Ecco l’interessante resoconto di un convegno svoltosi presso la Rai sulla condizione della donna lavoratrice nella stessa Rai (e non solo). I dati presentati sono sconfortanti…
Dal sindacato Confsal abbiamo ricevuto questo comunicato, che ripubblichiamo integralmente per il suo forte interesse generale:
«Roma, 14 marzo ore 10.00, Sala degli Arazzi di Viale Mazzini. Siamo nella sede Rai. per un convegno organizzato dalle Commissioni di Pari Opportunità Rai e Usigrai dal titolo "Tante quanti: più potere alle donne per cambiare la comunicazione". Sono presenti nella Sala degli Arazzi gremita di donne il Presidente della Rai, Claudio Petruccioli e i Consiglieri del Cda Rai Sandro Curzi e Giovanna Bianchi Clerici. Modera il dibattito con verve e rigore la giornalista Maria Lepri.
I dati sono salienti: 227 dirigenti uomini a fronte di 52 donne; 215 dirigenti giornalisti uomini contro 31 donne; ruoli ricoperti da donne depotenziati, svuotati di potere; percorsi di carriera più lunghi rispetto a quelli degli uomini; stipendi più bassi a prescindere da titoli di studio e curricula, anche a livello di "quadri", fino alla drammatica condizione delle precarie, a cui spesso è negato programmare la maternità. Un tetto di cristallo a prova di bomba!
La situazione drammatica è denunciata in un documento comune che apre il dibattito.
Elisa Manna del Censis rincara la dose presentando un libro in cui sono raccolti i risultati di una ricerca finanziata con i fondi sociali europei sull'"immagine della donna prevalente", che corrisponde alla donna dello spettacolo. Sono soprattutto attrici, poi modelle e cantanti a dominare. Sono donne piacevoli, dallo status economico medio-alto, giovani rispetto a donne anziane invisibili, sempre in trasmissioni gestite da uomini su temi standardizzati: "moda e spettacolo", "giustizia e violenza"; donne le cui capacità professionali non vengono mai enfatizzate e che nei servizi non hanno voce, se non per venti secondi; donne - fossili esperte di pOEsia, artigianato e natura.
Nei reality show prevale l'immagine della donna furba, alquanto cattiva; solo nella fiction le donne sono più vicine alla realtà, mentre nella pubblicità, il genere più studiato in Europa, è peggio che andar di notte.
Il documento Usigrai è stato firmato da oltre 200 giornaliste e vi si chiede, tra le altre cose, la costituzione di un coordinamento, che affianchi il sindacato.
Il presidente Petruccioli, nel suo intervento, si dichiara disponibile a confrontarsi con il Sindacato per "bonificare la palude", anche se ci sono dinamiche che possono essere controllate solo dall'interno. La metafora usata dal presidente Rai evoca immagini di dantesca memoria, che non alleggeriscono l'atmosfera. Più o meno scettici si mostrano i consiglieri Curzi e Clerici: pur riconoscendo la grave disparità esistente nel mondo lavorativo Rai a sfavore delle donne, dubitano che le cose possano cambiare, almeno non in tempi brevi.
Il servizio pubblico radiotelevisivo, se vuole continuare a "fare scuola" nella qualità, nel pluralismo e nella trasparenza, non può non rispondere al grido delle donne Rai "tante quanti". Una risposta fattiva ad un siffatto appello porterebbe sicuramente a tre grandi risultati: la valorizzazione delle competenze professionali femminili, poiché riconoscerebbe la giusta dignità a tutte le professioniste meritevoli; una programmazione più ricca e profonda per l'utilizzo delle competenze e della weltanschauung di entrambi i generi; una rappresentazione realistica della donna in tutti i programmi d'informazione, intrattenimento e approfondimento.
Quando ci sarà un direttore di rete donna, un capo del personale donna, un capo del palinsesto donna, allora il tetto di cristallo presenterà li primi segni di incrinature, comincerà a frantumarsi.
La Confsal, rappresentata da Letizia Giello insieme con la delegata del Libersind-Confsal, la strordinaria Lucia Pepe, ha portato il proprio contributo recando i dati emersi presso il Centro Confsal antimobbing "Rodolfo Degoli" di Modena: ai questionari diffusi sul territorio per rilevare l'entità del fenomeno hanno risposto quasi esclusivamente donne, mentre la maggior parte di coloro che si rivolgono al Centro sono uomini. Ciò è indicativo: le donne sono così abituate a subire che temono, o non trovano il coraggio, di ribellarsi, mentre gli uomini, se vengono fatti oggetto di vessazioni e persecuzioni sul posto di lavoro, non sono disposti a subire, visto che non sono assuefatti a tal genere di cose.
Molte donne, già pensionate, nell'ascoltare trasmissioni televisive realizzate in Emilia-Romagna, si sono rese conto di aver subito mobbing e hanno potuto dare finalmente un nome a quello strano malessere che le assaliva durante l'arco della giornata lavorativa e che molto spesso non si acquietava neppure dopo il rientro a casa.
Le donne della Rai hanno aperto una vera e propria vertenza con l'azienda, in cui chiedono che gradualmente i posti decisionali vengano divisi equamente tra uomini e donne e che le donne per tutti i ruoli siano "tante quanti". La Confsal è con le donne della Rai».