La fiction Rai su Ambrosoli: la recensione e le interviste

Ecco uno ‘specialone’ sulla fiction Rai ‘Qualunque cosa succeda’, con Pierfrancesco Favino nei panni di Giorgio Ambrosoli.

Iniziamo dalla recensione di Elena Romanato:

«Una vicenda delicata come quella legata alla vita di Giorgio Ambrosoli, intorno alla quale, secondo molti, ci sono ancora alcuni lati oscuri, era difficile da rendere in Tv. Soprattutto per un pubblico popolare, era tutt'altro che semplice rendere il più chiara possibile la vicenda di Ambrosoli, che si occupò della liquidazione della Banca Privata Italiana dopo il crack finanziario di Michele Sindona e fu poi ucciso nella notte tra l'11 ed il 12 luglio 1979.

Il film-tv 'Qualunque cosa succeda', diffuso in questi giorni, porta il pubblico al 1974, quando Guido Carli (Emilio Bonucci), Governatore della Banca d'Italia, chiese ad Ambrosoli (Pierfrancesco Favino) di gestire la liquidazione della Banca Privata Italiana, dopo il crack di Sindona (Massimo Popolizio). Ambrosoli doveva recuperare i soldi degli investitori che rischiavano altrimenti di perdere i loro risparmi.

La trama, che verte soprattutto sulle vicende personali di Ambrosoli si arricchisce di un ricco scenario di personaggi di quel periodo: Andreotti (Giovanni Esposito), Sindona, appunto, il maresciallo Silvio Novembre (Andrea Gherpelli), la moglie di Ambrosoli (Anita Caprioli), persino Guido Cuccia (Roberto Herlitzka), Licio Gelli (Claudio Bigagli) e Guido Carli (Emilio Bonucci).

La fiction di Alberto Negrin cerca di raccontare una vicenda che ha segnato la storia recente del Paese, semplificando un po' gli eventi e cadendo a tratti nell'agiografia del personaggio. Ma nel complesso delinea un bel ritratto di Ambrosoli, ben interpretato da Favino. Infatti l'Ambrosoli presentato nella fiction è sì l'avvocato che si occupò della liquidazione della BPI ma ne vengono delineate anche le caratteristiche di padre e uomo di famiglia, avvicinandolo al grande pubblico ma indicandone comunque le rigorose caratteristiche etiche e basandosi sui fatti storici di quegli anni, senza fantasiose divagazioni.

'Qualunque cosa succeda' ha ottenuto alla sua prima puntata su RaiUno 4 milioni 108 mila telespettatori, il 15.27% di share».

Ed ecco il 'sentito reportage' relativo alla presentazione della fiction, di un'altra nostra collaboratrice, Aurora Gonevi:

«Ho avuto l'onore di andare alla presentazione ufficiale della miniserie 'Qualunque cosa succeda', che si è tenuta la settimana scorsa nella sede suggestiva, è proprio il caso di dirlo, della Banca d'Italia in piazza Cordusio a Milano. All'anteprima erano presenti oltre agli attori protagonisti, anche la moglie di Ambrosoli, Annalori, il figlio Umberto, la presidente della Rai Anna Maria Tarantola, nonchè il regista Alberto Negrin e il produttore Matteo Levi. L'evento è stato carico di emozione e commozione, tutti hanno parlato di rispetto, di impegno, di onestà, di semplicità, caratteristiche di Giorgio Ambrosoli, e di lavoro, amicizia, amore, valori che hanno pervaso la sua vita e quella di chi gli stava accanto.

La presidente della Rai Anna Maria Tarantola dopo aver ricordato non senza commozione, che Ambrosoli è stato ucciso pochi giorni dopo essere andato a cena a casa sua (li univa una solida amicizia) ha affermato, tra le altre cose, che questa fiction vuole essere un servizio fatto a tutti i cittadini e soprattutto ai giovani, come testimonianza vera e forte di coraggio e di determinazione.
La direttrice di Rai Fiction Eleonora Andreatta ha sottolineato, come l'aver scelto di fare questo film fosse doveroso (era impossibile non farlo) e coerente con la linea editoriale del servizio pubblico in un'ottica non solo educativa ma anche di speranza.

