Il cartaceo ancora protagonista dei media

Ma davvero il cartaceo deve semplicemente cedere il posto all’on line? Non tutti la pensano così. Il nostro ‘collaboratore illustre’ Dom Serafini, per esempio, ha un’altra idea…

Vorrei illustrare con due aneddoti personali il motivo per cui la stampa cartacea sopravviverá alla prova del tempo. Anni fa, prima che lanciassi il mensile ed il quotidiano fieristico 'VideoAge”, ero direttore della sezione internazionale di 'Television/RadioAge”, una delle prime riviste per il settore radio-televisivo americano, creata a New York City dal leggendario Sol J. Paul nel 1953 e chiusa nel 1989.

La rivista veniva pubblicata due volte al mese ed era in aggressiva concorrenza con i settimanali “Variety” (da New York), “Broadcasting” (da Washington, D.C.), “AdvertisingAge” (da Chicago) e con il quotidiano “The Hollywood Reporter” (da Los Angeles). “Tv/RadioAge” era considerata la “bibbia” dell'industria e curava ogni singolo aspetto dei vari settori, dalle vendite degli spot alle agenzie pubblicitarie, a produzione, palinsesti, rating, normativa, syndications, fiere, Tv internazionale, ecc.: oltre 20 settori e ciascuno con molti temi da trattare.
Inoltre, Paul insisteva che gli articoli fossero dettagliati, con il risultato che ogni numero della rivista aveva in media 180 pagine. Veramente le dimensioni di una bibbia. Dentro peró vi era di tutto e di piú, ma era pesante da portarsi dietro ed impegnativo da leggere.

Intorno al 1979 feci notare a Paul che tutti i dirigenti che andavo ad intervistare tenevano sulle loro scrivanie pile di “Tv/RadioAge' con multipli segnalibri che indicavano articoli interessanti da continuare a leggere quando il tempo lo permetteva. Il problema era che il tempo per leggerli non arrivava e altre notizie importanti si accavallavano, pertanto ogni due-tre mesi i dirigenti buttavano le vecchie pile dopo aver letto solo pochi articoli.

In quel periodo “AdvertisingAge” lanció da New York e Chicago un nuovo settimanale settoriale, “Electronic Media”. Questo aveva un formato tabloid di poche pagine che non preoccupava Paul perché lo riteneva superficiale. Ma ció che Paul non aveva capito era che semplicemente scorrendo i titoli, il lettore poteva farsi un quadro completo dei principali argomenti. Era vero che i giornalisti non conoscevano a fondo il settore, ma i redattori sapevano scegliere le notizie piú importanti, cosa molto apprezzata dagli impegnatissimi dirigenti con poco tempo a disposizione per una lettura approfondita.

Ora il secondo aneddoto. Lo scorso febbraio, “VideoAge” venne contattata dalla societá argentina Telefilms per esplorare la possibilitá di fare un servizio sul loro 50mo anniversario.
Proposta subito accettata con il suggerimento di farlo on line, ma prontamente rifiutata in favore di un servizio sulla rivista cartacea (che poi sarebbe finita ugualmente in rete).

Ecco perché il cartaceo resisterá allo tsunami Web. Non solo i servizi on line vengono percepiti come prodotti di minor valore rispetto a quelli cartacei ma il Web é ora diventato una specie di “Tv/RadioAge': troppe informazioni da assorbire, troppo impegnativo da leggere, a volte visivamente difficile da apprezzare, troppo veloce da seguire, troppo poco valutato.
Viceversa, quando un lettore ha in mano la copia stampata di un giornale o di un periodico, sa che quei pochi, ben scelti e brevi articoli forniranno in alcuni minuti un quadro completo delle informazioni che sono importanti per lui.

La stampa cartacea non ruba quel poco tempo che il lettore ha a disposizione e non crea difficoltá di lettura. Oggi piú che mai, il tempo é una vera e propria commodity costosa, difficile da trovare e complessa da gestire.
Ecco perché il Web, con il suo stile tipo “Tv/RadioAge' non rimpiazzerá - almeno per molti anni - la versione cartacea di “Em”.

E se ci si chiedesse perché alla fine “Em” ha chiuso come “Tv/RadioAge”, le risposte sono due: la prima ha a che fare con il bacino pubblicitario che é venuto a mancare con la deregolamentazione ed il risultante consolidamento del settore audio-visivo americano; la seconda é che “Em” ha mancato di espandersi a livello internazionale.

Nella foto, una famosa copertina di 'VideoAge' di qualche decennio fa.

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