Nel convegno organizzato da Business International all’Auditorium di Roma, tante esperienze professionali e le esortazioni del Ministro Urbani. Ma i ritorni saranno “indiretti”…
L'interessante workshop organizzato in aprile da "Business International" a Roma ha consentito, ancora una volta, di comprendere come, in Italia, purtroppo, "cultura" e "comunicazione" siano ancora assai isolate. In effetti, esisterebbe un'enorme potenzialità di rapporti (comunicazionali ma anche economici) tra la rete delle emittenti televisive locali (e finanche le radio), il sistema dei beni culturali nazionali (musei, siti archeologici) e il sistema dello spettacolo (si pensi alle centinaia di compagnie teatrali "locali"...).
Eppure, non c'è nessun cenno di questo rapporto possibile, delle enormi sinergie che potrebbero venirsi a creare, nelle politiche culturali e nelle politiche mediali italiani.
Peraltro, al di là di questo matrimonio mancato, la situazione complessiva dell'economia della cultura, in Italia, è sconsolante.
Lo 0,17%: questa è la quota del prodotto interno lordo che spetta ai beni ed alle attività culturali, nel Paese che ne è il più ricco (anche secondo statistiche Unesco) al mondo. Tanta strada è stata fatta dal 1993, quando la legge Ronchey aprì le porte dei musei alla gestione privata dei "servizi aggiuntivi".
Ma coi panini e le magliette nei bookshop dei musei in pochi hanno sbarcato il lunario e cresce ora l'esigenza di un intervento privato realmente "progettuale" nella gestione delle attività culturali.
Wind, Enel, Illy hanno raccontato la loro esperienza, il sostegno a iniziative culturali che hanno provocato positive ricadute sul marchio (misurabiliO non precisamente, ma percepibili sì). Anna Maria Buzzi, dirigente del Ministero responsabile dei new business, ha illustrato tutta la normativa disponibile per la deducibilità fiscale degli investimenti in cultura. Introdotta nella finanziaria dell'anno 2000 (per volontà dell'allora Ministro Melandri), il provvedimento ha avuto applicazioni concrete solo nel 2001, con un regolamento apposito: si tratta di una deducibilità completa dal reddito di impresa delle erogazioni liberali. Quindi, di fatto, un'impresa può effettuare - attraverso un'erogazione liberale - un'operazione promozionale e comunicazionale (a mo' di sponsorizzazione culturale) che le viene considerata a tutti gli effetti come costo, e le consente quindi di ridurre l'imponibile fiscale. Buzzi ha spiegato che l'ammontare di 139 milioni di euro per le "erogazioni liberali", così come stabilito dall'articolo 38 della legge 21 novembre 2000 n. 342, modificata dal decreto del Ministro Urbani del 2 ottobre 2002, è stato sfruttato per soli 16 milioni di euro nel 2001, scesi a 14 nel 2002 (il 10 %): 135 i soggetti beneficiari a fronte di 491 soggetti erogatori.
Gli amministratori delle fondazioni liriche hanno spiegato i loro problemi e i loro successi. E ancora: banchieri, imprenditori, assessori... Con la riforma del Titolo V a complicare la dialettica Stato-Regioni sulle competenze.
Chiudendo i lavori, il Ministro Urbani ha esortato alla fiducia, allo sfruttamento pieno delle agevolazioni fiscali, all'apertura ai mercati dell'Est: India, Cina, Giappone (si tratta delle stesse aree che sta esplorando la Rai, attraverso la vice-direzione marketing affidata a Debora Bergamini, per lo sviluppo di new business televisivo e multimediale). E soprattutto pensando al dopodomani più che al domani, nonostante le difficoltà dell'oggi.
Andrea Marzulli - IsICult