Una fiction che racconta alcuni aspetti della storia italiana degli ultimi decenni, in particolare il razzismo dei liguri verso i meridionali negli anni ’50: è la discussa ‘Furore’ di Canale 5, che ha anche alcuni aspetti da ‘soap’…
In Liguria, e nello specifico nella riviera di Ponente della provincia di Savona, la fiction 'Furore' di Canale 5 (attualmente in onda il mercoledì) ha aperto un aspro dibattito tra gli abitanti e sarebbe curioso vedere gli ascolti in questa specifica area. Tanto che sul tema se davvero la borghesia ligure degli anni Cinquanta fosse così gonfia di pregiudizi sociali e pulsioni razziste, avida e pronta a lucrare sul lavoro degli immigrati meridionali, il quotidiano genovese 'Il Secolo XIX' ha aperto un sondaggio online molto affollato.
È risaputo, i liguri sono ben lontani dalla giovialità degli emiliani, dall'allegra laboriosità dei veneti e dal calore dei siciliani; popolo selvatico e rude, ma con un senso dell'umorismo incredibile, abituato a vivere in una fascia di terra tra mare e montagna che li ha costretti a strappare terrazzamenti per coltivare qualche vite e due ulivi, emergono in questo caso come un popolo di razzisti che in confronto quelli del Ku Klux Klan erano dei pivellini. Ma offendersi sarebbe addirittura ridicolo.
Il linguaggio televisivo, specie per quei prodotti definiti “nazional-popolari”, deve enfatizzare certi aspetti della narrazione, arrivare ad eccessi che, se non ben gestiti, portano a questi risultati. E poi il razzismo nei confronti dei meridionali c'è stato, con - più tardi - una Lega Nord che ha dirottato questo sentimento verso i tanti stranieri che costituiscono la manovalanza nelle coltivazioni agricole della provincia.
La fiction racconta le vicende della famiglia Licata, che dal Sud emigra al Nord appunto negli anni '50 in cerca di benessere economico, di amore, di riscatto sociale. Il destino della famiglia Licata si intreccia con quelli della bella Sofia, di Concetta, dello spietato commendatore Schivo. Da questi intrecci ne nascono altri, con storie d'amore, di passione, di vendetta. Sullo sfondo l'intenzione di tracciare un racconto corale sulla ricerca della speranza, del riscatto sociale e di una nuova vita in un nuovo mondo.
Ma per il produttore Ares Film (ovvero Alberto Tarallo, che forse sta tentando di smarcarsi un po' dalle fiction “marchiate” da Gabriel Garko) è un'occasione mancata. Ecco perché.
Dopo le belle immagini agiografiche, tutte fiori, mare, pini, ville, belle strade e belle macchine, ecco l'ingresso del “budello”, la classica via stretta ligure e una specie di ghetto riservato ai meridionali. Come quel dantesco, “lasciate ogni speranza o voi che entrate”, ma di più leghista memoria, compare l'avviso «Vietato entrare. Zona riservata ai terùn».
Intanto la trama, scritta su una sceneggiatura debole e dialoghi inclassificabili, presenta i razzisti liguri. Ad essere razzisti sono i liguri ricchi; unica eccezione il sindaco progressista incarnato da Tullio Solenghi. Qualche esempio dei dialoghi: «Vai subito in terza classe, dai baluba come te»; «Sei una zulù dispettosa come una scimmia. I terroni sono tutti zulù», «Zulù zulù / tornate laggiù» o ancora «Una mia amica, cinque anni fa, ha fatto allattare il figlio da una balia calabrese. Sai cos'è successo? È venuto su completamente stupido». E sulla bella e formosa napoletana che ha sposato il ricco ligure: «È una scimmia travestita da bagascia». E chiudiamo con «Chi vorrebbe avere dei vicini di casa meridionali? Ci odiano perché siamo del Nord. I meridionali inquinano l'aria, quest'aria pura e salina, è una questione di sangue e di sudorazione». E le parolacce si sprecano.
C'è poi quella dose di passione e ardore, con attori dai volti ben definiti, fisico liscio da lavoratore (ma che sembra quello di un culturista), sguardi penetranti.
Insomma, il razzismo nei confronti dei meridionali in Liguria c'è stato, chi lo nega sarebbe in malafede, e ha avuto toni duri, di disprezzo che solo certi liguri sanno avere. Ma tutto si poteva raccontare con modalità diverse e in modo meno banale.
Prodotto da Ares Film, come detto, in 'Furore' il soggetto è dello specialista di fiction Teodosio Losito, che firma anche la sceneggiatura con Luigi Montefiori, Laura Sabatino ed Alessandro Scippa, per la regia di Alessio Inturri. Buoni, in effetti, gli ascolti.
P.S. Giusto per informare il lettore: chi scrive è di nascita ligure, con madre dell'entroterra e padre veneto, ha vissuto per 15 anni tra Milano e Lodi e conosce bene questi “difficili” liguri.