È ormai una strage quella relativa ai giornalisti caduti nel corso della guerra in Iraq. Ci sono stati finora 12 morti e vari feriti. Oggi il culmine di questa gravissima situazione, con i colpi sparati dalle forze Usa contro l’hotel Palestine.
Le prime vittime, il 22 marzo, sono state un cameraman australiano della ABC, morto a Khurmal per un attacco suicida, e il corrispondente dell'ITM Therry Lloyd, ucciso, forse, dal fuoco britannico vicino a Bassora. Risultano dispersi il suo cameraman, Fred Nerac, e l'interprete Hussein Osman.
Il 30 marzo è invece morto Gaby Rado, un corrispondente della televisione britannica ITV, in circostanze misteriose, precipitando dal tetto del suo albergo a Sulaymaniya, nel nord dell'Iraq. Nella stessa zona, tre giorni dopo, è stato ucciso dall'esplosione di una mina Kaveh Golestan, un famoso fotografo iraniano che lavorava come operatore per la BBC.
Il 4 aprile l'editorialista del "Washington Post" Michael Kelly, a bordo di un veicolo Humvee americano, è rimasto vittima di un incidente mentre stava scappando dal fuoco iracheno dopo essersi avvicinato all'aeroporto Saddam International. Domenica scorsa sono poi morti il giornalista della NBC al seguito delle truppe Usa vicino Bagdag, David Bloom (forse però per cause naturali), e l'interprete della BBC Kamaran Abdurazaq Muhamed, nell'attacco americano ad un convoglio curdo nel nord del Paese, avvenuto a causa di un grave errore.
Ieri sono altresì stati uccisi in un attacco ad un centro operativo americano gli inviati del settimanale tedesco "Focus", Christian Liebig, e del quotidiano spagnolo "El Mundo", Julio Anguita Parrado.
Le ultime vittime oggi: per primo è morto, stamane, il corrispondente di Al-Jazeera Tareq Ayub dopo un attacco missilistico americano (un altro erroreO) diretto contro gli uffici di Bagdad dell'emittente del Qatar. Successivamente l'episodio, gravissimo, del colpo sparato poche ore fa da un carro Usa (anche se qualcuno ha dei dubbi, ma pare sia proprio così...) contro l'albergo Palestine, dove risiedono praticamente tutti i giornalisti occidentali. Una pessima figura al cospetto del mondo intero per le forze alleate e un inaccettabile tributo di sangue che i giornalisti sono stati chiamati a pagare senza alcuna colpa, una vergogna che non si sa neppure a che cosa attribuire, se non alla follia di una situazione di guerra senza quartiere come quella di Bagdad, dove qualcuno può benissimo perdere la testa.
Resta l'esigenza di un chiarimento da parte degli americani su quanto è realmente successo (si parla di cecchini iracheni che potevano essersi rifugiati nell'albergo), resta la paura che ormai pervade i giornalisti che cercano disperatamente di documentare quello che succede a Bagdad, a questo punto rischiando realmente la vita, e restano soprattutto gli ultimi morti rimasti sotto le macerie di alcune stanze dell'hotel Palestine: un cameramen della Reuters, il trentacinquenne Taras Protsyuk, e Josè Couso, 37 anni, cameraman spagnolo di Telecinco. Altri tre cronisti - anch'essi della Reuters - sono rimasti feriti.
Il Governo di Madrid chiederà a Washington di dare spiegazioni per la morte del cameraman di Telecinco, mentre la mossa più recente è stata dell'Unione Europea, che ha lanciato un appello agli Stati Uniti affinché proteggano i giornalisti inviati in Iraq. Dibattito in Parlamento anche in Italia e mobilitazione della FNSI. E speriamo che il tributo di sangue dei giornalisti sia finito qui e anche che la guerra stia realmente per terminare.