Un’attenta analisi, sia pur molto personale, del nostro illustre collaboratore Dom Serafini che si chiede le ragioni per cui la vendita di La7 sia così “laboriosa”. E individua tutta una serie di risposte…
La rete Tv di Telecom Italia, La 7, é un mistero. Perde soldi senza un motivo industriale. Nessuno la vuole comprare, nemmeno scontata a 100 milioni di euro. L'audience é stranamente bassa, con uno share massimo del 4.43%. Con oltre 200 milioni di euro l'anno, i costi di gestione sono stranamente alti, come pure le perdite accumulate di 206,9 milioni.
Al confronto, una piccola rete Tv cavo, per la maggior parte sconosciuta ed anche in vendita da molti anni, come, ad esempio, Current Tv di Al Gore, con ricavi di 101 milioni di dollari, l'anno scorso ha guadagnato 12 milioni. Recentemente Current Tv é stata acquistata da Al Jazeera per una somma stimata a 500 milioni di dollari.
Le informazioni trovate per la vendita de La 7 ci hanno permesso di fare un po' di luce.
Si è detto che il contratto pubblicitario de La7 con la sua concessionaria è oneroso, pertanto ne ostacola la vendita. Ma non é cosí. La Cairo Pubblicitá (concessionaria fondata da Urbano Cairo, ex assistente personale di Silvio Berlusconi) prende in media il 35% sul lordo, ma si pensa che sia a scalare con un minimo del 30 ad un massimo del 40, a seconda della campagna e se si tratti di spot o sponsorizzazione. La concessionaria paga poi lo sconto del 15% al cliente e si accolla anche i diritti di negoziazione con le centrali media. Pertanto l'accordo é tipico e si puó rescindere pagando una penale.
Nel 2008 la Cairo fu l'unica ad assicurare a La7 un minimo garantito di 120 milioni di raccolta pubblicitaria l'anno, per uno share del 3%. Nel 2011, la raccolta pubblicitaria é stata di 168 milioni, con uno share medio del 3,8%. Nel 2012 i ricavi lordi sono stati di oltre 175 milioni, mentre le perdite nei primi 9 mesi sono state di 54 milioni. Perdite incluse dell'accumulo di 206,9 milioni.
In effetti, considerando il basso share, la rete genera una buona raccolta pubblicitaria, e l'esempio fornito da Current Tv dimostra che i profitti si possono ottenere anche con meno share.
Il fatto che La7 illumini solamente l'80% del territorio non é rilevante, perché la rete raggiunge quasi tutta la popolazione.
Allora i motivi per la mancata vendita e per le perdite sono da ricercare altrove. É possibile che le perdite forniscano un motivo strategico per renderla meno appetibile. Il che significa che il management é molto scaltro, oppure completamente incompetente. Non ci sono vie intermedie.
La scaltrezza servirebbe a non rischiare di vendere a societá vicine a Silvio Berlusconi e anche alla Telecom per tenersi le frequenze che, in un vicino futuro, potrebbero servire piú alla broadband che al broadcast.
Nel primo caso, si fa notare che dei 15 potenziali acquirenti iniziali, ne sono rimasti due: Cairo ed il Fondo Clessidra. Le offerte d'acquisto si sono aggirate dai 100 milioni (da parte della Discovery) a 300 milioni (Cairo) e a 400 milioni (Fondo Clessidra).
E qui potrebbe esserci uno dei problemi: l'acquisto di Cairo, magari con l'appoggio di Tarak Ben Ammar (parte del CdA di Telecom e socio storico di Berlusconi) e del fondo Clessidra (vicino a Berlusconi), significherebbe entrare nell'orbita delle reti Tv di Berlusconi. Sotto questo spettro, la Telecom potrebbe decidere di non vendere e di accollarsi quei 206,9 milioni di perdite.
Per meglio capire la saga de La 7 bisogna fare un piccolo riepilogo della sua storia (sempre caratterizzata da un management dubbio).
La 7 nasce nel 1974 come TeleMonte Carlo (Tmc), una rete Tv in lingua italiana con sede nel Principato di Monaco. Nel 1985 la famiglia brasiliana Marinho acquista il 90% di Tmc (il restante 10% rimane alla Rai) - per interesse particolare del promogenito, Roberto Irineu - pagando un dollaro simbolico ed accollandosi 5 milioni di dollari di debiti. Per acquistare Tmc, Globo crea una societá italiana, sposta la sede a Roma (temporaneamente a P.zza Tempio di Diana) ed estende la copertura acquistando molti ripetitori.
Un particolare: Irineu é da sempre innamorato dell'Italia, tanto che parla un ottimo italiano (la nonna paterna faceva di cognome Pisani ed era originaria da Napoli). A Roma Irineu compró casa e stabilí la sede della divisione vendita dei programmi della sua Rede Globo (la principale rete Tv del Brasile) sotto il napoletano-brasiliano Roberto Filippelli. É persino possibile che la seconda moglie di Irineu lo abbia conquistato anche perché parlava italiano meglio di lui, pur non essendo mai stata in Italia.
Nel 1990 i Marinho vendono il 49% di Tmc al Gruppo Ferruzzi e, nel 1994 cedono a Ferruzzi tutta la proprietá, dopo perdite stimate a 250 milioni di dollari, che il patriarca dei Marinho (dottor Roberto) non perdona al figlio.
In Italia, Irineu si era dapprima scontrato con la bizantina politica italiana e, secondo, aveva puntato su cavalli sbagliati per il management della rete.
Nel 1995 Ferruzzi vende Tmc al gruppo Cecchi Gori, appoggiato indirettamente da Berlusconi, tanto che i manager di Mediaset si lamentavano di dover vendere programmi a Tmc sottocosto.
Nel 2000, dopo una gestione disastrata, Cecchi Gori vende Tmc al gruppo Telecom Italia, all'epoca sotto il controllo del centro-sinistra. La nuova gestione permette a Tmc di raggiungere uno share del 5%.
Nel 2001, Tmc cambia nome e diventa La7, cioé la settima rete Tv italiana dopo le tre ciascuna di Rai e Mediaset.
Con il cambio di guardia alla Telecom, in quello stesso periodo, La7 passó sotto il controllo del centro-destra (guidato da Berlusconi) e lo share venne fatto scendere al 2%, ma con saltuari picchi al 6%. A vegliare sulla linea berlusconiana de La7 venne messo Giuliano Ferrara. Ed infatti, nel 2007, causa la cancellazione dello show 'Decameron' del comico Daniele Luttazzi, per aver criticato pesantemente sia Berlusconi che Ferrara.
Sempre nel 2007, Telecom Italia passa dalla Pirelli a Telco con Franco Bernabé come amministratore delegato (ora presidente esecutivo), e quindi, seppur La7 torni nell'area di centro-sinistra, le perdite continuano. Anzi, aumentano, a causa degli alti costi di produzione, specialmente per i talk show, costi che non si registrano neppure per realizzare quelli delle grandi reti americane. Infatti La7 offre cachet ricchissimi anche a personaggi che non sono proponibili su altre reti, quindi non sono giustificati.
Ed ecco quindi il dubbio se il management de La7 sia molto scaltro oppure, come da tradizione, incompetente.