‘Hannibal’: il brivido è servito

Il fascino del male –

Il fascino del male colpisce ancora nel cocktail da pelle d’oca di ‘Hannibal’, in prima Tv su Italia 1. Avvince, spiazza e inquieta come recentemente solo ‘Dexter’ ha saputo fare.

Il delitto è servito, ma la scena del crimine televisiva ha cambiato prospettiva. All'intuito in stile tenente Colombo si sostituisce l'empatia del professor Will Graham (Hugh Dancy), un ingrediente poco convenzionale per un profiler dell'FBI ma di sicuro più efficace di qualsiasi prova del DNA. O almeno così ci dicono le premesse di 'Hannibal', la serie-evento di Italia 1, basata sui romanzi di Thomas Harris in un lasso temporale antecedente gli eventi raccontati ne 'Il silenzio degli innocenti'.

Creata da Bryan Fuller ('Pushing Daisies') e in onda su NBC, ha il taglio tipico delle serie Tv via cavo, perché si presenta come un prodotto confezionato alla perfezione, curato in ogni dettaglio e adatto a palati raffinati. Ipnotica e inquietante come solo il fascino del male sa essere, con annesso formicolio alla base del collo, mantiene uno stile asciutto e un ritmo cadenzato dal primo all'ultimo minuto. E, ovviamente, suscita polemiche e alimenta dibattiti.

Il pubblico generalista del piccolo schermo, abituato ad associare l'analisi comportamentale al team di 'Criminal Minds', è evidentemente pronto a fare il salto (di qualità), circuito dal compassato acume di Hannibal Lecter (Mads Mikkelsen). Lo psichiatra viene affiancato a Graham da Jack Crawford (Laurence Fishburne) per tenerne sotto controllo l'immaginazione sfrenata e quasi patologica: identificarsi con il serial killer di turno, infatti, può essere un punto di non ritorno, specialmente se la premessa al suo lavoro è che “Tutti hanno pensato di uccidere qualcuno, in un modo o nell'altro”.

Il ping pong mentale tra i due raggiunge picchi ad alta tensione. “I miei pensieri sono spesso di cattivo gusto”, confessa il primo. “Anche i miei”, ribatte Lecter impassibile, dopo aver banchettato con le sue vittime.
Il thriller psicologico vive di allucinazioni, fantasie, incubi. Gli omicidi vengono dissezionati dall'interno e guardati dal punto di vista dell'assassino: ecco come generano nel pubblico interesse, quasi piacere, invece dell'abituale disagio.
Il lato oscuro di ciascuno prende il sopravvento sotto lo sguardo compiaciuto del cannibale protagonista ed è impossibile sottrarsi da quella sensazione costante di pelle d'oca che accompagna l'intera visione. Cast superbo, sceneggiatura impeccabile e colonna sonora vibrante rappresentano solo alcuni degli elementi che hanno contribuito a riportare in vita nell'immaginario collettivo una delle paure più vivide mai approdate su grande schermo.

La psicologia del carnefice suscita un'attrazione pericolosamente simile a quella provata di recente per 'Dexter'. Nessun senso di colpa e zero redenzione, ma solo 'guilty pleasure'.

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