Solo uno su due giornalisti ‘ufficiali’ in Italia risulta ‘attivo’. Vistosa la frattura fra dipendenti e autonomi. Una ricerca indaga su un mondo paradossalmente poco conosciuto: quello dei giornalisti in Italia.
«Giornalismo: il lato emerso della professione. Una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani 'visibili'». È il tema di una analisi condotta da Lsdi sulla base dei dati forniti dall'Inpgi (l'istituto di previdenza dei giornalisti), dall'Ordine e dalla Fnsi, il sindacato unitario della stampa italiana. La ricerca tenta di ricostruire il profilo della professione in Italia attraverso l'analisi di tutti i dati di carattere occupazionale, contrattuale e previdenziale dei giornalisti 'visibili' ufficialmente, meno della metà degli iscritti all'Ordine (49.239 su 108.437, al 31 dicembre 2009).
Ne emerge l'immagine di una professione frammentata, con status professionali ed economici molto vari e con differenze, a volte, molto profonde fra i vari segmenti che la compongono. E, oltre a segnalare l'esistenza di un numero rilevante di giornalisti del tutto 'invisibili' sul piano contrattuale, conferma una vistosa spaccatura fra lavoro dipendente (che vive prevalentemente dentro le redazioni) e lavoro autonomo, che nell'industria editoriale cresce e diventa sempre più vitale per la macchina dell'informazione, ma che non riesce ad acquisire una vera, concreta, dignità professionale.
Ne hanno discusso - nel corso di un incontro pubblico che si è tenuto questa mattina a Roma nella sala ''Walter Tobagi'' della Federazione nazionale della stampa (Corso Vittorio Emanuele II, 349, ore 11) - , il presidente dell'Inpgi, Andrea Camporese, il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, il segretario generale e il presidente della Fnsi, Franco Siddi e Roberto Natale, oltre a Pino Rea e a Vittorio Pasteris (che hanno curato la ricerca).
Lo Studio, peraltro, è il primo titolo della collana 'Ebook di giornalismo' che Lsdi curerà insieme al Festival internazionale del giornalismo di Perugia e a Simplicissimus, casa editrice specializzata nell'editoria libraria elettronica.
In dettaglio, la ricerca fa emergere il quadro di una professione frammentata, con status professionali ed economici molto vari e con differenze, a volte, molto profonde fra i vari segmenti che la compongono. Sui citati 108.437 iscritti all'Ordine, alla fine del 2009 solo 49.239 giornalisti (il 45,4%) erano appunto titolari di una posizione contributiva all'Inpgi, come lavoratori subordinati o autonomi.
Di fronte alla tenuta del giornalismo garantito dai contratti e dagli istituti di categoria (crescita che dai quotidiani si è allargata all'emittenza locale, ai piccoli periodici e agli uffici stampa, privati e pubblici), il giornalismo autonomo ancora annaspa, senza riuscire a trovare uno statuto contrattuale e professionale adeguato alla sua forza quantitativa, che ormai è pari se non superiore a quella del lavoro dipendente. E senza riuscire ancora ad entrare nell'area del giornalismo “garantito”. Nel 2009, ad esempio, mentre solo un lavoratore subordinato su 3 aveva un reddito annuo inferiore ai 30.000 euro lordi, più della metà degli autonomi (il 55,25%) dichiaravano un reddito annuo inferiore ai 5.000 euro.
Ed ecco le altre caratteristiche dell'evoluzione della professione: un “impoverimento” delle fasce di reddito intermedie a vantaggio di quelle medio-alte nel campo del lavoro subordinato; un progressivo “invecchiamento” della popolazione giornalistica, in entrambe i campi; infine una progressiva avanzata delle donne, mitigata dalla persistenza di un relativo gap di carattere economico.