Nina Zilli è finita nona sabato a Baku, mentre ha vinto la Svezia. L’Eurofestival resta l’evento più seguito dopo i Mondiali e le Olimpiadi su scala continentale ma resta ‘incompreso’ in Italia.
I primi promossi di questa edizione dell'Eurovision Song Contest sono Marco Ardemagni e Filippo Solibello che si sono trovati, all'ultimo, a dover sostituire la Gialappa's. E lo hanno fatto bene, anche se con un pesante 'svarione' di uno dei due (“la Slovenia non confina con l'Italia”).
Era difficile rendere interessante una manifestazione canora che è molto lontana dai nostri canoni, molto costruita e studiata nei minimi dettagli, condotta da presentatori stranieri sopra ai quali bisognava parlare, traducendo simultaneamente dall'inglese e, in più, spiegando i meccanismi dell'evento, noto in tutta Europa ma sconosciuto a molti nello Stivale. Ardemagni e Solibello lo hanno fatto con un'impostazione piuttosto “classica” di conduzione ma senza rinunciare alla loro ironia, che ha contribuito a rendere meno noioso il tutto.
E i due conduttori hanno anche trovato spazio per ricordare, con finezza, la questione dei diritti umani in Azerbaijan, che incombeva sul bellissimo studio allestio per l'occasione, sulla manficenza delle luci, dello show e della musica. Ironizzando, sulla mole di spot di promozione dell'Azerbaijan riversati sui telespettatori nell'intervallo tra una canzone e l'altra ('Paese dell'acqua', Paese della natura, Paese del mare, Paese della tradizone, Paese dell'arte, Paese del verde e via dicendo, dando un'immagine paradiasiaca di questa sventurata terra), all'ennesimo spot, questa volta sui tappeti artigianali azeri i due conduttori hanno commentato: “Ah, dimenticavamo che l'Azerbaijan è anche il paese dei tappeti. Ci manca solo il pesto e un po' di diritti civili e possiamo dire che in Azerbaijan c'è proprio tutto!”.
Insomma, ben sopra il livello dei commenti in studio dello scorso anno fatti dalla Carrà e dal gruppo dei ricercatori di 'Tv Talk'.
Bocciati invece gli indici d'ascolto (in Italia). Per gli oltre cento milioni di spettatori sparsi per il globo, l'Italia ha seguito l'Eurovision Son Contest con il 5% di share medio, pari a poco più di un milione di telespettatori, ma in ascesa in attesa dell'esibizione di Nina Zilli, con un picco di 2.042.000 telespettatori pari al 9,01% di share.
Bocciati anche i media di tutti i Paesi presenti all'evento. Tutti concentrati sul bel palco e sulla facciata del Crystal Hall per dimenticare che fuori (e allora doppi complimenti a Solibello e Ardemagni) veniva messa a tacere la protesta dell'opposizione contro il presidente Ilham Aliev.
Poi, le canzoni. Promosse nell'insieme, ci pare, ma con una nota di demerito a quei Paesi che, pur giustificati da ragioni di mercato, si omologano all'uso dell'inglese e al pop. Ma su questo punto 'si è diffuso' nei giorni scorsi il nostro Luca Rovelli, con giudizi ben diversi da quelli emersi dalle giurie e dal televoto, soprattutto in riferimento alle 'terribili' nonnine russe, finite seconde.
Infine il sistema di voto. Ogni anno cadono sull'evento accuse di scarsa correttezza nelle votazioni e contro i blocchi geografici dei vari Paesi. Ma non sarebbe l'Eurofestival senza le accuse di appoggio “politico” o a blocchi geografici, che puntualmente, ogni anno piovono sulla competizione e con giudizi che più che sulle canzoni si basano sull'appartenenza ad una determinata area geografica. Sarà difficile, così, che la Serbia possa votare per l'Italia o la Spagna per la Nuova Zelanda. Qualcuno, come il presentatore della BBC Terry Wogan, che qualche anno fa ha lanciato l'idea del boicottaggio, non gradisce questo sistema, ma per molti la prevedibilità del processo di voto per blocchi aggiunge una nota di colore in più alla gara.