Quanto se ne è parlato negli anni scorsi, quanto si è deprecato che l’Italia non si sia dotata di una legge seria su un tema importatissimo come il conflitto di interessi (in realtà la legge Frattini sulla materia è in vigore da qualche anno, ma diciamo che ‘si può fare di meglio’)! Quanto si è deprecato che il Centro-Sinistra abbia alla fine mancato, quando ha governato, questo appuntamento! E qualcuno (i più ‘maliziosi’) sospetta addirittura che ci sia stato del calcolo; quest’ultimo sarebbe stato quello di lasciare a Berlusconi questo ‘tallone d’Achille’, utile al momento delle elezioni per togliegli qualche voto!
Fiumi d’inchiostro sul tema, appunto, e media e talk-show impegnati alla spasimo, fino a poco tempo fa, a ‘riflettere’ su questo argomento ‘capitale’. Fino a ieri, però, dicevamo, perché oggi, con Berlusconi che sembra condannato al declino e a una sia pur lentissima uscita di scena, ecco che il conflitto di interessi non interessa (scusate il gioco di parole) più quasi a nessuno. Sarà un gioco inevitabile per questo sistema dei media, che guarda solo (e male) al presente, a quel che provvisoriamente ‘è di scena’?
C’è sicuramente del vero in questa riflessione e se si pensa al clamore, durato mesi sui media, sulla ‘stepchild adoption’, problema sicuramente importante e ‘di coscienza’ ma che riguarda alla fine un numero limitato di persone, viene da chiedersi come davvero funzionino in Italia il giornalismo e appunto i media in generale. Chi detta la famosa ‘agenda’ di quel che è oggetto d’interesse e di quel che invece passa nel ‘dimenticatoio’?
Non certo il merito e l’importanza più o meno ‘oggettiva’ delle cose che accadono, verrebbe da dire.
Perché - e veniamo finalmente al punto - la settimana parlamentare e politica è stata caratterizzata, nel disinteresse pressoché totale (fatte poche eccezioni), dall’approvazione alla Camera di una nuova legge proprio sul conflitto di interessi, la materia che fino a poco tempo fa, almeno in apparenza, appassionava gli animi oltremisura. Che di questo, fatto salvo un dibattito politico-partitico un po’ ‘sotterraneo’, non si sia neppure parlato ora, al momento del ‘dunque’, dà un’idea di come vadano le cose in Italia.
Ma passiamo ai fatti, visto che ci ostiniamo a considerarli più importati dei temi ‘di moda’ al momento.
La Camera ha dunque approvato il disegno di legge sul conflitto di interessi (voluta soprattutto dal PD, va detto, più che da Renzi, che tuttavia è anche il segretario del partito, e frutto di un lavoro tutto parlamentare, che non ha coinvolto più di tanto il Governo), con 218 voti favorevoli e 94 no di Forza Italia, Sel, Movimento 5 stelle e anche (stavolta) dei verdiniani di Ala. La Lega Nord si è astenuta.
Ora il testo passa al Senato ed è evidente - a parziale scusante dei giornali e dei Tg - che la partita politica vera si giocherà lì, dove i numeri sono incerti per la maggioranza e Verdini conta parecchio.
Al netto delle polemiche e delle modifiche in aula (rispetto alla Commissione) al testo di legge, che hanno portato al no deciso di grillini e sinistra ‘radicale’, mentre Forza Italia è rimasta molto polemica (come è comprensibile), va detto che finalmente è stato approvato un testo abbastanza ‘organico’ sul tema, a dimostrazione che (Renzi non ha tutti i torti su questo punto) in questa Legislatura e con questo Governo almeno le cose, belle o brutte che siano, si fanno, mentre la tradizione italiana, pluridecennale, era quasi sempre quella del ‘nulla di fatto’.
Le norme previste dal provvedimento riguardano chi ha incarichi di governo nazionale e regionale. Con regimi differenziati, riguardano anche i membri del Parlamento e i consiglieri regionali. Le regole valgono anche per le Authority, Bankitalia compresa.
Chi sarà al Governo (incompatibilità) non potrà avere altre cariche pubbliche, svolgere un impiego, esercitare attività professionale, attività imprenditoriali, avere cariche, uffici o compiti di gestione in imprese o società pubbliche e private e in fondazioni. Accertata l’incompatibilità da parte dell’Autorità Antitrust (come vedremo), chi governa dovrà scegliere. Se non sceglierà, decadrà. È prevista un'estensione dell'incompatibilità anche una volta cessati dall'incarico di governo, per un altro anno.
Il Blind Trust è il cuore della normativa. L'incompatibilità relativa alle attività imprenditoriali potrà infatti essere evitata attraverso l'adozione degli strumenti previsti per superare i conflitti di interessi, a partire appunto dal Blind Trust.
Le attività, in questa ipotesi, dovranno essere affidate, mediante la sottoscrizione di un contratto, ad un gestore, scelto tra banche, società di gestione del risparmio e società di intermediazione mobiliare inserite in un apposito elenco. Il contratto di gestione regolerà anche le condizioni per l'alienazione.
Qualora il blind trust o altre misure non vengano ritenute idonee al superamento del conflitto di interessi, l'Antitrust potrà infatti obbligare il titolare della carica di governo a vendere i beni e le attività patrimoniali rilevanti. L'alternativa sono le dimissioni. Previsto un obbligo di dichiarazioni entro venti giorni dall'assunzione dell'incarico di governo, per valutare l'esistenza di eventuali conflitti di interessi.
L'Autorità garante della concorrenza e del mercato (l’Antitrust) sarà chiamata ad attuare le norme previste dalla legge. La novità è che sarà rinnovata e composta da cinque membri, tre eletti dalla Camera e due dal Senato (vecchio o nuovo?), scelti nell'ambito di elenchi rispettivamente di 12 e 8 componenti individuato dalle competenti commissioni dei due rami del Parlamento, sulla base dei curricula pervenuti. Al suo interno verrà poi eletto un presidente.