In memoria di Gianni Borgna

Era il sociologo del Festival di San Remo e molto altro ancora. Uomo giusto, intellettuale raffinato, curioso infinito, eccellente amministratore pubblico… maltrattato dalla politica partitocratica.

È morto, nella notte tra il 19 ed il 20 febbraio, a Roma, all'età di 66 anni, Gianni Borgna: musicologo, sociologo, mediologo, culturologo, politico. Conosciuto dai più per essere stato il più longevo (13 anni, dal 1993 al 2006) assessore alla cultura di un'amministrazione comunale italiana, e per essere stato il 'sociologo d'avanguardia' del Festival di San Remo, appassionato e serio studioso della musica popolare italiana.
Il suo saggio 'La grande evasione. Storia del Festival di San Remo. 30 anni di costume italiano', pubblicato nel lontano 1980, è ormai un classico della culturologia pop.

L'immagine immediata che mi viene in mente, evocando Gianni Borgna, è 'persona buona', ma non nell'accezione spesso negativa che finisce per avere la formula ('buona', e quindi, in un mondo di lupi, un po' fessa). Altra espressione efficace è 'persona giusta', senza necessariamente evocare l'immagine cara agli ebrei (ma certamente Gianni, se avesse vissuto personalmente quella fase terribile della storia, sarebbe stato un 'giusto' e forse anche un 'giusto tra le nazioni').

Chi scrive queste note ha avuto l'onore ed il piacere di collaborare con Gianni per diversi anni, quando era Assessore alla Cultura (rectius: 'alle Politiche Culturali') del Comune di Roma, e soprattutto di esserne amico: Borgna ha dato fiducia ad IsICult ed ha commissionato corpose ricerche di analisi critica sulla politica culturale dell'amministrazione capitolina (le prime mai realizzate in Italia), di cui purtroppo sono stati divulgati soltanto alcuni estratti: rimando al volume scritto assieme, e con Carlo Fuortes e Roberto Grossi e Franco Ferrarotti, 'Capitale di cultura. Quindici anni di politiche a Roma', per i tipi di Donzelli, edito a fine 2008.

Posso sostenere, senza timore di smentita, che Gianni Borgna è stato tra i pochissimi politici ed amministratori che hanno voluto conoscere la vera verità del sistema culturale, che è economia oltre che politica, che è gestione del budget oltre che strategia di indirizzo, che è struttura oltre che sovrastruttura. Se molti pubblici amministratori della cultura italiana ­ soprattutto a livello nazionale ­ fossero stati come lui, il sistema dei finanziamenti pubblici del nostro Paese sarebbe stato trasparente ed efficiente (il che ancora non è, e siamo costretti ad invidiare Francia e Regno Unito e Germania, e finanche Spagna).

Confesso un senso di colpa specifico, e me ne vorrei liberare facendo pubblica ammenda (e chissà se mai questo segnale arriverà a Gianni in una qualche dimensione ultraterrena...): da oltre un anno, avevamo pensato di scrivere un libro a quattro mani, sui tanti disastri della (non) politica culturale. Gianni si era mosso con Laterza, io con Marsilio, ed avevamo redatto anche una proposta editoriale, che era stata ben accolta. Laterza aveva chiesto la redazione di un capitolo, cui pure non abbiamo poi mai più messo mano.

La malattia che ha colpito Gianni (un male crudele, verrebbe da dire se l'aggettivo non fosse stereotipato, e beffardo) che lo ha costretto a ridurre il suo dinamismo, bloccandolo tra le pareti di casa) non aveva certo ridotto la sua enorme curiosità intellettuale, ed anzi ci eravamo detti, qualche settimana fa, scherzosamente, che proprio la detenzione domestica cui era costretto avrebbe potuto stimolare la scrittura del libro che ci eravamo ripromessi.

