L’Autorità Antitrust affronta la delicata tematica della tutela del pluralismo nell’epoca di internet.
“Tutela del pluralismo nell'epoca di internet”: questo l'argomento dell'incontro promosso dall'Autorità Antitrust italiana nel pomeriggio di mercoledì 29 maggio a Roma.
In una sala non particolarmente affollata, alcuni autorevoli speaker (tutti giuristi) si sono riuniti per discutere del delicato tema del pluralismo, che, con l'avvento di internet, sta vivendo una rivoluzione radicale, che si rispecchia anche nelle modalità di “misurazione” del pluralismo stesso: una mutazione così profonda che alcuni si domandano addirittura se la misurazione, in questo rinnovato scenario, abbia più senso.
Dalla kermesse sono emersi interessanti spunti, ma anche un quadro discretamente confuso: molte domande, poche risposte.
Ad aprire il pomeriggio, il Presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Giovanni Pitruzzella, che ha subito riproposto la ben nota dicotomia “libertà” vs “censura”, messa in campo dalle opposte fazioni, fin dall'avvento della rete. Tema - come lo stesso Pitruzzella ha ricordato - emerso con prepotenza anche nel corso del workshop Agcom dedicato al diritto d'autore online tenutosi il 24 maggio presso la Camera dei Deputati. Si ricorda - en passant - che, secondo alcuni osservatori, è sempre latente una sorta di “conflitto di interessi”, ovvero di competenze, di giurisdizione, tra le due autorità, dato che concetti come “concorrenza” e “pluralismo”, nella politica e nell'economia dei media, sono intimamente intrecciati ed ancor più con l'avvento di internet.
Come spesso abbiamo avuto occasione di ascoltare nella convegnistica su queste materie, insieme ad internet - oltre al problema della difesa dei contenuti editoriali (il diritto d'autore, i modelli di business) - torna in campo la disparità di trattamento tra chi opera nel mondo “reale” e chi invece vive nel “virtuale” ovvero nella rete, problema che trova una declinazione anche nell'opposizione “telco” / “ott”, laddove i primi sono soggetti ad obblighi di investimento infrastrutturali, a differenza dei secondi (che sembra vivano giustappunto in un immateriale “mondo parallelo”)…
Taluni, come Stefano Rodotà, si dichiarano convinti sostenitori di un presunto “diritto alla connessione”, concepito come un diritto sociale fondamentale, al pari dell'educazione o della salute: Tommaso Edoardo Frosini ha ribadito queste tesi durante il convegno Agcm.
Pitruzzella, dal canto suo, ha dichiarato di abbracciare posizioni più prudenti e conservatrici, restando convinto che l'introduzione di nuovi diritti spesso determini confusione e conflitto rispetto a quelli preesistenti ed ai novelli acquisiti.
Paolo Caretti, dell'Università degli Studi di Firenze, è stato chiamato a moderare il tavolo successivo, per quanto in apertura si sia dichiarato - con grande onestà intellettuale - inadeguato a tale compito, non avendo particolare familiarità con internet. Il web - ha sostenuto - spesso viene concepito come uno “spazio pubblico”, “lo spazio delle libertà”, e, talvolta, anche la giurisprudenza si è schierata in tal senso.
Citando Karl Schmidt: “la terra è il luogo del diritto, il mare il luogo della libertà”. Adattando questa affermazione al contesto contemporaneo, internet diviene quindi il mare (virtuale) degli internauti: va però sfatato - ha aggiunto - questo mito, perché l'esperienza degli ultimi anni ha dimostrato a chiare lettere che internet è spesso luogo di scontro di interessi diversi, e richiede anche regolazione.
Gli scontri sono talvolta tra poteri pubblici ed interessi privati, come nel caso dello Stato cinese “versus” Google. Internet è quindi un coacervo di problematiche di natura anche costituzionale, laddove il riferimento, invece che essere agli Stati nazionali, finisce per essere ai grandi soggetti privati multinazionali.
Il punto cruciale è però proprio su come procedere alla regolazione. Ci si può servire delle solite categorie? Forse la soluzione può risiedere in una “soft law” dei soggetti coinvolti nella rete, ovvero la costruzione di un diritto che si forma attraverso il contributo dei soggetti della rete che si sono dati delle regole, in assenza di legami con le autorità di regolamentazione.
La tutela del pluralismo come deve essere intesa? Come “pluralità di soggetti” o “pluralità di contenuti” che arrivano all'utente finale?
Filippo Donati, dell'Università degli Studi di Firenze, chiamato a parlare di “Internet è il principio costituzionale del pluralismo informativo”, ha aperto il suo intervento sostenendo che l'incontro promosso da Agcm dovesse inteso come un'opportunità per intraprendere un nuovo percorso di ricerca ed analisi. Il problema del pluralismo, così come affrontato per i media tradizionali, non può essere esteso ad internet, dove la scarsità di risorse trasmissive non esiste, e dove gli utenti diventano interattivi. Internet scompagina infatti anche la relazione editore-utente.
