Gabanelli: un amaro scoop

Prima i fatti nella valutazione di Luana Milella su ‘Repubblica’: «Un’altraO Sì, un’altra. E per chi stavoltaO Ma per Cesare Geronzi, il presidente di Mediobanca negli impicci giudiziari per via dei crac Parmalat e Cirio. La fabbrica permanente delle leggi ad personam, col marchio di fedeltà del governo Berlusconi, ne produce un’altra, infilata nelle pieghe della legge di conversione del decreto Alitalia. Non se ne accorge nessuno, dell’opposizione s’intende, quando il 2 ottobre passa al Senato….

Prima i fatti nella valutazione di Luana Milella su 'Repubblica':

«Un'altraO Sì, un'altra. E per chi stavoltaO Ma per Cesare Geronzi, il presidente di Mediobanca negli impicci giudiziari per via dei crac Parmalat e Cirio. La fabbrica permanente delle leggi ad personam, col marchio di fedeltà del governo Berlusconi, ne produce un'altra, infilata nelle pieghe della legge di conversione del decreto Alitalia. Non se ne accorge nessuno, dell'opposizione s'intende, quando il 2 ottobre passa al Senato. Eppure, come già si scrivono i magistrati nelle maling list, si tratta d'una "bomba atomica" destinata a far saltare per aria a ripetizione non solo i vecchi processi per bancarotta fraudolenta, ma a bloccare quelli futuri.

Con un semplice, e in vero anche mal scritto, articolo 7bis che modifica la legge Marzano sui salvataggi delle grandi imprese e quella sul diritto fallimentare del 1942. L'emendamento dice che per essere perseguiti penalmente per una mala gestione aziendale è necessario che l'impresa si trovi in stato di fallimento.

Se invece è guidata da un commissario, e magari va anche bene come nel caso della Parmalat, nessun pubblico ministero potrà mettere sotto processo chi ha determinato la crisi. Se finora lo stato d'insolvenza era equiparato all'amministrazione controllata e al fallimento, in futuro, se la legge dovesse passare com'è uscita dal Senato, non sarà più così. I cattivi manager, contro cui tutti tuonano, verranno salvati se l'impresa non sarà definitivamente fallita.

Addio ai processi Parmalat e Cirio. In salvo Tanzi e Cragnotti. Salvacondotto per l'ex presidente di Capitalia Geronzi. Colpo di spugna anche per scandali di minore portata come quello di Giacomelli, della Eldo, di Postalmarket. Tutto grazie ad Alitalia e al decreto del 28 agosto fatto apposta per evitarne il fallimento. Firmato da Berlusconi, Tremonti, Scajola, Sacconi, Matteoli. Emendato dai due relatori al Senato, entrambi Pdl, Cicolani e Paravia. Pronto per essere discusso e approvato martedì prossimo dalla Camera senza che l'opposizione batta un colpo.

Ma ecco che una giornalista se ne accorge. È Milena Gabanelli, l'autrice di Report, la trasmissione d'inchieste in onda la domenica sera su Rai3. Lavora su Alitalia, ricostruisce dieci mesi di trattative, intervista con Giovanna Boursier il commissario Augusto Fantozzi, gli chiede se è riuscito a garantirsi "una manleva", un salvacondotto per eventuali inchieste giudiziarie. Lui risponde sicuro: "No, io non ho nessuna manleva".

Ma quel 7bis dimostra il contrario. Report ascolta magistrati autorevoli, specializzati in inchieste economiche. Come Giuseppe Cascini, segretario dell'Anm e pm romano dei casi Ricucci, Coppola, Bnl. Il suo giudizio è senza scampo. Eccolo: "Se la norma verrà approvata non saranno più perseguibili i reati di bancarotta commessi da tutti i precedenti amministratori di Alitalia, ma neppure quelli compiuti da altri manager di società per cui c'è stata la dichiarazione d'insolvenza non seguita dal fallimento".

Cascini cita i casi: "Per i crac Cirio e Parmalat c'è stata la dichiarazione d'insolvenza, ma senza il fallimento. Il risultato è l'abrogazione dei reati fallimentari commessi da Tanzi, Cagnotti, dai correi". Non basta. "Subito dovrà essere pronunciata sentenza di assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato per tutti gli imputati, inclusi i rappresentanti delle banche".

Siamo arrivati a Geronzi. Chiede la Gabanelli a Cascini: "Ma la norma vale anche per luiO". Lapidaria la risposta: "Ovviamente sì"».

I fatti successivi sono noti. Tremonti minaccia le dimissioni in caso di approvazione della norma, Di Pietro e il PD (che non sembrava essersi accorto di nulla) vanno all'attacco, pur continuando a litigare, il Governo 'sconfessa' l'emendamento, che si avvia a sparire dal testo.

Che cosa daremo ora alla Gabanelli che svolge compiti di supplenza rispetto alle inchieste giornalistiche dei 'grandi quotidiani' e in questo caso si è persino sostituita all'opposizione in Parlamento, andando a scovare quel che nessuno aveva denunciato davvero (al di là delle dichiarazioni di Di Pietro)O Non basterebbe il Pulitzer crediamo. E domani sera sono prevedibili anche grandi ascolti su RaiTre.

Ma il punto non è questo, non sono solo il valore delle sue inchieste e gli scoop a getto continuo di 'Report'. Il punto, come ci aveva detto Milena a Sasso Marconi, quando come giuria del Premio cittadino le avevamo assegnato un meritatissimo risconoscimento, è che queste cose le fa lei (che vive e lavora in totale indipendenza e autonomia) con il suo gruppo di lavoro e le fanno pochissimi altri in Italia.

Quasi nessuno ha la voglia o la possibilità di scavare a fondo nei temi, di andare scoprire la realtà delle cose con un meticoloso lavoro di inchiesta e di scavo, che dura anche mesi. Meglio l'informazione usa e getta, meglio il gossip, meglio la notizia 'fresca di giornata', di solito insignificante, da consumare e dimenticare in fretta.

"Io faccio solo il mio lavoro di giornalista" - ci diceva Milena nell'occasione. Il guaio è che questo, in questo strano e inquietante Paese, sta diventando assolutamente 'anomalo', quasi 'rivoluzionario'.

Mauro Roffi

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