Qualche tempo fa, leggendo un'intervista molto benevolente all'assessora alla cultura del Comune di Roma, Flavia Barca (anni fa ricercatrice di IsICult e successivamente, fino a pochi mesi fa, Coordinatrice dell'Istituto di Economia dei Media - Iem della Fondazione Rosselli) su 'il Sole 24 Ore', mi aveva detto: “ma, di grazia, qualcuno dovrà pur ricordare che alcune delle iniziative annunciate da Barca come... innovative sono in verità state ben avviate durante il mio periodo assessorile!” (inclusa l'esigenza di un sistema informativo trasparente nella gestione del danaro pubblico), e mi propose di scrivere un articolo per “l'Unità”, che alla fin fine ­ causa scetticismo e depressione per lo scenario in essere (nazionale e locale) ­ , non ho redatto...

Molti, in queste ore e nei prossimi giorni, scriveranno della grave perdita e del vuoto incolmabile, e si accoderanno a rituali ipocriti di tardiva e postuma celebrazione. Grande è la mia perplessità, dato che tra coloro che ora si dichiareranno estimatori ed amici ci sono sicuramente (già immagino i nomi...) anche coloro che avevano contribuito a relegarlo, negli ultimi anni, ad un ruolo purtroppo marginale nel panorama politico-culturale italiano. La decisione di Veltroni di ritirarsi dall'agone politico (almeno dalla prima linea) aveva determinato anche un 'indebolimento' (nell'ottica partitocratica) di Borgna, sebbene Gianni avesse sempre mantenuto una grande autonomia, e ritengo nessuno potesse classificarlo come veltroniano organico (ricordo peraltro che la prima esperienza assessorile di Gianni risale a Rutelli Sindaco, dal 1993 al 2001).

Al di là dei percorsi di Veltroni, senza dubbio Borgna è stato maltrattato dal Pd. E lui stesso era amareggiato: Gianni non è andato a votare alle primarie, e mi scrisse che Renzi non l'avrebbe mai votato, e comunque era rattristato dai 'soliti pupari' che manovravano alcune dinamiche del partito. Nell'ottobre del 2013, Borgna mi scriveva: “Quanto alla politica, io che l'ho fatta sul serio e ad essa ho praticamente sacrificato la mia vita, non so più se oggi devo ridere o devo piangere”. Ciò basti.

Borgna aveva una mente che poteva ben essere utilizzata al meglio come 'policy maker', a livello nazionale e locale, e che invece è stato costretta a dedicarsi, negli ultimi tre anni (dopo l'esperienza come Presidente di Musica per Roma, dal 2006 al 2011), soprattutto ad esplorazioni intellettual-artistiche (soltanto pochi mesi fa, ha presentato il film 'Profezia. L'Africa di Pasolini'; tra qualche settimana, si inaugura una sua mostra su Pasolini al Palexpò di Roma, che è stata già in alcune capitali d¹Europa; si ricordi anche l¹ottimo saggio 'Una lunga incomprensione, Pasolini tra destra e sinistra', scritto col destrorso Alberto Baldoni...): degnissime attività, naturalmente, così come alcune sue sortite giornalistiche (spesso su l'Unità), ma meno preziose di quel che avrebbe potuto fare come amministratore pubblico.

Ritengo che avrebbe potuto essere un buon assessore anche per il sindaco Marino, grazie al bagaglio di un'esperienza unica in Italia (per qualità e durata: l'assessore alla cultura più longevo d'Italia) e della capacità di far incontrare culture 'alte' e 'basse', anche nel rapporto con i media (Gianni è stato anche regista di alcuni documentari cinetelevisivi). Marino ha invece preferito la neofita (come amministratrice pubblica) Barca, ed i risultati, deludenti, sono sotto gli occhi di tutti, con buona parte della comunità culturale romana che invoca le dimissioni ed i processi decisionali della politica culturale capitolina tutti sostanzialmente in stallo.
Talvolta, il 'nuovismo' a tutti i costi produce effetti deleteri. E temo che la dicotomia esasperata 'giovane/vecchio', tanto cara al 'rottamatore' Renzi, sia proprio un grave errore.

