Lo show del comico pugliese su Canale 5 complessivamente delude. Nessuna novità di contenuti e uno spettacolo approssimativo. Buoni ma non strepitosi gli ascolti.
Tra 'Zelig' o gli spettacoli nei Palasport e un “one ma show” di circa due ore in prima serata c'è una bella differenza. Di struttura, di ritmo, di contenuti e di regia.
A Checco Zalone non è bastato essere un buon comico di 'Zelig' per reggere uno spettacolo in cui intratteneva il pubblico con battute (le sue solite battute volgari ma pur comiche e divertenti), canzoni demenziali, duetti e imitazioni. La struttura del programma - ci è parso - non era all'altezza.
Nel primo special di Zalone, “Resto umile world show”, andato in onda venerdì sera su Canale 5, sono stati fatti due errori. Il primo, da parte dei media con il continuo e assillante paragone tra Checco Zalone e Fiorello e il voler trovare a tutti i costi una similitudine tra i due artisti e i rispettivi show. Il secondo l'hanno fatto Canale 5 e lo stesso Zalone.
La rete perché ha mandato in onda uno show che, per contenuti, formula, protagonista non poteva essere tale (in poche parole ha mandato allo sbaraglio il povero Zalone). Zalone perché ha pensato bastassero il successo di 'Zelig', il successo dei suoi due film e le solite battute a doppio senso per reggere uno spettacolo di questo genere, che richiede un impianto ben più studiato e accurato. Uno spettacolo caratterizzato da inesperienza, forse poco ragionato, ed una certa sopravvalutazione dell'artista, che ha travolto il “terruncello” Zalone, uscito alla ribalta alcuni anni fa come una novità assoluta con le sue divertenti imitazioni e le parodie politicamente scorrette.
Un artista che era riuscito a fare delle parolacce e della volgarità un'arte del fare ridere, solleticando il pubblico che in lui riconosce il tamarro in sonno che si trova in ognuno di noi e legittimato ad uscire allo scoperto dalle battute di Checco. E non si può negare che nello spettacolo ci fossero dei pezzi validi. L'imitazione di Vendola alle prese con i bambini che fanno domande da bambini e che Vendola considera dei disadattati, la presa in giro di Lorenzo Jovanotti e Carmen Consoli.
Ma è proprio questo uno dei problemi. Sono cose già viste. Zalone non è cresciuto ed è rimasto intrappolato nel suo personaggio, nelle sue gag, nei suoi schemi e ritmi. E quando cerca di uscirne non ha buoni risultati: riesce a far cantare “Non te la darò” a Laura Pausini (che per promuovere il suo disco ha accettato lo scherzo) secondo una formula già vista e a fare apparire Albano un artista che si diverte ad esercitare la potente voce nelle osterie in cui cantavamo da studenti alla fine della cena di classe, dopo qualche birra in più. Un conto è fare l'apertura in stile demenziale di un pezzo di Caparezza, un altro diventare una macchietta intonando “In Sardegna tornerà la fregna”.
E Zalone non è riuscito nemmeno ad andare a buon fine quando decide di mettere sotto accusa la Tv del dolore. Quell'imitazione di Michele Misseri, il quale quando gli si chiede che cosa faccia, risponde “Faccio lo zio e vado in Tv. Piango e faccio alzare l'audience”. Il messaggio era giusto, contro quei tanti programmi che entrano “violentemente” nelle case delle famiglie (molte delle quali pronte ad accoglierli per mettersi in vetrina sul piccolo schermo) ma forse mal proposto. Su questo punto, quegli stessi media che di notizie di cronaca e comparsate o dichiarazione di parenti e amici delle vittime vivono, si sono ipocritamente scatenati.
A nulla è valso a Zalone e Bisio (che gli faceva da spalla) chiedere il “sostegno virtuale” di Giorgio Gaber che nel video di sottofondo cantava “Strana famiglia” e scusarsi. Ci spiace per Zalone, comico simpatico e intelligente che ha perso una buona occasione, anche se potrà sempre contare su uno zoccolo duro di pubblico.
Gli ascolti, comunque, pur non essendo stati elevatissimi hanno tenuto. Il 22,42% di share per 5 milioni e 600mila spettatori.