Gaza: è guerra anche per i giornalisti

Fare il corrispondente di guerra è sempre un mestiere durissimo. A Gaza in questi giorni l’impresa diventa poi assolutamente improba. Ecco una serie di significativi fatti e fatterelli ‘direttamente dal fronte’.

È già lungo l'elenco dei giornalisti morti nei combattimenti nella striscia di Gaza. Una zona altamente a rischio, come segnalano anche le autorità israeliane, presso le quali i giornalisti devono accreditarsi prima di entrare a Gaza. La giornalista dell'Huffington Post Sophia Jones ha detto di aver ricevuto un messaggio dalle Autorità che non garantivano l'incolumità dei giornalisti.

Prima che iniziassero gli scontri a Sajaya, un popoloso rione a ridosso di Gaza City devastato dai bombardamenti israeliani, poi, l'ufficio stampa del governo israeliano (Gpo) aveva mandato un comunicato a tutti i giornalisti stranieri accreditati in Israele in cui avvisava: “Il GPO sta facendo tutto quanto in suo potere per dare alla stampa straniera informazioni tempestive e per facilitare l'accesso. Gaza è un campo di battaglia. Coprire le ostilità espone i giornalisti al rischio di morte... Israele non è in nessun modo responsabile per ferite o danni che potrebbero accadere come risultato di «giornalismo sul campo»”.

Tra i giornalisti morti ricordiamo Khaled Hamad, ferito a morte mentre preparava un servizio sull'attacco delle truppe israeliane a Gaza per Continue Tv; Khaled era vicino ad un'ambulanza con elmetto, giubbotto antiproiettile e la scritta 'stampa' ('press'). Il 9 luglio è stato poi ucciso Hamid Shebab autista dell'agenzia d'informazione Media 24, mentre tornava dal lavoro con un'auto con la scritta 'Tv'.

Nei giorni precedenti erano stati feriti Kareem-al-Tartouri di Medi1Tv, Muhammed Shabat, cameraman di Watania Media Agency, Amhad-al-Ajala e Tariq Hamdieh, che si trovavano in un edificio che ospita diverse associazioni di media.

Ma la guerra in Medio Oriente è anche pienamente mediatica e coinvolge anche i social network. Giorni fa il network americano Nbc ha richiamato il corrispondente americano di origini egiziane Ayman Mohyeddin, sostituendolo con il collega Richard Engel; ufficialmente la rete ha detto che la cosa avveniva per motivi di sicurezza ma il giornalista in realtà sarebbe stato criticato per la sua parzialità. Mohyeddin, che aveva lavorato anche per Cnn e Al-Jazeera, è stato testimone dell'uccisione di quattro ragazzini palestinesi sulla spiaggia di Gaza, colpiti dai militari israeliani. Il suo racconto della morte dei bambini è stato accusato di essere stato 'di parte'; il giornalista è anche stato accusato di essere stato troppo emotivo dopo aver pubblicato su Istrangram alcune foto delle famiglie dei bambini. Il 2 luglio aveva poi inviato un post su Tweet accusando Israele di fare deliberatamente fuoco sui giornalisti.

La Cnn ha invece richiamato la corrispondente Diana Magnay, che, dopo un reportage sugli israeliani che lanciavano razzi su Gaza, aveva scritto su Twitter che i soldati israeliani avevano minacciato i giornalisti di colpire le loro auto se avessero detto “una parola sbagliata”.

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