Nell’era del 2.0 la privacy in rete rappresenta uno degli aspetti più spinosi. Se ne è discusso lunedì 7 ottobre a Roma, a partire da uno studio condotto dal Censis.
Nell'era del 2.0 la privacy in rete rappresenta uno degli aspetti più spinosi del problema. È così che lunedì 7 ottobre a Roma, nella sala conferenze del Garante per la Protezione dei Dati Personali, è stata ospitata la discussione a partire da uno studio condotto dal Censis che ha visto coinvolti Giuseppe Roma, Direttore del Censis, Giuseppe De Rita, Presidente Censis, Luca De Biase, giornalista, già direttore di 'Nova' del gruppo Sole 24 Ore e Antonello Soro, Presidente dell'Autorità garante per la Privacy.
Dalla presentazione di Giuseppe Roma è emersa una generale preoccupazione rispetto ad un diritto quello alla riservatezza appunto spesso violato, o comunque 'in costante pericolo'. La quasi totalità degli italiani considera questo diritto come un valore inviolabile. Internet e i media digitali dai siti web di acquisto online ai social network vengono percepiti come minacce concrete per la privacy, tanto che ben l'88% degli utenti è consapevole del fatto che la grandi web company possiedano gigantesche banche dati sugli utenti.
Oltre il 60% ritiene che i dati personali abbiano un grande valore anche in termini economici. Solo il 7,5% del campione ritiene sufficiente la legislazione vigente in materia di privacy, mentre numerosi sono coloro che credono necessario un inasprimento della normativa. Infine oltre il 70% ha riscontrato positivamente il diritto all'oblio, ovvero la possibilità di cancellare informazioni personali sul passato negative o imbarazzanti.
Luca De Biase, dal canto suo, crede che una ricomposizione sia possibile a partire dal non considerare internet come una frattura, una cesura netta col passato che determina scardinamenti di paradigma. Da un lato ritiene che il caos sia attribuibile ad un nostro 'ritardo di sintonizzazione', dall'altro però dichiara apertamente di non credere alla privacy in rete, adottando per sè la strategia di utilizzare in rete solo argomentazioni o contenuti che possano tranquillamente diventare pubblici. Lapidario ha concluso 'La privacy è altrove. Non in rete'.
Antonello Soro dal canto suo ha evidenziato come la rete sia sempre più capillare e pervasiva rispetto ai tanti aspetti della vita quotidiana. Internet non è più dunque un ambiente separato ma rappresenta uno degli spazi della nostra vita. La vera sfida, ha sostenuto è 'vivere bene al tempo della rete, non usare bene la rete'.
Le informazioni su internet sono diventate merce di scambio con un grande valore economico. Soro ne ha approfittato per ricordare il caso Snowden e il suo effetto paradosso di 'chiusura'. Il calo di fiducia verso i sistemi di difesa, ovvero le infrastrutture dei Paesi democratici, ha prodotto una riqualificazione delle strategie promosse da quei Paesi definiti 'non democratici' (come l'Iran) in cui vige la primazia della sovranità nazionale delle infrastrutture di comunicazione.
Interessanti le considerazioni del sempre brillante Giuseppe De Rita che ha parlato di rivoluzione digitale come di un fenomeno inarrestabile ed eccezionalmente ampio, che vale per tutti e per pochi al contempo.
“Oggi esistiamo in quanto connessi - ha sostenuto il Presidente del Censis - ma continuano a vigere le stesse regole social-relazionali. Ci si 'riassesta' in un nuovo equilibrio attraverso sottoinsiemi in cui si ripone fiducia. La sfida del futuro è quindi una sfida nella gestione e nel controllo dei differenti sottoinsiemi. La nostra società (italiana) sta reagendo in modo più lento rispetto alla velocità dei cambiamenti in atto. Le connessioni sono regolate e determinate da regole interne. I tempi e la sincronizzazione dei diversi gruppi all'interno della 'grande partita' porrà i diversi sottoinsiemi in una condizione di 'schiavitù' o 'libertà'.