La nuova legge sulla diffamazione approvata al Senato

Il Parlamento stavolta potrebbe approvare la legge sulla diffamazione giornalistica, dopo anni di chiacchiere. La versione approvata dal Senato e all’esame della Camera cancella il carcere per i giornalisti ma lascia dubbi su altri punti, come la rettifica senza commenti e le pene pecuniarie.

La legge sulla diffamazione, nella versione approvata dal Senato, cancella dunque la pena del carcere per i giornalisti in caso di diffamazione e prevede invece solo pene pecuniarie. Il tutto è stato poi esteso anche alle testate giornalistiche online. Va sottolineato comunque che il deciso passo avanti che la legge fa cancellando l'ipotesi del carcere è sì importante ma sostanzialmente solo teorico, giacché alla fine quasi sempre, nella pratica, si era evitato che le condanne per diffamazione portassero il giornalista in galera (si ricorderà il 'caso Sallusti'). In ogni modo, che alla pratica segua anche la teoria è evidentemente rilevante.

La sanzione pecuniaria prevista arriva però fino a 10mila euro, ma se si tratta dell'attribuzione falsa di un fatto determinato si può arrivare fino a 50 mila euro.

Uno dei punti più controversi è quello delle modalità di rettifica: essa deve essere pubblicata gratuitamente entro due giorni dalla ricezione della richiesta ma (fatto assai discutibile) non deve esserci alcuna risposta, commento e titolo. Non ci sarà obbligo di pubblicarla solo se avesse contenuto suscettibile di incriminazione penale o sia documentalmente falsa.

Sulle testate online si potrà far valere il diritto all'oblio e anche qui, visto che si è sulla scia di decisioni analoghe su scala europea e mondiale, si rende indubbiamente la vita più difficile a chi opera con questi mezzi nell'informazione.

Dopo molte reticenze sul tema, c'è una prima introduzione, un po' generica, della querela temeraria, ovvero della punizione giudiziaria dell'ipotesi in cui la querela per diffamazione si dimostri fasulla o errata, un modo per scoraggiare la tendenza (assai comoda per chi non gradisca la libertà dell'informazione) alla 'querela facile', a chiari fini intimidatori. Su richiesta del giornalista, il giudice potrà dunque condannare al pagamento di una somma (non specificata) in via equitativa chi ha agito in sede di giudizio in malafede o con colpa grave. Ugualmente il giudice potrà condannare ad un risarcimento equitativo il querelante se risulterà la temerarietà della querela.

Direttore e vicedirettore saranno sempre coinvolti nelle querelle e nella diffamazione (ma potranno anche delegare i controlli sugli articoli) ma non risponderanno più in ogni caso a titolo di colpa, a meno che non siano violati i doveri di vigilanza sulla pubblicazione che dirigono.

Si spera che alla Camera si possano fare modifiche tali da consentire al mondo dell'informazione di avere una legge meno 'intimidatoria' e più ragionevole. Nel frattempo vediamo il commento apparso sul sito della FNSI:

“Pare proprio non ci sia verso per fare una legge che fino in fondo sorregga la libertà di stampa, il diritto dei cittadini alla piena informazione senza condizionamenti impropri. Bene la cancellazione del carcere per i giornalisti, malissimo il bavaglino delle mega multe e delle norme restrittive per il web. Il testo di legge votato oggi dal Senato, sulle regole e le pene sulla diffamazione a mezzo stampa risolve alcuni problemi di compatibilità europea ma introduce nuovi gravami che rischiano di silenziare buona parte dell'informazione e gli operatori più deboli, come i new media non sostenuti da grandi imprese, i giornalisti freelance e i cronisti di territorio.

È sicuramente una svolta la cancellazione del carcere per i giornalisti - motivo di diverse condanne dell'Italia dalla Corte dei diritti dell'Uomo di Strasburgo - e l'introduzione di una norma che finalmente parla di querele temerarie, anche se è incomprensibile attribuire al giudice solo la facoltà e non l'obbligo di procedere contro chi le propone stabilendo, in questo caso, il pagamento di una somma non specificata.

Allo stesso modo assolutamente insoddisfacente è l'obbligo di rettifica che vieta qualsiasi commento. Il rischio di vedere pubblicate in questo caso altre verità per nulla certificate, ma non contestabili, magari con richiesta di rettifica provenienti da ambienti malavitosi e di o da qualche potere prepotente è evidente. Allo stesso modo le pesanti multe introdotte e l'obbligo di celebrare i processi nei tribunali dell'area di residenza dei querelanti, rischia di stroncare sul nascere qualsiasi attività di informazione diffusa degli organi meno forti economicamente, soprattutto i piccoli ma incisivi giornali on line che non avrebbero neanche la possibilità di difendersi adeguatamente.

Altra norma contraddittoria è quella del diritto all'oblio che nulla deve avere a che vedere con una legge che deve garantire il libero e responsabile esercizio dell'attività di informazione quale bene pubblico di tutti i cittadini. La Fnsi ringrazia coloro che si sono battuti fino in fondo per una legge giusta e per la libertà, ma non può apprezzare certi scambi che la ragion politica ha imposto come il ritiro di alcuni emendamenti liberali di norme che hanno un indirizzo punitivo se non vendicativo. La Fnsi resta impegnata perché le storture più evidenti che danneggiano quanto di buono è stato fatto (in questo caso solo per superare la sanzione dell'Unione Europea) siano corrette dalla Camera dove ora dovrà ritornare il testo approvato dal Senato”.

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