Ed è meglio stendere un velo di pietoso silenzio su chi, qualche settimana fa, ha osteggiato una possibile nomina di Gianni nel consiglio di amministrazione del Teatro di Roma (ruolo che comunque sarebbe stato poca cosa, rispetto alle potenzialità di Borgna), adducendo la necessità di mantenere le distanze da un 'modello Roma', che pure avrà avuto i suoi difetti, ma non sembra sia stato finora eguagliato, nella capacità di ossigenare il tessuto materiale e immateriale della Capitale: ci piacerebbe vedere il capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà nel Consiglio Comunale di Roma, Gianluca Peciola, proporre un amministratore pubblico all¹altezza di Borgna...

Io desidero semplicemente testimoniare ­ insieme a tanti altri ­ che Gianni Borgna è stato intellettuale raffinato, persona umanamente squisita, e politico di professione nell'accezione migliore del termine: una persona ironica e mite, in grado di ascoltare, di condividere, di elaborare in comunione intellettuale, cultore di una dialettica appassionata... Sincero, poi: rara dote in un mondo, quello dei 'politici di professione' appunto, nel quale il doppiogiochismo è caratteristica diffusa e prevalente...

Concreto e fattivo: ha colto molto dell'esperienza nicoliniana ed ha in qualche modo reso stabile l'effimero, facendo passare l'Estate Romana da precaria a permanente (con tutte le contraddizioni interne del caso)...
Eterodosso e trasgressivo: ricordiamo che è stato tra i primi a 'sdoganare' la cultura di destra in Italia, che una visione manichea aveva costretto ai margini del dibattito politico nazionale per troppi decenni... Trasgressivo (e post-moderno) anche nel cercare di dare dignità accademica ­ come è giusto che sia ­ alle 'canzonette', anch'esse per troppi decenni in Italia considerate un sottoprodotto della cultura: ricordiamo che Borgna è stato tra l'altro il maggior studioso di quel fenomeno di costume nazionale (nazionalpopolare) che è ancora oggi il Festival di Sanremo. Qualcuno ha osservato l¹amara coincidenza della morte di Gianni con l'edizione n° 64 della kermesse.

L'ultimo lavoro realizzato assieme risale a quasi due anni fa: lui diresse ed io coordinai un documento frutto di una lunga discussione, promosso dalla Fondazione Democratica - Scuola di Politica. Il documento fu poi presentato il 25 maggio 2013, in un pubblico dibattito, da Veltroni e Borgna ad Ornaghi, ma certamente non fu in grado di stimolare un'accelerazione neuronale del soporifero allora ministro. Veltroni aveva quindi pensato di ri-presentare gli 'Appunti e proposte per un'Agenda della Cultura' direttamente al premier Monti, ma poi ci fu una crisi di governo e l'iniziativa sfumò.

In quegli appunti, così come nell'ultimo libro di Gianni ­ le recenti memorie della sua esperienza assessorile, 'Una città aperta', per i tipi di Audino ­ si ritrovano le sue ancora validissime idee per una politica culturale moderna e plurale, trasparente ed efficiente.
Sarebbe stato un ottimo Ministro della Cultura.

Da cittadino, oltre che da amico, rimpiango che questo nostro Paese malato non gli abbia concesso questa chance. Il suo partito non l'ha mai premiato nemmeno con un seggio parlamentare. Gianni aveva soltanto 66 anni: è triste dover cancellare il suo numero di cellulare dall'agenda telefonica e dall'address book della posta elettronica. Mancherà a molti. Resta la memoria, restano i suoi scritti. Da rileggere, per farne tesoro.

(ha collaborato Elena D'Alessandri)

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell'Istituto italiano per l'Industria Culturale ­ IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica Osservatorio IsICult Millecanali su 'Millecanali'.

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