La dura vita dei giornalisti indipendenti in Bielorussia

Essere giornalisti indipendenti sotto il regime di Lukashenko significa essere in una black list, essere fermati o arrestati per motivi che nei Paesi democratici fanno parte dei diritti civili.

È stato liberato nei giorni scorsi dal carcere bielorusso di Hrodna il corrispondente della 'Gazeta Wyborcza' Andrzej Pochobut, ma le condizioni dei giornalisti indipendenti che lavorano sotto il regime di Lukashenko restano ugualmente dure e difficili. Pochobut era stato arrestato il 21 giugno con l'accusa di avere infranto un articolo del Codice Penale bielorusso che parla di calunnia nei confronti del presidente da parte di una persona che sia già stata condannata per averlo insultato o offeso. Il giornalista, infatti, era già stato arrestato lo scorso anno per aver criticato il presidente e fa parte della lista di giornalisti che per le loro posizioni critiche non piacciono al regime di Minsk, ai quali è stato vietato di lasciare il Paese. Sempre in base al codice penale, il giornalista può subire misure restrittive per 5 anni.

La polizia carceraria si è presentata nella cella del giornalista dicendogli che lo avrebbero spostato in un'altra cella; invece c'è stato il suo rilascio. Un ennesimo atto di forza per far capire a Pochobut che il potere bielorusso può in qualsiasi momento mettere a tacere le voci dei critici e dei dissidenti (o, in alternativa, essere magnanimo, sempre quando vuole).
“Le autorità esercitano forti pressioni sui giornalisti indipendenti - ha detto Pochobut - e questi dieci giorni della mia cattura ne sono un esempio”.

È poi di pochi giorni fa la notizia del fermo di Alyaksandr Barazenka di Belsat Tv, insieme alla collega Yulia Tsyalpuk. Il fermo, per controllo dei documenti (dopo i due sono stati lasciati andare), è avvenuto nei pressi del tribunale, dove si stava discutendo una sentenza; i due reporter, in specifico, stavano intervistando le persone che stavano dimostrando in favore di Pavel Suvyardlou, giornalista di Euroradio arrestato il 22 giugno e condannato a 15 giorni di detenzione. L'appello di Suvyradlou è poi stato fissato per il 6 luglio.

Il clima teso non è caratterizzato solo da arresti e fermi di polizia, con lo scopo di incutere timore e paura ai giornalisti indipendenti, ma si concretizza anche nella limitazione della libertà dei giornalisti stessi. Così sono ben 222 i nomi della lista del Ministero degli Esteri che comprende giornalisti, politici, difensori dei diritti civili che non hanno diritto a lasciare il Paese.

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