Qui di seguito invece una sintesi delle interviste che ho realizzato al regista e al produttore della minifiction.

Il punto di vista del regista Alberto Negrin

Com'è nata la collaborazione con questo progetto?

Mi ha scelto, Matteo Levi il produttore che conosco ormai da anni.
Interesse e chiamata in realtà sono perfettamente coincise, perché conoscevo già la materia e avevo già letto il libro di Umberto Ambrosoli, che avevo trovato molto bello. Io peraltro avevo già fatto personaggi reali (Perlasca, Borsellino, Di Vittorio, Bartali, ecc.)- Questo mini film è in continuità con la mia storia personale di regista.

Cosa c'è di diverso questa volta?

Ogni volta è diversa dalla precedente: ogni volta si scopre una parte della nostra storia che è assolutamente importante conoscere e far conoscere. In questo caso io sono entrato in contatto non un personaggio famoso, politico o potente, ma un personaggio vero, sconosciuto, semplice, onesto, che sapeva fare bene il suo mestiere e, a cui, per questo fu affidato l'incarico importante di liquidare la Banca Privata Italiana.
Da questo piccolo microcosmo, emerge poi un tumore enorme che nessuno si aspettava e che non riguardava solo l'Italia ma anche gli Stati Uniti in una rosa d'affari planetaria. Ebbene, questo signore nonostante fosse solo contro tutti, nonostante i pericoli, le minacce, nonostante sapesse di rischiare la vita, continuò a fare il suo lavoro. Ambrosoli fa parte di quelle poche persone oneste che fanno la differenza: le uniche per cui vale la pena di credere ancora in qualcosa e di combattere.

Com'è stato prendere in mano una storia così importante?

La responsabilità principale quando si fanno questo genere di operazioni, e che è anche la mia bussola lavorativa, è di rappresentare il personaggio senza romanzare, senza inventare. Il segreto è studiare molto. La prova di essere riuscito a fare un buon lavoro o meno, la danno solo i parenti; fortunatamente tutte le volte che ho fatto questo tipo di film, i parenti, in questo caso i due figli e la moglie, si sono commossi e mi hanno ringraziato.
Anche gli attori sono stati bravissimi e naturalmente il successo è anche merito loro. Pensi che Favino ha cominciato con me: l'ho scelto nel 90/91, quando era ancora un allievo dell'Accademia di Arte Drammatica a Roma, per fare il film 'Una questione privata'; con lui debuttava anche un altro attore straordinario Luca Zingaretti. Favino ormai è il mio 'amico attore' e il 'mio attore amico'. Siamo molto legati.

Quanto prima ha iniziato a studiare?

Tanto, un anno e mezzo almeno. La preparazione, con il lavoro di raccolta delle testimonianze e della documentazione, è la fase più difficile e impegnativa. Quando vado a girare so a memoria ormai tutto, la storia, la sceneggiatura, non ho bisogno di leggere più niente. E di questo beneficiano ovviamente tutti gli attori e gli operatori. Essendo molto preparato, sono anche molto rapido nella realizzazione: le riprese, infatti, sono durate poco: circa 6 settimane e mezzo girando a Milano, Roma, Torino e New York, con una forza lavoro notevole.

Il suo rapporto con la Rai quando è iniziato?

Ho iniziato a lavorare per la Rai 50 anni fa, ho fatto tutta la gavetta: facevo Televisione per bambini, fiabe, poi piccole cose la sera, inchieste per programmi serali. In realtà la mia storia professionale comincia dal teatro: ho fatto 5 anni di aiuto regia a Strehler al Piccolo di Milano, esperienza che mi è servita molto soprattutto per la 'direzione' degli attori. Nonostante siano passati tanti anni, non mi sento affatto arrivato.

