Ecco il secondo articolo di Stefano Grego di Reply a commento dell’IBC di Amsterdam, recentemente conclusosi.
Tra le varie novità di IBC 2009, quelle che hanno suscitato più interesse e curiosità sono gli schermi 3D, presentati in varie declinazioni, con o senza occhiali polarizzati.
Molti hanno manifestato forti perplessità nei confronti della reale adottabilità di tale tecnologia, non tanto in rapporto alla disponibilità di contenuti quanto all'impatto sulla filiera produttiva.
Il mondo del Cinema sta infatti progressivamente incrementando produzione di film prodotti in 3D e questi potrebbero a loro volta alimentare gran parte del mercato delle TV 3D.
Un altro contributo potrebbe arrivare dalle console per videogiochi, dove l'adozione del 3D sarà il prossimo passo.
Il punto è capire se questi due driver saranno sufficienti a far crescere l'offerta ed abbattere i costi.
La cosiddetta Tv generalista, infatti, impiegherà molto tempo ad indirizzare l'offerta 3D; è il mercato dell'elettronica di consumo che, da qualche anno, guida l'evoluzione tecnologica, e di conseguenza dei servizi, obbligando i produttori e i distributori di contenuti ad inseguire, spesso in affanno.
Tale affanno è ampliamente giustificato. Se per il consumatore la sostituzione del televisore è un passo semplice, al netto degli aspetti finanziari (nel giro di pochi anni si è passati dal “tubo 4:3” al 16:9, poi al flat, al flat HD ed il prossimo passo potrebbe essere il 3D), ben diverso è il discorso per i broadcaster, i quali sono costretti a rivedere l'intera catena del valore, sostenendo investimenti molto gravosi a fronte di ritorni economici incerti.
Il primo punto “dolente” è la produzione, in particolare la ripresa in studio. Riprendere in 3D significa sostanzialmente raddoppiare il numero di telecamere (la visione tridimensionale televisiva simula l'effetto che l'uomo ha grazie alla visione dai nostri occhi) e formare il personale impegnato nelle riprese per far sì che questa sia d'effetto e non generi sgradevoli distorsioni.
Il secondo è la revisione dell'intera filiera di distribuzione, che trova un enorme ostacolo nella disponibilità di banda. Trasmettere in 3D significa sostanzialmente duplicare la banda HD, ovvero allocare 20 Mbit/sec per un singolo canale, banda con cui normalmente si trasmettono 5 canali in Standard Definition.
Infine, il passaggio che riguarda di più l'utente finale, ovvero l'acquisto dell'ennesimo decoder terreste o satellitare.
Insomma, si sta prefigurando un possibile passaggio epocale, anche se, in virtù di quanto scritto, certamente non prossimo in termini temporali.
D'altra parte, almeno in Italia, non è ancora avvenuto del tutto il passaggio ai 16:9, mentre per l'HD sulle reti generaliste è ben lontano dall'essere adottato. Ciò non toglie comunque, che per l'industria del settore il 3D possa rappresentare un'altra opportunità.
Intanto, chi ha visitato l'IBC ha potuto fare incetta di occhiali 3D ed è pronto per il passaggio.
(*) Stefano Grego dopo aver operato per quindici anni nel settore spaziale, dal 1996 si dedica a quello dei Media. In tale ambito ha gestito strutture con attività significative in Italia e all'estero presso Broadcaster pubblici e privati, ricoprendo ruoli di responsabilità sia in ambito tecnico che commerciale. In Reply dal 2005, segue prevalentemente il mercato dei Broadcaster e dell'editoria a livello europeo attraverso Discovery Reply, la società del Gruppo Reply (www.reply.eu) specializzata in servizi e soluzioni di Digital Asset Management.