Interessanti dati dall’Agcom

L’Autorità di Cardani ha presentato i risultati dell’indagine conoscitiva su internet e pubblicità online. I ricavi lordi di Google in Italia oscillerebbero tra 500 e 750 milioni di euro.

È stata presentata lo scorso venerdì 21 febbraio, presso la sede romana dell'Autorità per le Garanzie per le Comunicazioni, l'“Indagine conoscitiva sul settore dei servizi internet e della pubblicità online”, un denso studio (oltre 200 pagine, ricco di decine di tabelle e schemi, strutturato in ben 648 paragrafi) sul funzionamento dell'ecosistema di internet, finalizzato sia alla comprensione degli assetti competitivi dei vari settori della filiera, sia ad uno sguardo di insieme sull'intero ecosistema e le sue criticità. Lo studio, di approccio accademico-teorico ma con visione anche empirica, è il risultato di una delibera assunta dall'Agcom a fine gennaio 2013.

“Non è nostra intenzione ingabbiare internet, scendere come falchi sul web e farne scempio”. Queste le parole di apertura di Angelo Marcello Cardani, Presidente dell'Agcom dal giugno 2012, dettate probabilmente dal desiderio di mettere a tacere le numerose polemiche suscitate dalla recente approvazione del Regolamento per la tutela del diritto d'autore online, che entrerà in vigore il prossimo 31 marzo (ricordiamo en passant che l'Associazione Nazionale Stampa online - Anso, la Federazione dei Media digitali indipendenti - Femi ed Open Media Coalition hanno presentato ricorso al Tar, avvalendosi della consulenza - tra gli altri - dell'avvocato Guido Scorza). “Internet - ha quindi proseguito - è il mondo della libertà, ed è in continua espansione. La sua libertà non va discussa, anche se occorre tutelare anche gli interessi del mondo tradizionale. Ed è più facile farlo avendo cognizione dei punti di contatto che sussistono tra le due sfere”.

È proprio da questa necessità, per l'appunto “conoscitiva”, che è stata promossa l'indagine su internet e la pubblicità online, condotta da due qualificati dirigenti del settore Analisi dei mercati, Concorrenza e Studi dell'Agcom, Antonio Perrucci e Marco Delmastro, che da anni studiano questi mercati mediali con competenza e con passione.

Il Commissario Antonio Martusciello, prendendo la parola subito dopo Cardani, ha esordito citando il motto “conoscere per deliberare” di einaudiana memoria, per enfatizzare la sete di conoscenza ben espressa dal Presidente. Il corpus dell'analisi - ha proseguito il Commissario - si focalizza su tre obiettivi: tutela del pluralismo dell'informazione, della concorrenza e delle garanzie per gli utenti.

Il panel di presentazione della ricerca ha previsto interventi di Antonio Nicita (Commissario Agcom), Luca Becchetti (Università di Roma “La Sapienza”), Francesco Sacco (Università degli Studi dell'Insubria), Marco Gambaro (Università di Milano), Luca De Biase (Nova - Il Sole 24 Ore). Moderatore Marco Mele, colonna de “il Sole 24 Ore”.

Se - secondo un sondaggio demoscopico che Agcom ha affidato, nell'economia dell'indagine, a Swg - la Tv è ancora il media mainstream per quanto riguarda la modalità degli utenti di informarsi (83%), internet ha ormai raggiunto il livello dei quotidiani (42% per il primo, a fronte del 45% per i secondi), soprattutto per la ricerca di notizie inerenti l'attualità internazionale e nazionale.

Si ricorda che i servizi online possono essere considerati - secondo la dottrina economica - mercati cosiddetti “a più versanti”. Se, da una parte, infatti offrono servizi gratuiti, dall'altra li monetizzano attraverso la pubblicità, facendo del mezzo pubblicitario l'elemento competitivo per eccellenza. Il rischio è quello di assetti di mercato fortemente concentrati ed ancor più di derive monopolistiche frutto della pericolosa parabola in base alla quale “the winner takes all”.

La pubblicità online in Italia - peraltro unica fetta del mercato pubblicitario in controtendenza rispetto alla crisi dilagante di tutti gli altri media - ormai vale 1,5 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto al 2009.
Antonio Perrucci ha definito quindi internet un “ecosistema”, ovvero un ambiente in cui convivono specie differenti, alcune mai viste prima (gli “ott” ovvero gli “over-the-top”), altre preesistenti che stanno subendo processi di ibridazione (broadcaster, tlc). Quel che è emerso dall'analisi effettuata ha messo in luce che le posizioni dominanti non sono un fenomeno raro in questo nuovo scenario, ma anzi ne costituiscono un'evoluzione quasi naturale.

Chi deve intervenire? Che cosa determina le posizioni dominanti? Certamente le innovazioni di prodotto e di processo - ha risposto Perrucci - , convinto peraltro che, se non servono capitali per far nascere nuove realtà in rete, il loro consolidamento richiede comunque risorse nell'ordine di miliardi di euro.
In questo nuovo scenario - ha evidenziato Perrucci - le posizioni dominanti sono però transitorie, ovvero vengono, nel giro di pochi anni, scalzate da altri, nuovi soggetti dominanti. C'è spazio, si domanda ancora, per la regolazione “ex ante”? E, in questo ecosistema, quali sono gli impatti della regolazione sui mercati tradizionali? Perrucci infine si è chiesto se abbia ancora senso tenere separati il “Codice delle Comunicazioni Elettroniche” e il “Testo Unico sui Servizi Media Audiovisivi”.

