Il convegno di Di Pietro sulla Rai

L’Italia dei Valori sulla Rai: un Cda eletto dagli abbonati (romantica utopia?), e, nelle more, trasparenza nelle nomine dei vertici di Viale Mazzini (autocandidature con curriculum, Santoro conferma la propria).

È un quarto di secolo che chi scrive queste note segue la “politica culturale” italiana, ed è raro, negli ultimi anni, registrare un qualche segnale di discontinuità. Chi scrive può peraltro vantarsi di essere stato autore, insieme a Francesca Medolago Albani, di un libro pubblicato nel 2000, “Con lo Stato e con il mercato? Verso nuovi modelli di televisione pubblica nel mondo”, edito per i tipi della Mondadori, rielaborazione di una ricerca “paradossalmente” commissionata da Mediaset: a distanza di oltre un decennio, la situazione Rai resta la stessa, ed i suggerimenti contenuti in quella ricerca sono rimasti “naturalmente” inascoltati.

Questa mattina (martedì 27 marzo 2012), con l'abituale scetticismo che ormai ci caratterizza, abbiamo partecipato alla kermesse promossa dall'Italia dei Valori. Il titolo era retorico: “Rai: cambiare la musica, cambiare l'orchestra”. Ci è anche venuto un po' da sorridere, pensando alla certamente involontaria gaffe: nessuno ricorda che la Rai poteva vantarsi, qualche anno fa, di orchestre sinfoniche di gran livello, che sono state via via smantellate (nel 1994, erano ancora attive tre orchestre Rai)…
Ovviamente, Di Pietro e Falomi (responsabile Dipartimento Riforme del sistema radiotelevisivo dell'IdV), i due promotori della kermesse, si riferiscono a metaforiche altre… orchestre ed orchestrazioni.

L'Italia dei Valori è preoccupata sia per il rischio di un “commissariamento” improprio (ovvero un'ipotesi di intervento normativo contingente che estenda il potere del direttore generale, facendolo divenire un amministratore delegato, ma sempre asservito al Governo ed ai partiti), sia per il rischio che la situazione divenga così complessa da determinare una “prorogatio” che potrebbe trascinarsi fino alle prossime elezioni politiche (sempre che l'Esecutivo Monti resti in sella). Se dovessimo scommettere, punteremmo su questa seconda ipotesi, ahinoi.

In estrema sintesi, dalle quattro ore di convegno alla Sala delle Colonne della Camera dei Deputati, è emerso:

1. l'Italia dei Valori chiede che la nomina degli organi di governo della Rai avvenga al di fuori delle abituali logiche partitocratiche: “non parteciperemo al mercato delle vacche”, ha tuonato Falomi, che ha invece aderito alla proposta dell'ex presidente della Rai, Roberto Zaccaria (parlamentare Pd), di un Cda nominato direttamente dagli “stakeholder”, ovvero dagli abbonati in regola con il pagamento del canone (per l'esattezza, si tratta dell'Atto Camera 4559, a firma Zaccaria, Giulietti, Tabacci, Leoluca Orlando, Granata, Corsini, Mazzarella, Sarubbi: “Elezione del Consiglio nazionale degli utenti del servizio pubblico radiotelevisivo e nomina del cda della Rai-Radiotelevisione italiana Spa”, presentato il 28 luglio 2011).

Lo stesso Zaccaria ha definito la propria proposta di legge “romantica” ed “utopica”, ma la provocazione è comunque efficace. Santoro ha comunque ribadito l'intenzione di candidarsi alla direzione generale di Viale Mazzini.

2. nella coscienza che i partiti (Pdl e Pd ed Udc, in primis, era il sottotesto) non andranno a togliere “le mani” dalla Rai così agevolmente, e nella coscienza che una simile proposta sia purtroppo destinata a restare una bella idea, ardita ed impraticabile (almeno con questa attuale maggioranza parlamentare), Di Pietro e Falomi hanno chiesto che si adotti immediatamente un criterio di trasparenza nelle nomine del Consiglio di Amministrazione Rai. È improbabile che Monti riesca a scardinare la legge Gasparri: quindi verosimilmente il nuovo consiglio di amministrazione verrà “eletto” dalla Commissione di Vigilanza, con le regole attuali. L'Italia dei Valori propone una semplice regola, oggettivamente semplice ma innovativa ovvero rivoluzionaria: che i componenti del Cda vengano selezionati sulla base di autocandidature, corredate di curriculum dettagliato, e che magari le selezioni siano pubbliche.