Quali dunque gli strumenti per garantire il pluralismo nell'era di internet? Si registrano grandi difficoltà ad estendere gli strumenti tradizionali al web, e altrettanta difficoltà nel reperire (costruire) una nuova strumentazione di controllo e misurazione. L'Agcom - ha proseguito - nel 2011 ha stimato, facendo proprie dati della Commissione Europea, il valore delle transazioni delle informazioni in seno all'Ue pari a 390 miliardi di euro. Il “mercato delle idee”-- come è stato definito dalla stessa Commissione - è un mercato che influisce direttamente sull'assetto democratico, e quindi sulla circolazione di idee e notizie. Non è pertanto applicabile a questo mercato la disciplina classica “antitrust”, perché gli abusi non debbono essere puniti, bensì sostanzialmente prevenuti. “Ex ante” versus “ex post”. In questo scenario, il rispetto del pluralismo diventa fondamentale, considerato che la riduzione del pluralismo va a determinare il rischio di un indebolimento della stessa democrazia europea. Proprio per questo la tematica è diventata anche di interesse specifico dell'Ue.
In questo scenario nuovo, come garantire, quindi, il pluralismo del mondo delle idee?
Verso la fine degli anni Ottanta del secolo scorso, s'è diffusa una differenziazione tra “pluralismo esterno” (che rimanda ad una pluralità di contenuti) e “pluralismo interno” (inteso come pluralità di operatori all'interno del mercato). È proprio a quest'ultimo che sono stati applicati “tetti”, ovvero limiti in termini di quantità di reti e di risorse (con il “Sic” italiano, ad esempio, attraverso un divieto di superare un “tetto” - di risorse economiche - per evitare posizioni dominanti in uno dei mercati definiti rilevanti).
Per quanto riguarda l'accesso, ci si domanda se il non ammettere posizioni dominanti possa essere applicato ad internet (si ricorda che, nell'ultimo anno, l'Agcom ha promosso un'indagine conoscitiva sulla pubblicità online e internet). E poi Donati si è posto giustamente un quesito: la “posizione dominante” di internet è tale rispetto a cosa? Agli utenti connessi? Alle risorse raccolte?
Anche il ruolo degli intermediari appare di difficile inquadramento.
Ad esempio, YouTube non è un produttore di contenuti (non finora almeno, anche se...), ma soltanto una piattaforma a disposizione di chi fornisce e riceve. La tutela dell'utente diventa il cuore pulsante per la garanzia della libera informazione.
Tommaso Edoardo Frosini, dell'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ha parlato de “il diritto di accesso ad Internet”, sostenendo con convinzione che da sempre le nuove tecnologie hanno contribuito allo sviluppo maggiore delle libertà: “l'utilizzo delle tecnologie favorisce la crescita, la libertà e l'acquisizione di nuovi diritti, tra cui il diritto all'accesso”.
Nel 1981 - ha ricordato - è stata introdotta la dottrina della “libertà informatica”: con internet, questa libertà si trasforma in una richiesta di libertà di accedere, fruire, comunicare con chi si vuole. Diventa libertà di trasmettere e ricevere. Citando Rafkin, “il diritto a non essere esclusi acquisisce in questo scenario una maggiore importanza”. Questo diritto può essere scorporato in diritto di “accesso al contenuto” e diritto di “accesso al mezzo”.
La libertà di espressione, nel mondo della rete, diventa possibile soltanto attraverso la libertà di accesso. Pertanto, senza l'accesso, si determinerebbe una situazione di privazione del diritto di manifestare il proprio pensiero. L'articolo 21 della Costituzione esprime e tutela la libertà di informazione. Il diritto di accesso quindi va concepito come diritto sociale, fondamentale, nonostante sollevi problemi di investimento, che deve dunque essere statale, all'interno di scelte di spesa pubblica, nell'ottica di un percorso che miri alla costruzione di una cittadinanza digitale.
“Alcuni Paesi hanno addirittura operato delle modifiche costituzionali per garantire la libertà di accesso. In altri contesti, come la Finlandia o il Perù, sono state ideate leggi apposite per garantire l'accesso. Alcune corti costituzionali infine avvalorano l'ipotesi secondo la quale questo diritto vada rinvenuto nelle maglie della Costituzione”.
Se il “diritto di accesso” è tale (di rilievo costituzionale, cioè), accedere ai servizi di comunicazione in linea non deve essere esclusivo e costoso, perché questo andrebbe a determinare un'esclusione della cittadinanza e una privazione del diritto stesso.
