È stata varata venerdì scorso la tanto attesa legge sulla Tv e i media firmata dal ministro Gasparri.
Il punto dolente si fa presto a individuarlo: anche se Berlusconi, con un gesto plateale ad uso soprattutto dei più ingenui, è uscito dalla sala del Consiglio dei Ministri nel momento in cui si discuteva (O) il disegno di legge sulla Tv che lo riguardava direttamente, il nuovo provvedimento firmato dal ministro Gasparri ha il chiaro effetto di tutelare per oggi, per domani e anche per dopodomani (praticamente per sempre) il diritto a trasmettere di Rete 4, casomai qualcuno ancora credesse veramente nell'esilio di Emilio Fede sul satellite e casomai la Corte Costituzionale in queste settimane volesse proprio fare sul serio.
E neppure RaiTre si toccherà più: niente rete senza pubblicità, niente insidie per il duopolio, consacrato dunque anche per l'immediato futuro quale punto-cardine e pressocché intangibile del sistema televisivo italiano, dopo i velleitari tentativi di fare qualcosina per cambiare le cose da parte dei Governi dell'Ulivo. Toccherà salvare anche tutte le altre Tv senza concessione, da Retecapri a Rete A a Hse, per chiudere persino con Tele+ Nero. Poco male, almeno la si chiuderà lì, lasciando stare (almeno per ora, perché poi il problema potrebbe persino riproporsi, stando al testo della legge...) questa storia del "congruo numero di parabole" che un'Authority dal compito impossibile doveva individuare, per poi "provvedere" opportunamente.
La soglia del 20% (che certo è meglio del 25% originario) sui ricavi complessivi del sistema della comunicazione fissata quale unico vero limite antitrust dà sì la possibilità anche ai grandi editori di giornali di fare Tv, eliminando una norma anacronistica e aprendo un potenziale spiraglio di pluralismo, ma lascia anche a Mediaset qualche possibilità in più nei giornali rispetto alla situazione attuale (di maniera sembrano le perplessità e le preoccupazioni di Confalonieri e dello stesso Saccà sulla legge). E il settore televisivo resta quanto mai ben tutelato per quanti oggi vi operano da protagonisti; non ci sarà più infatti quel limite antitrust specifico del 30% del mercato Tv su cui la solita Authority continuava da anni a indagare (evidenti e anche individuati erano gli "sforamenti" di Mediaset e soprattutto della Rai), senza poi avere il coraggio di intervenire davvero. Si tratterà adesso, probabilmente, sulla possibile quota di Telecom sul mercato della comunicazione, che è già passata in poche ore dal 5 al 10%. Poi verrà il capitolo del digitale.
C'è altresì tutta la parte della legge che riguarda la Rai, per la quale, sempre tutelando per un bel po' l'assetto attuale, si avvierà dal 2004 una privatizzazione quanto mai cauta, che darà all'azienda l'aspetto di una public company e lascerà al Ministero dell'Economia diversi poteri, mentre il presidente dovrà essere "super partes" e anche i presidenti delle Camere manterranno voce in capitolo.
Conservando intatte le sue reti attuali, la Rai ne realizzerà almeno altre due in digitale. A tutela della "devolution", infine, le Regioni avranno più poteri e stipuleranno loro contratti di servizio con la Rai.
E per chiudere, giacché la materia si è ingarbugliata da morire già da molti anni, il Governo chiede al Parlamento una delega per poter fare un po' d'ordine in tema di normativa radiotelevisiva.
Questa legge - è scontato - sarà oggetto di un dibattito aspro e durissimo e in Parlamento potrà cambiare anche in modo significativo. Il ministro Gasparri ha lavorato duro per redigerla e ha probabilmente anche cercato di scontentare il meno possibile. Ma i nodi che rendono quanto mai scarso il pluralismo della Tv italiana restano tutti intatti. Viene da dire che per accontentare le richieste in merito del presidente Ciampi ci vorrebbe decisamente qualcosa di più... (M. R.).