iperboliche somme necessarie alla 'conquista' della banda 700. Dall'altra le televisioni non possono essere 'sfrattate' con tempistiche troppo frettolose che non consentano loro di adeguarsi alle innovative tecniche di trasmissione.

Il rapporto riconosce inoltre all'offerta televisiva ­ cui si accede gratuitamente, a differenza del broadband in mobilità ­ il ruolo di veicolo e motore della diversità culturale e principale alternativa ai modelli distributivi dei grandi player della rete che ­ come Mediaset non ha mancato di rimarcare in più occasioni ­ non investono in contenuti, “non pagano le tasse” e non sono sottoposti al rispetto di standard di sorta, né in termini di protezione dei consumatori, né di quote di investimento.

Si riconosce l'importanza della banda larga e dell'assegnazione delle frequenze alle tlc, ma con modalità e tempistiche che siano nel rispetto dell'evoluzione delle tecnologie terrestri più avanzate e delle preferenze dei consumatori. Si legge inoltre nel rapporto che gli Stati dovranno risarcire le emittenti che vanno a liberare la banda. Le Tv ovviamente plaudono, con Mediaset che esulta in prima linea.

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