Alla fiction ispirata ai tragici fatti di Nassirya del 2003 gli ascoltatori hanno preferito la tematica più leggera di “Le ragazze di San Frediano”.
Nonostante il bel cast con Raoul Bova e Claudia Pandolfi, la prima puntata di "Nassirya. Per non dimenticare", su Canale 5 in prima serata il 12 marzo, ha ceduto la palma di programma più visto a "Le ragazze di San Frediano", in onda su RaiUno. La fiction su Nassirya ha infatti ottenuto lunedì 5.813.000 ascoltatori, con il 22,75% di share, mentre la fiction di RaiUno è stata vista da 6.513.000 ascoltatori, con uno share del 25.59%.
Prodotta dalla Taodue di Pietro Valsecchi, con la regia di Michele Soavi e per 'editor' un nome prestigioso (Stefano Rulli), la miniserie in due puntate di Canale 5 è stata costruita sulla base del libro 'Diario da Nassirya' di Marco Calamai ed è liberamente ispirata ai fatti del 12 novembre 2003, quando, in seguito ad un attentato terroristico, persero la vita in Iraq 19 persone, fra cui 12 carabinieri italiani che si trovavano a Nassirya per azioni di peacekeeping e per garantire un regolare svolgimento delle elezioni amministrative. Le prime dopo gli anni del regime di Saddam Hussein.
La fiction inizia dalla fine e si apre con un flash sul camion carico di tritolo che si avvicina a tutta velocità alla base italiana, per tornare immediatamente indietro nel tempo, quattro mesi prima, e ricostruire il periodo della presenza dei Carabinieri a Nassirya, fino alla strage. Il ritmo è serrato e tiene costantemente con il fiato sospeso, già dalle prime scene, ricreando l'atmosfera di caos e anarchia, ma soprattutto di morte, che caratterizza da anni il teatro di guerra irakeno (anche se la fiction si riferisce ad un periodo di poco successivo al crollo del regime di Saddam, tutto faceva già presagire una futura guerra civile).
Il rischio di tingere la fiction di eccessivo patriottismo e di cadere nel luogo comune di "italiani brava gente" che distribuiscono caramelle ai bambini è stato solo parzialmente evitato, ma va da sé che un po' di sentimentalismo non fa mai male. Nel contrasto con gli americani, dai quali gli italiani ricevono le consegne, i soldati USA escono spesso come pessimi gestori dell'amministrazione della città; loro amano chiudere sovente gli occhi di fronte a corruzione, traffici e mercato nero, incuranti dell'obiettivo così tenacemente perseguito da Stefano-Bova di portare la democrazia in città
Ma il nemico peggiore di Bova-Stefano è una diversità di cultura tale da indurre, a volte, a errori di valutazione e a incapacità di comprendere quale sia la realtà irakena.
Pur ispirandosi a fatti realmente accaduti, la fiction sta peraltro molto attenta a non offendere i familiari delle vittime (di un episodio, fra l'altro, così controverso e recente). I protagonisti sono persone che hanno alle spalle ognuno una propria storia, famiglia, problemi, crucci o rimorsi e, come persone vulnerabili, sono inclini al litigio o al momento di commozione; sono spaventati, per esempio, quando si vedono circondati da gruppi di "guerriglieri" armati di kalashnikov. Come in ogni fiction che si rispetti (anche se in questa manca, purtroppo, il lieto fine), i protagonisti riescono però a riscattarsi: anche il giovane carabiniere alla prima missione, esitante e poco energico, al quale il compagno deve fare "da balia", compie un atto di eroismo.
Con le vicende dei Carabinieri di Nassirya si intrecciano velatamente anche quelle di Claudia Pandolfi, dottoressa, che casualmente (O) gli autori hanno chiamato Simona.
Resta infine intatta - va detto - la capacità della Taodue (per Mediaset) di realizzare fiction su fatti così vicini nel tempo e anche controversi a livello politico, senza provocare le polemiche che ci si potrebbe invece aspettare.