I network televisivi americani sembrano aver appena scoperto gli ultracinquantenni. In realtà, le agenzie pubblicitarie e i loro clienti avevano ‘fiutato la situazione’ già qualche tempo fa…

Sembra che i network televisivi americani abbiano appena scoperto gli ultracinquantenni. In realtà, le agenzie pubblicitarie e i loro clienti si sono resi conto che i figli del boom demografico del dopoguerra (in particolare quelli tra i 55 e i 64 anni) acquistano quantità consistenti di beni di consumo e i canali televisivi si stanno adeguando di conseguenza. Prima di tutto togliendo potere decisionale in fatto di programmazione e palinsesti ai reparti vendite dei network (che ancora tendono a favorire gli spettatori tra i 18 e i 49 anni) e in secondo luogo ingaggiando attori di una certa età come Robin Williams e Mark Harmon, che hanno entrambi 62 anni, Ted Danson (66 anni), Tom Selleck (69 anni) e Beau Bridges (72 anni).
La NBC ha il più giovane del gruppo, James Spader (54 anni). Ma non si tratta di un nuovo trend, il 'New York Times' lo aveva già rilevato nel 1992 quando aveva scritto che sia la Abc che la Nbc stavano spostando la loro attenzione verso telespettatori più anziani: “Ora i programmisti stanno prendendo il sopravvento”.
Si stima che entro il 2017 i figli del boom demografico del dopoguerra controlleranno il 70% del reddito disponibile degli Usa, contrariamente ai cosiddetti 'Millenial' della 'Generazione Y', che prendono sempre meno decisioni chiave in fatto di acquisti, guardano meno la Tv tradizionale e quando lo fanno, non guardano la pubblicità. Perciò, dopo decenni passati a inseguire spettatori giovani ed elusivi, ora le reti televisive americane stanno cercando di raggiungere quelli più anziani.
Nel 2013 l'età media degli spettatori televisivi americani era 54 anni (mentre nel 1993 era 41 anni). La Cbs, che tradizionalmente attrae spettatori di una certa età, è stata ripetutamente la rete televisiva più vista del Paese.
L'idea che gli spettatori più anziani non fossero rilevanti per gli inserzionisti si era fatta strada per due ragioni: la generazione cresciuta in tempi duri come la Grande Depressione o la Seconda Guerra Mondiale era rimasta frugale anche in tarda età, mentre i loro figli, i cosiddetti 'baby boomer', hanno sempre rappresentato la gran parte del pubblico televisivo (dai cui le serie televisive degli anni '70 rivolte a un pubblico giovane come 'Happy Days' e 'Charlie's Angels') e quindi le reti si sono quasi sempre dirette a un pubblico giovane. Oggi, i giovani adulti, però, sono troppo occupati dalle loro carriere, a crescere i propri figli o a socializzare per avere tempo di guardare la Tv e, quando lo fanno, tendono a saltare le pubblicità.
Per raggiungerli gli inserzionisti erano disposti a pagare anche di più, ma alla fine hanno rinunciato.
I figli del boom del dopoguerra sono diversi da quelli delle generazioni precedenti. I ricercatori e sociologi concordano sul fatto che oggi gli ultracinquantenni sono più sani, più attivi e hanno più probabilità di restare nel mondo del lavoro. Per queste ragioni, le reti stanno andando oltre la forbice 18-45 anni; ora quello che fa di un cliente un 'premium' sono il reddito e il livello d'istruzione, non si tratta più di dati demografici ma psicografici, e a ragione: due famiglie possono avere coniugi della stessa età, stesso reddito e figli sposati della stessa età, ma i componenti di un nucleo possono aver frequentato Harvard mentre quelli dell'altra aver fondato un'azienda famigliare dopo la scuola media. I primi bevono vini e si coprono di Hermes, i secondi consumano birra e si coprono di tatuaggi. Una famiglia preferisce il cotone, l'altra il poliestere.
Chiaramente l'offerta di programmi deve essere varia per poter rispecchiare i gusti di entrambe le tipologie, ma il fatto importante è che gli inserzionisti possono attingere da questo bacino di reddito disponibile.
Naturalmente la Tv può ancora attrarre un pubblico giovane, ma con programmi che non sono rivolti a un pubblico di massa, come '16 and Pregnant' e 'Teen Mom' di MTV, così popolari da aver effettivamente ridotto il tasso di natalità fra adolescenti negli Stati Uniti.