È gradualmente finita al centro dei commenti nel mondo radiofonico una poco conosciuta e finora poco notata norma inserita nella Legge Finanziaria
- si tratta del comma 2 dell'articolo 74 - che autorizza le emittenti comunitarie nazionali ad accendere impianti (e quindi frequenze) nelle zone d'Italia ancora non servite, "sino al raggiungimento della copertura di almeno il 60% del territorio nazionale e di tutti i capoluoghi di provincia".
Ma poiché le emittenti nazionali comunitarie sono due e delle due Radio Maria è già ben oltre il 60% di copertura, la norma sembra confezionata su misura per la seconda delle due antenne in questione, e cioè Radio Padania Libera (emittente della Lega Nord), che, come forse non tutti sanno, è appunto una radio comunitaria con concessione nazionale, ma finora diffusa solo nel Nord Italia, e neppure troppo capillarmente.
Sentiremo dunque Radio Padania dovunque (persino nel non proprio "omogeneo" Sud Italia) grazie ad una legge "ad hoc" e con possibile grave danno per tutti gli altri editori radiofoniciO Non proprio, forse, perché l'attivazione di nuove frequenze può essere effettuata solo "su base non interferenziale con altri legittimi utilizzatori dello spettro radiOElettrico e nel rispetto delle normative vigenti in materia di emissioni elettromagnetiche".
Insomma, Radio Padania, almeno in teoria, potrà servire (sia pure occupando in piena legalità e gratis frequenze nuove, come non può fare nessun altro soggetto) solo località dove l'etere non sia già saturo.
Resta la perplessità per una norma che di fatto privilegia in modo abbastanza forte un solo soggetto, per giunta una radio di un partito di Governo.
Ma metterla in politica non è neppure così semplice, perché questa disposizione legislativa non è affatto nuova, ma era già stata prevista, in forma sostanzialmente analoga, in una legge del recente passato, in piena "era centro-sinistra". All'epoca protestarono in parecchi (di fatto, poi, poco successe di effettivo nella Fm italiana), stavolta i primi a commentare sono stati l'associazione radiotelevisiva Rea (molto critica) e la Rna (reti nazionali radio), che si è detta "non scandalizzata", pur chiedendo un'attenta e rigorosa applicazione delle citate norme di non interferenza, a tutela di tutte le emittenti.