Avvenimento ‘storico’ nel mondo dell’emittenza: nasce Confindustria Radio Tv, nuova associazione in cui confluirà anche l’attuale Frt, che in essa rappresenterà le emittenti locali (anzi ‘areali’) ‘di un certo livello’.
Confindustria Radio Tv è il nome della nuova realtà associativa in cui confluiranno le tre diverse anime che hanno composto per molti anni la FRT. I dettagli dell'operazione, annunciata in questi giorni dalla newsletter periodica della stessa FRT, si conosceranno dopo l'assemblea del 27 giugno.
In attesa dell'appuntamento, vige la massima prudenza da parte dei protagonisti, che in questi giorni sono impegnati a mettere a punto tutta una serie di processi. Dal nostro punto di vista gli interrogativi sono tanti e vanno dalla genesi della decisione fino alle conseguenze della stessa.
Restando sul primo punto, l'attenzione si concentra sui destini dell'associazione delle Tv Locali. E c'è voluta non poca insistenza per avere qualche elemento in più da Piero Manera, dirigente storico della struttura FRT ed editore nel Nord-Ovest di Rete7/People Tv (che è anche sul satellite) e di altre realtà radiotelevisive. In ogni caso grazie a lui abbiamo scoperto qualche 'indizio'.
Innanzitutto d'ora in avanti non si parlerà più di Televisioni locali bensì di “Televisioni areali”. Nella nuova associazione, infatti, ci sarà spazio solo per Televisioni strutturate e con dignità d'impresa e la selezione avverrà sulla base di criteri che privilegiano il numero di dipendenti occupati (soprattutto i giornalisti) e la solidità del progetto editoriale.
“Le Tv che hanno questa capacità e volontà - spiega Manera - sono dentro questo tipo di strategia, tenendo presente che in Confindustria Radio Tv ci sarà l'intero sistema radio-televisivo, ovvero Rai, Mediaset, Sky, La7 ecc., radunate attorno ad un tavolo e ad un progetto comune assieme alle 'Tv del territorio', sia quelle con una forte caratterizzazione locale che quelle con capacità di copertura multiregionale, purché abbiano idonei requisiti strutturali ed imprenditoriali”.
Sul piano dell'ottimale utilizzo dello spettro radioelettrico, secondo Manera, “col digitale terrestre è al tramonto la regola del vecchio analogico, secondo la quale ciascuna emittente, anche piccolissima, aveva diritto ad un canale a vita al fine di fare informazione locale. “Una finalità - precisa - in molti casi poi disattesa, con il risultato di avere una miriade di programmi di nessun valore sui televisori di casa. Oggi, chiunque, piccolissimo o non, è in grado di produrre contenuti e di portare avanti un progetto locale e non vuole o non può diventare 'più grande', non perde il suo avviamento, perché con il suo marchio trova ospitalità garantita ed a prezzi standard sui mux regionali”.
“Questa - sottolinea - è la vera, grande novità della transizione al digitale. A livello d'impresa, sono troppe le realtà che fino ad ora hanno rispettato soltanto il requisito minimo dei quattro dipendenti, neanche giornalisti, trasmettendo televendite dalla mattina alla sera e quindi senza rendere nulla alla società civile. Semmai queste hanno tolto qualcosa alle altre Tv: tutto ciò deve finire. E deve finire a favore delle imprese vere, che danno lavoro e stipendi a migliaia di persone ed alle loro famiglie”.
Inutile insistere per conoscere composizione e quantità di adesioni pervenute: “È un numero che sappiamo benissimo ma che non posso dire, perché sarebbe poco corretto. Posso solo assicurare che hanno già aderito tutti gli editori FRT ed i migliori di ogni regione, indistintamente tra Nord, Centro e Sud Italia”.
Di certo la strategia suona un po' come un ritorno alle origini della FRT, mentre negli ultimi anni erano state condotte molte battaglie al fianco di Aeranti-Corallo in difesa dell'emittenza locale in generale. In questa sede, però, non interessa tanto il passato recente o lontano (ci sarà modo di parlarne diffusamente sulla nostra rivista). La compagine FRT, nata nel lontano 1984, vuole guardare al futuro puntando a 'fare filtro' tra le antenne nell'ambito di un progetto industriale, capace di pervenire a quell'uso razionale dello spettro invocato da più parti.
L'assunto di base della nuova strategia - piaccia o no - è che il mercato italiano non è in più grado di contenere 500 Televisioni locali (che poi con il digitale sono assai di più), la maggior parte delle quali con bilanci in rosso (come testimonia puntualmente lo studio economico del settore radio-tv redatto ogni anno dalla stessa FRT, che peraltro nei prossimi giorni si accinge a pubblicare quello relativo al 2011).
Il tutto nell'ottica di affrontare con maggior vigore le sfide che sono sul tavolo, a cominciare dalla revisione del piano delle frequenze fino alla questione LCN, che con il nuovo piano dell'Agcom rischia di rivoluzionare (nuovamente) l'assetto complessivo delle locali. “Il nostro progetto - precisa ancora Manera, fautore del cambio di linea - è ambizioso e necessario. L'obiettivo è giungere a 80-100 emittenti ben radicate sul territorio, massimo 5/8 per regione, che, oltre ai propri contenuti, veicolino quali operatori di rete programmi locali prodotti dalle tante altre emittenti ex analogiche. Questo perché l'evoluzione deve offrire a tutti le stesse possibilità, e, sempre per pari opportunità, ci deve essere la garanzia di ospitare anche i nuovi soggetti che si affacciano con progetti di fornitori di contenuti media audiovisivi, magari integrati con il web, i social network e tutte le piattaforme. Solo in questo modo il settore è in grado di dare un segnale chiaro agli investitori pubblicitari e di tutelare l'occupazione”.