Fantascienza politica? No, in verità: se l'Italia non fosse un Paese molto malato, questa richiesta sarebbe naturale. È comunque condivisibile.

Antonello Falomi ha ricordato alcuni dati impressionanti: il CdA della Rai è chiamato a decidere in materia di oltre 150 incarichi dirigenziali, e si esprime per ogni spesa superiore ai 2,6 milioni di euro… Per rafforzare l'ipotesi di una Rai con una “governance” veramente diversa, ha richiamato quanto previsto dall'articolo 43 della Costituzione, che qui ci piace riprodurre: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.
Ha sostenuto Di Pietro: “La scadenza del Consiglio d'amministrazione della Rai è l'occasione per liberare il servizio pubblico dalle grinfie dei partiti e restituirlo ai cittadini, che ne sono i legittimi proprietari. Per questo l'Italia dei Valori, che non ha mai voluto partecipare alla vergognosa spartizione delle poltrone, presenterà in un convegno il suo pacchetto di proposte per la governance dell'azienda”.

Il convegno ha registrato interventi appassionati, anche se tutti molto sintonici nel loro schieramento cromatico: le “star” Michele Santoro, Marco Travaglio, Lucia Annunziata, e poi (in ordine alfabetico): Nicola D'Angelo (Agcom), Roberto Mastroianni (Università di Napoli), Corradino Mineo (RaiNews), Roberto Natale (Fnsi), Nino Rizzo Nervo (dimissionario dal Cda Rai), Franco Siddi (Fnsi), Carlo Verna (Usigrai). Erano annunciati, ma non sono intervenuti, Pancho Pardi (IdV) e Beppe Giulietti (Articolo 21).

Ci limitiamo ad estrapolare alcuni concetti. D'Angelo ha manifestato critiche aspre sull'Agcom e le sue inadempienze, con particolare attenzione all'assenza di attivazione rispetto alle norme sul conflitto d'interesse. La Annunziata ha simpaticamente segnalato come lo “status di consigliere di amministrazione Rai determini una sorta di mutazione psicologico-etico-morale-professionale in chiunque venga nominato”. Rizzo Nervo ha enfatizzato come i dati sul presunto pareggio di bilancio della Rai debbano essere presi con prudenza: non sfugge ai maquillage contabili un indebitamento pari a 260 milioni di euro…
Inquietante l'intervento di Mineo, che ha raccontato come un canale che pure dovrebbe essere centrale nell'adempimento della funzione pubblica della Rai, qual è Rai News, sia costretto a lavorare in condizioni di grande disagio, e con budget sempre più ridotti, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa.

Interventi tutti abbastanza brevi ed efficaci, moderati dal come sempre brillante editorialista de “la Repubblica” Giovanni Valentini, che ha autoironizzato sul proprio anti-berlusconismo ormai storico e tenace, aprendo i lavori sostenendo che la questione Rai è “emergenza democratica” e non “normale priorità”: si tratterebbe di un “incendio da spegnere”.
Si consiglia ai lettori di “Millecanali” la lettura della interessante e ben scritta relazione di Antonello Falomi . Si rimanda anche alla mozione parlamentare che i Presidenti dei gruppi dell'IdV di Senato e Camera, Belisario e Donadi, hanno già depositato in Parlamento il 22 marzo scorso, per rendere praticabile questa procedura di trasparenza.

Monti avrà il coraggio sufficiente per adottarla?

(ha collaborato Anna Lisa Serafini)

(*) Angelo Zaccone Teodosi è presidente di IsICult - Istituto italiano per l'Industria Culturale

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