La Fondazione Prada presenta nella sua sede di Milano dal 9 maggio al 24 settembre 2017 “Tv 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai”, un progetto concepito dall’artista e sviluppato in collaborazione con la stessa Rai.
Tra esperienza individuale e mitologie collettive, l’esposizione traduce lo sguardo di Vezzoli in una forma visiva che esplora la produzione televisiva appunto degli anni Settanta. La Tv pubblica italiana è osservata dall’artista come una forza di cambiamento sociale e politico, in un Paese sospeso tra la radicalità degli anni Sessanta e l’edonismo degli anni Ottanta, e come una potente macchina di produzione culturale e identitaria.
Durante quel decennio la Rai ripensa infatti il proprio ruolo pedagogico e si contraddistingue per l’alto livello culturale dei suoi prodotti, con le collaborazioni con i registi Bernardo Bertolucci, Federico Fellini, Paolo e Vittorio Taviani. Divisa tra austerità formale e carica innovativa, la Televisione amplifica lo sviluppo dell’immaginario collettivo in una pluralità di prospettive, anticipando le modalità di racconto tipiche della Tv commerciale del decennio seguente. Diventa un medium specifico e i suoi programmi subiscono una progressiva mutazione: dalla cultura transitano nell’informazione e infine nella comunicazione.
Come spiega Francesco Vezzoli: “Con questo progetto ho voluto realizzare un percorso rischioso e denso, duro quando l’argomento lo richiede, ma anche divertente e surreale. Un’indagine vera sul costume contemporaneo e sulle sue radici, ma con un senso critico sull’oggi. La Televisione degli anni Settanta produceva riti e, di conseguenza, miti assoluti e duraturi che ancor oggi, riproposti in questa mostra, possono ispirare scelte non convenzionali”.
“Tv 70”, realizzata con il supporto di Cristiana Perrella, è concepita come una sequenza di associazioni visive e semantiche che prende forma all’interno della Fondazione Prada negli spazi della galleria Nord, del Podium e della galleria Sud. Il percorso espositivo ideato da M/M (Paris) - Mathias Augustyniak e Michael Amzalag - si basa sull’incontro tra dimensione spaziale e temporale in un ‘palinsesto allestitivo’ che combina, nell’alternanza tra luce e buio, le tradizionali condizioni espositive di un museo con il passaggio sullo schermo dell’immagine in movimento.
La successione di documenti immateriali provenienti dagli archivi delle Teche Rai accostati alla materialità di dipinti, sculture e installazioni - selezionati con la consulenza scientifica di Massimo Bernardini e Marco Senaldi - si articola in tre sezioni distinte e affronta le relazioni della Televisione pubblica italiana con l’arte, la politica e l’intrattenimento.
La prima parte, “Arte e Televisione”, introdotta dai Paesaggi Tv (1970) di Mario Schifano, riflette sull’impiego artistico del mezzo televisivo. Programmi come ‘Io e…’ e ‘Come nasce un’opera d’arte’ rendono gli autori intervistati o ripresi mentre realizzano i propri lavori (come Alighiero Boetti, Alberto Burri, Giorgio De Chirico, Renato Guttuso e Michelangelo Pistoletto) personaggi pubblici, protagonisti della cultura popolare. La Tv si impossessa dell’arte ricorrendo a una duplicità di approcci fondati su due concezioni teoriche alternative: Televisione come “medium” (negli studi di Rudolf Arnheim e Marshall McLuhan) o come spazio di rovesciamento comunicativo (nella visione situazionista di Guy Debord).
La seconda sezione, “Politica e Televisione”, analizza la natura frammentaria e ossessiva dei messaggi politici degli anni Settanta attraverso la presentazione di estratti dei telegiornali dell’epoca che testimoniano il clima degli anni di piombo segnati da stragi di stato, atti di terrorismo, strategia della tensione e proteste sociali.
La terza parte, “Intrattenimento e Televisione”, è introdotta dall’installazione di Giosetta Fioroni ‘La spia ottica’ (1968) che si concentra sul corpo della donna come oggetto dello sguardo e del desiderio dell’altro e al contempo come soggetto attivo e cosciente. Questa sezione analizza il limite incerto tra liberazione sessuale e consumo del corpo femminile, tra affermazione politica e ribellione individuale. Francesco Vezzoli interpreta questa dinamica attraverso una visione complessa che tiene insieme estratti di programmi televisivi come ‘Milleluci’, ‘Stryx’, ‘C’era due volte’ e ‘Sotto il divano’ e opere di artiste quali Tomaso Binga (Bianca Menna), Lisetta Carmi, Elisabetta Catalano e Paola Mattioli.
“Tv 70” si conclude all’interno del Cinema della Fondazione Prada con una nuova opera di Francesco Vezzoli, ‘Trilogia della Rai’ (2017), costituita da un montaggio di estratti televisivi. Inserendo le icone che hanno segnato la sua infanzia e adolescenza all’interno del flusso televisivo che ingloba generi e registri diversi, l’artista trasforma i filmati d’archivio in una materia viva e la memoria intima e personale in una narrazione condivisa.
A margine, notiamo che Francesco Vezzoli sta ora impegnandosi, con il noto regista messicano-americano Alejandro González Iñárritu, in un progetto sulla realtà virtuale, in cui lo spettatore sarà coinvolto per provare un’“esperienza” totalmente immersiva nella sequenza di immagini che documentano il dramma degli emigranti messicani. Tale proiezione nel futuro dell’immaginario umano - in cui il corpo dello spettatore arriva a coincidere con lo schermo perché immerso, fisicamente ed emotivamente, nel racconto cinematografico - non dimentica tuttavia che la vita del mondo virtuale, in cui stiamo entrando, mediante installazioni interattive e animazioni computerizzate, deve molto alla storia del Cinema e della Televisione.