La ‘par condicio’ secondo la Vigilanza: il pasticcio si estende

Sviluppi sempre più sconcertanti –

Le norme sulla par condicio in vista delle prossime elezioni regionali varranno anche per le emittenti radiotelevisive private e per la stampa. Lo ha deciso ‘forzatamente’ l’Autorità per le garanzie nella comunicazioni. E scatta immediato il ricorso al Tar di Sky e Mediaset.

L'Authority aveva avvertito per tempo che la situazione poteva degenerare, con anche un certo imbarazzo dell'organismo stesso per le decisioni che gli competevano. La Rai aveva fatto sapere all'unanimità che le disposizioni in oggetto le rendevano durissima la vita e comportavano palinsesti 'ingestibili' e danni economici ingenti.
Ma la maggioranza della Commissione di Vigilanza, con la collaborazione dei radicali (che hanno ritenuto di condire il tutto con il consueto sciopero della fame e della sete), non ha voluto sapere di 'ripensarci', oppure, ormai prigioniera delle sue stesse decisioni, non sapeva più come uscirne.
Comunque sia, l'assurdo regolamento della Vigilanza che, con l'alibi della 'gabbia' della legge sulla par condicio, estende a tutte le trasmissioni d'informazione le regole delle Tribune Elettorali (una situazione mai verificatasi in passato con la stessa legge sulla par condicio vigente) alla fine è stato confermato. E le conseguenze sono subito devastanti.

Infatti una delibera assunta dalla Commissione per i servizi e i prodotti dell'Authority ha stabilito 'forzatamente' (una decisione diversa avrebbe creato differenze 'clamorose' tra una Rai regolamentata in modo ferreo e una Mediaset, più gli altri, 'libera') che le disposizioni "in materia di disciplina dell'accesso ai mezzi di informazione... si applicano su tutto il territorio nazionale nei confronti delle emittenti che esercitano l'attività di radiodiffusione televisiva e sonora privata e (persino; Ndr.) della stampa quotidiana e periodica".

All'articolo 6 della delibera si indica che "le trasmissioni di informazione, con l'eccezione dei notiziari, a partire dal decorrere del termine ultimo per la presentazione delle candidature, sono disciplinate dalle regole proprie della comunicazione politica". E che è vietata la partecipazione di candidati o esponenti politici in spazi diversi dalle trasmissioni cosiddette "di approfondimento", dai notiziari e ovviamente le tribune politiche.
E come già per la Rai, anche nei programmi di informazione i responsabili "devono assicurare in maniera particolarmente rigorosa condizioni oggettive di parità di trattamento tra tutti i soggetti".

La delibera dell'Agcom ha subito provocato la protesta di Mediaset (di proprietà del premier Silvio Berlusconi, la cui maggioranza ha partorito questo 'capolavoro'), che in un comunicato ha annunciato (ovviamente, era infatti già scontato) ricorso al Tar.
"Mediaset esprime sconcerto per la delibera oggi assunta dall'Agcom per le Tv private con la quale si estendono anche ai programmi di approfondimento informativo le norme vigenti per i programmi di comunicazione politica" - dice il comunicato, aggiungendo che la delibera violerebbe la legge del 200 sulla par condicio, così come interpretata da una sentenza del 2002 della Corte Costituzionale (eppure, ci pare, proprio a mettere in discussione la par condicio, come vuole Berlusconi, è finalizzato il regolamento 'sotto accusa').
"L'Agcom ha fatto proprio il regolamento della Commissione parlamentare di Vigilanza per il servizio pubblico che risponde a principi costituzionali ed è disciplinato da norme diverse da quelle che regolano l'emittenza privata" - afferma ancora Mediaset.

Non poteva agire diversamente - stavolta - Sky Italia, che infatti “prende atto con grande rammarico della decisione presa dall'Agcom di estendere anche ai media privati il regolamento sulla par condicio varato dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza per la Televisione pubblica finanziata con un canone obbligatorio”.
Sky Italia, pertanto, annuncia che farà immediato ricorso d'urgenza al Tar affinché sia sospeso questo provvedimento, che è in evidente violazione dei principi di libero mercato ma, soprattutto, del principio di libertà d'opinione e di espressione previsto dalla Costituzione Italiana. Infatti, l'estensione decisa dall'Agcom ha come conseguenza che una Commissione composta da politici decida le regole secondo le quali la libera stampa può porre domande e quesiti agli stessi esponenti politici, proprio in una fase delicata come quella che precede una consultazione elettorale”.

Volete una previsione? Nel mostruoso pasticcio complessivo, il Tar potrebbe togliere le castagne dal fuoco ai privati e alla stampa, mentre il cerino in mano potrebbe restare alla 'povera' Rai.

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