L’America è veramente un Paese strano e originale: si può soggiornarvi per molti anni e arrivare a fare un’ottima carriera giornalistica, fino a vincere un Pulitzer, essendo al contempo un vero ‘clandestino’ per le Autorità. La storia di Josè Vargas.
La storia del giornalista (americano?) Josè Antonio Vargas è lunga e complessa ma merita di essere raccontata. Trentatrè anni filippino, giornalista e documentarista per testate americane come 'San Francisco Chronicle', 'Philadelphia Daily News', 'Washington Post' e 'Huffington Post', componente del gruppo del 'Washington Post' vincitore del Premio Pulitzer per il 'Breaking News Reporting' nel 2008, la scorsa settimana il giornalista ha deciso di raccontare sulle pagine del 'New York Times' la propria storia. Una storia di clandestino.
Josè Antonio arriva infatti in California nel 1993: ha 12 anni ed è accompagnato da un uomo che suppone sia uno zio per raggiungere i nonni.
A 16 anni, quando chiede la patente di guida, scopre che i suoi documenti sono falsi e il suo arrivo in America è costato ai nonni 4,500 dollari. In silenzio, lavora per meritarsi quella cittadinanza ufficialmente falsa; dopo la carriera universitaria inizia a lavorare.
Sempre con documenti falsi arriva al programma di apprendistato offerto dal 'Mountain View Voice', il giornale locale. Nel 1999 fa outing mentre allo stesso tempo Rich Fischer, sovrintendente del distretto scolastico, e Pat Hyland, responsabile del giornale della scuola, riescono a fargli avere i finanziamenti per proseguire gli studi tramite una fondazione privata, in attesa di qualche cambiamento nella politica migratoria che gli sia favorevole. Poi l'apprendistato al 'Washington Post', che lascia per promuovere il proprio documentario sui malati di Hiv, 'The Other City', e scrivere un libro. Infine l'articolo in cui rivela la sua situazione di clandestino sul 'New York Times'.
Pochi giorni fa, quando si trovava in aeroporto in Texas per fare un servizio sui clandestini (molto minorenni, una storia veramente dolorosa e allo stesso tempo ignobile), Vargas è stato fermato, per essere poi rilasciato su cauzione il 14 luglio. Il giornalista era stato fermato e portato al centro di detenzione dell'aeroporto McAllen in quanto, riferisce la Cnn online, aveva detto alle autorità che si trovava negli Usa illegalmente. Dopo il pagamento di una cauzione il giornalista è stato rilasciato ma dovrà comparire davanti a un giudice per l'immigrazione, come riferisce il ministero per la Sicurezza Interna (Homeland Security). Il rischio è l'espulsione.
La storia di Vargas mette in grande imbarazzo Barak Obama, alle prese con le pressioni del governatore repubblicano del Texas Rick Perry, che molti danno per candidato alle prossime presidenziali, che chiede il rimpatrio dei clandestini e quindi in teoria anche di Vargas. Ma se Vargas venisse espulso, il presidente si esporrebbe alle critiche di buona parte del suo elettorato progressista e degli ispanici, fondamentali per la vittoria alle prossime elezioni di medio termine.
Nel complesso, una vicenda da romanzo o da film che getta un bel po' di luce sulla situazione dell'immigrazione clandestina negli Stati Uniti.