Oreste Pollicino, dell'Università Bocconi di Milano, nell'intervento intitolato “Tutela del pluralismo in internet: il ruolo degli operatori”, si è interrogato sulla differenza tra “prima” e “dopo”, ovvero tra la precedente situazione di scarsità di risorse ad una situazione di risorse illimitate: “come incide questo passaggio sul pluralismo? La pubblicità online, ad esempio, è stata recentemente inserita nel perimetro del 'Sic', ma... in nome della tutela dell'antitrust, in nome della tutela del... pluralismo, o per entrambe?!”. Ed ha proseguito con un incalzare di domande: “i motori di ricerca hanno un'irrilevanza assoluta rispetto ai principi di pluralismo, non operando alcun controllo sui contenuti e sulle attività editoriali? E gli “ugc” (“user generated content”) incidono sul pluralismo o solo sulla concorrenza?”.
Unico “discussant” (data l'assenza del pur annunciato Marco Gambaro, economista dei media, titolare della società di consulenza Simmaco ed autore di una indimenticata ricerca sulla Televisione commissionata qualche anno da Agcm), Salvatore Sica dell'Università degli Studi di Salerno, il quale si è dichiarato solo parzialmente d'accordo con quanti lo hanno preceduto. Si è dichiarato convinto che molti degli attuali strumenti a tutela del pluralismo possano mantenere una loro validità anche nell'universo internet. La prima categoria che salta, con internet, è la distinzione tra “pubblico” e “privato”, ironizzando (riferendosi all'impossibilità di un controllo ferreo del flusso informativo presente in rete): “neanche un dittatore riesce più a fare il suo mestiere!”. Ha dunque insistito su un'idea di “technical disclosure”, anche perché, il progressivo controllo della vita degli individui messo in atto da internet è più rilevante ed urgente del resto.
È quindi intervenuto Roberto Zaccaria, professore di Diritto Costituzionale all'Università di Firenze (ex Presidente Rai ed ex parlamentare del Pd), dalla platea, in tono duro e polemico. Per quanto attiene alle modifiche dell'articolo 21, si è dichiarato fortemente scettico, non ritenendo si debba procedere a modifiche di questo articolo della Costituzione, per quanto riguarda internet. Per quanto attiene alla questione del diritto d'accesso, ha manifestato posizioni allineate a quelle del Presidente Pitruzzella, ed infine, per quanto riguarda il diritto all'informazione “pieno”, ha sostenuto ci sia ancora molta strada da fare: “in Italia, non c'è mai stato un vero pluralismo, e si è sempre ricorsi a norme ex post”. Infine, si è dichiarato contrario rispetto alla tesi secondo la quale “gli altri media” siano superati, e che quindi, se il pluralismo c'è su internet, e non c'è sugli altri mezzi, vada tutto bene...
Caretti, in chiusura, ha proposto un “libro bianco” su queste tematiche, di concerto con l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Pitruzzella ha colto al balzo la proposta, chiedendo agli speaker di partire proprio dalle loro odierne relazioni. Premesso che, secondo alcuni, anche Agcom dovrebbe avviare un nuovo “libro bianco” (sul diritto d'autore online), questa iniziativa potrebbe essere una delle prime attività congiunte delle due autorità.
Si ricorda peraltro che il 22 maggio, Agcom e Agcm hanno siglato un “protocollo d'intesa”. Si legge nelle premesse: “ai sensi delle rispettive leggi istitutive, l'Agcom è preposta alla promozione della concorrenza attraverso la regolazione dei settori delle comunicazioni elettroniche e dei servizi postali, alla tutela del pluralismo e dell'utenza nel settore dei servizi media audiovisivi, radiofonici, alla tutela dell'utenza nel settore delle comunicazioni elettroniche nonché all'applicazione della normativa in materia di editoria, e l'Agcm è preposta alla tutela della concorrenza e del mercato, alla tutela dei consumatori ai sensi del Codice del Consumo di cui al decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005 e successive modifiche; l'Agcom e l'Agcm esercitano funzioni tra loro complementari, in ciò perseguendo interessi convergenti, ossia lo sviluppo e il mantenimento di adeguati livelli di concorrenza nei mercati e la tutela degli interessi dei consumatori; la suddetta convergenza di interessi comporta, nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza delle rispettive funzioni, la necessità di instaurare rapporti di cooperazione per coordinare e rendere più efficace l'esecuzione dei rispettivi mandati istituzionali”.
Da segnalare che, nonostante il buon livello qualitativo dell'iniziativa Agcm (di approccio specialistico, ma stimolante anche per i non esperti), essa non abbia registrato alcuna ricaduta mediale: zero articoli nelle rassegne stampe dei quotidiani (incredibile ma vero), e nessuna traccia sul web (questo articolo per l'edizione web di “Millecanali” ha quindi la pretesa di essere quasi un'esclusiva). Infine, divertente osservare (o deprimente, faccia il lettore) come su Twitter sia emerso un commento (veritiero) circa la kermesse: “Pluralismo all'epoca di internet, ma non pluralismo di genere. Solo relatori maschi (!?!)”.