La fiction su Borghi e l’Ignis

È andata in onda su RaiUno la fiction su Giovanni Borghi, ovvero “Mister Ignis – L’operaio che fondò un impero”. Interessante, tutto sommato, ma con alcune debolezze…

A sdoganare la fiction sugli imprenditori è stato “Enrico Mattei l'uomo che guardava al futuro” (Lux Vide), seguito da “Olivetti. La forza di un sogno” (Casanova Production), per terminare con “Mister Ignis - L'operaio che fondò un impero”, andata in onda poche sere fa, prodotta da Renzo Martinelli e tratta dal libro di Gianni Spartà (tra l'altro con prefazione di Silvio Berlusconi e pubblicato da Mondadori nel 2003).

Mister Ignis è la storia di Giovanni Borghi, figlio di Guido, fondatore della Borghi e Figli poi Ignis, in un quadro un po' semplicistico dell'Italia in difficoltà nel dopoguerra. Giovanni (Lorenzo Flaherty) è il più coraggioso e audace dei tre figli di Guido Borghi (Massimo Dapporto), fondatore della piccola ditta (la bottega) che produceva fornelli elettrici nel centro di Milano.

Quando le bombe della guerra distruggono la piccola azienda, la famiglia si trasferisce nel Varesotto e, su impulso del brillante Giovanni, riparte. Una partenza avventurosa, in un vecchio capannone in disuso con un'attività inizialmente basata sul baratto con i prodotti dei contadini privi di denaro per comprare quei fornelli che permettono di cuocere la pasta in pochi minuti.

Fare un confronto con la fiction su Olivetti sarebbe un errore in partenza; diversi i protagonisti, le loro vite, le situazioni e gli autori.
Ma gli autori della storia di Borghi cadono nell'errore di scrivere una sceneggiatura debole e semplicistica, con scenografie che non sempre aiutano, e non basta riesumare parole usate nel dopoguerra, come “bottega”, oggi sostituito dal termine azienda, per fare riviere quei tempi e quelle atmosfere. E non basta tentare di dare un accento lombardo ai protagonisti (a volte con risultati non proprio felici) per rendere l'idea dell'imprenditorialità lombarda degli anni Cinquanta.

La scelta di un attore romano come protagonista, senza nulla togliere a Flaherty, non è la più azzeccata e la storia scritta attorno al protagonista è un po' debole e a volte banale. La figura dell'imprenditore illuminato, dal carattere forte e deciso, non arriva fino in fondo. Anche le idee più rivoluzionarie dei Borghi (è il fratello Giuseppe che ha l'idea di mettere il marchio Ignis sull'accappatoio di Sandro Mazzinghi e di legarsi ai campioni di ciclismo, basket, calcio, cannottaggio) non vengono descritte con sufficiente vigore.

Alla fine lo spettatore non riesce ad immedesimarsi in Borghi e a capire la portata del personaggio, né quello della moglie (interpretata da Anna Valle) o degli operai e a comprendere fino in fondo quella visione del lavoro come valore che era tipica dell'Italia della ricostruzione.

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