Sta già pensando a un progetto futuro?

Sto pensando con Andrea Porporati, lo sceneggiatore di 'Qualunque cosa succeda', ad un nuovo progetto: stiamo scrivendo la sceneggiatura di una storia vera, ambientata negli anni '70 in Argentina, negli anni dei desaparecidos.

Il punto di vista del produttore Matteo Levi

Com'è nata l'idea di questa produzione?

L'idea è nata quando casualmente trovai il libro di Umberto Ambrosoli “Qualunque cosa succeda” in libreria. Lo comprai immediatamente, in quanto ero già molto affascinato dal personaggio (avevo letto, infatti, il libro di Corrado Stajano e visto il film 'Un eroe borghese' di Michele Placido), ma avevo anche sempre pensato che la storia di Ambrosoli meritasse di essere divulgata ad un pubblico più ampio. Trovare il libro del figlio, con un racconto più personale dedicato a suo padre, mi sembrava dunque un'occasione da non perdere e ne ho, così, acquistato i diritti immediatamente.

Come è arrivato alla Rai?

Ho parlato a lungo con la famiglia e con Umberto in particolare perché ho cercato di vincere tutte le sue giustissime e giustificate reticenze a rendere pubblica, attraverso una fiction, la storia anche personale del padre. Quando sono riuscito a convincerlo, era il 2009, abbiamo lavorato fin da subito, insieme, ad un progetto che potesse essere interessante per la Rai, che però, per tre anni, non lo ha considerato degno di nota. Il cambio di dirigenza Rai, nel 2012 ha invece, fortunatamente, velocizzato le cose: la gestione Tarantola-Andreatta-Gubitosi ha, infatti, immediatamente reso possibile la realizzazione del progetto.

Quanto ha fatto 'paura' affrontare una storia di questa importanza pubblica e così vicina a noi?

Paura no, anche perché c'era una base di riferimento, il libro, che ci ha fatto da sostegno e da stimolo. L'unica preoccupazione era che ci fosse richiesta in corso d'opera qualche omissione. Ma questo non è mai avvenuto per nessun argomento e di questo sono molto grato alla Rai. Da parte nostra siamo stati molto fedeli al libro, ai fatti e agli eventi storici.
Se vogliamo, c'era la 'paura', nel senso di 'emozione', di toccare un personaggio che ancora oggi personalmente mi commuove molto, sentivo la responsabilità di rispettare l'uomo privato e pubblico, un uomo come ce ne sono pochi in Italia, e di restituire il peso di una storia che purtroppo è ancora attualissima.

Quanto è costata la produzione?

Intorno ai 4 milioni di euro per le due puntate, che è un costo medio per un film di due puntate in costume (siamo negli anni '70) con scene girate a Milano, Torino, Roma e New York, cosa peraltro piuttosto inconsueta per una fiction. Al film ha lavorato una troupe composta complessivamente da una cinquantina di persone.

Per chi ha lavorato Lei come produttore?

Ho lavorato molto per la Rai, ho lavorato per Mediaset e ogni tanto mi diverto a fare qualche piccolo film per il cinema. Mi manca Sky, mi piacerebbe molto lavorare per loro.
La mia società si chiama '11 Marzo' è nata circa una decina di anni fa, quando ho deciso di staccarmi dalla società di mio padre Roberto in cui ho lavorato da sempre, la Tangram Film.

Perché?

Ognuno nella vita decide ad un certo punto di camminare con le proprie gambe: amo molto mio padre e credo sia anche più bravo di me, ma penso sia giusto ad un certo punto mettersi in gioco da soli.

Progetti a breve?

Ora sto lavorando molto nel Tv movie, il mio prossimo grande progetto è 'Il Nome della Rosa', di cui ho preso i diritti. Sono nella fase di scrittura con la collaborazione dello stesso Umberto Eco per la realizzazione, presumibilmente nel 2016».

Pubblica i tuoi commenti