Marco Delmastro, con piglio vivace, ha illustrato la struttura dell'indagine, articolata in cinque capitoli. Il primo capitolo si occupa del funzionamento di internet, il secondo si rivolge alla domanda, mentre terzo, quarto e quinto sono dedicati rispettivamente a servizi orizzontali, verticali e pubblicità online. Per capire internet, è fondamentale comprendere “dove siamo”, ha proseguito Delmastro. L'Italia ha una penetrazione del 53%, a fronte di una media Eu del 51%, dei “Big5” europei del 59% e degli Usa del 71%. Fattori di inclusione/esclusione non sono soltanto le reti - come è emerso chiaramente dall'indagine - ma giocano un ruolo essenziale fattori socio economici e motivazionali degli utenti.

Per quanto riguarda l'informazione in rete, l'analisi Swg per Agcom (realizzata su un campione ben ampio di 10mila soggetti) ha rivelato come Google rappresenti il primo sito in Italia per informarsi (lo utilizzano il 21,5% degli utenti web). Facebook si colloca in quinta posizione con circa il 7% degli utenti, mentre i quotidiani online complessivamente raccolgono il 36% dei navigatori.

Certamente va riconosciuto all'Autorità il merito di questo lavoro, che aiuta a mettere in luce il senso e le direzioni delle modificazioni in atto. È stato peraltro ricordato che il contributo di internet all'economia, nel 2016, sarà superiore al 3% del Pil, ovvero pari a circa 60 miliardi di euro, ma rispetto a queste stime è bene sempre procedere con i piedi di piombo.

Il corposo studio dell'Agcom merita naturalmente una lettura approfondita e tempo per ragionare su queste cifre ed analisi. Emerge però piuttosto chiaramente che esistono diversi livelli e piani sui quali i processi di concentrazione tipici di internet tendono ad intersecarsi: da una parte va indubbiamente esplorato il “follow the money approach” - che ultimamente sembra l'unica vera “governance” di internet - , dall'altro certamente rilevano i rischi insiti nei processi di esclusione o di razionamento digitale che possono provocare nuove distorsioni dell'intero ecosistema. E proprio rispetto a questi processi sarà utile chiedersi se le Autorità pubbliche possano avere un qualche ruolo pro-attivo di controllo o di opposizione.

Va precisato infine che non sono stati oggetto di analisi competitiva sia tutta la parte filiera afferente le reti di comunicazione elettronica (su cui l'Agcom è più volte intervenuta), sia i servizi audiovisivi online, sui quali l'Agcom segnala che è stato avviato uno specifico approfondimento. Stupisce comunque osservare che sono stati utilizzati e citati alcuni studi certamente validi anche se alcuni di parte (esemplificativamente le valutazioni di Boston Consulting Group sul valore di internet, a cominciare dalla ricerca “Fattore internet. Come internet sta trasformando l'economia italiana”), ma è stata ignorata un'indagine fondamentale, che proponeva una lettura piuttosto critica del rapporto tra media ed internet, promossa da Mediaset e realizzata dal centro di ricerca indipendente Istituto italiano per l'Industria Culturale - IsICult, “Italia: a Media Creative Nation”, presentata nell'ottobre 2011 (con intervento - tra gli altri - dell'allora Presidente Agcom Calabrò).

Altresì dicasi per l'importante ricerca realizzata da e-Media Institute, “Creative Media Europe. Audiovisual Content and Online Growth”, commissionata dall'Act - Association of Commercial Television in Europe nel marzo 2012...
E forse sarebbe stato interessante un approfondimento sul “time budget” dedicato dagli italiani alla fruizione mediale.

Opinabile, infine, la scelta di occultare i dati relativi alle quote di mercato degli operatori della raccolta pubblicitaria online in Italia: una delle tabelle più interessanti del report, a pag. 184, brilla per “omissis” evidenziati. Per quanto riguarda Google, ci si limita ad indicare una prudente quota di mercato... “40-60%”, un campo di oscillazione in verità assai ampio. E mancano ovviamente i valori assoluti, se non il totale di 1.256,50 milioni di euro per l'anno 2012: Google, avrebbe quindi in Italia tra 503 e 754 milioni di euro di ricavi, da questo business.

Crediamo che, in casi come questo, l'interesse pubblico alla conoscenza debba prevalere sulle ragioni aziendalistiche e sulla correlata privacy, anche rispetto all'auspicata promozione della più trasparente libera concorrenza. I ricavi netti sarebbero stati invece di 983 milioni di euro, per cui circa 274 milioni di euro sarebbe la somma “retrocessa” nell'anno 2012 da Google & Co. ai proprietari dei siti web.

Da segnalare infine che lo studio ha provocato l'attenzione di alcuni quotidiani nazionali (da “la Repubblica” al “Corriere della Sera”) a differenza di quel che era avvenuto per un altro corposo studio presentato, stranamente un po' in sordina, un mese fa, il “Libro bianco su media e minori” (che aveva suscitato, incredibilmente, soltanto l'interesse di “Avvenire”: vedi, su queste stesse colonne, l'articolo di Angelo Zaccone Teodosi del 28 gennaio scorso: “500 pagine di ricerca scritte sulla sabbia?”).

Pubblica i tuoi commenti