Diciamolo, in giorni così caldi e uggiosi di giugno se non ci fossero le consuete polemiche sulla Rai ci si annoierebbe mica poco. Per fortuna a Viale Mazzini e nei corridoi parlamentari della politica non ci fanno mancare niente e lo spettacolo è talora così imprevedibile, complicato e avvincente che si stenta persino a comprendere tutto, soprattutto a individuare dove si voglia andare e anche cosa si voglia realmente fare in futuro.
L’ultima rovente (data la stagione) polemica ha toni inediti e un po’ surreali e capirla è sempre più difficile. Riepiloghiamo e proviamo a spiegare.
È di pochissimi giorni fa l’insediamento del nuovo direttore generale Mario Orfeo, ex direttore del Tg1, che prende possesso della carica su sostanziale indicazione del PD e di Matteo Renzi, dopo le (ottenute) dimissioni di Antonio Campo Dall’Orto, ritenuto più o meno dagli stessi ambienti politici che l’avevano nominato (ancora quelli citati) e dalla maggioranza dei Consiglieri del Cda non più in grado di portare avanti l’azienda in modo efficace. Da molti mesi i politici stavano poi tenendo sulla corda l’azienda con la manfrina sul tetto ai compensi di 240.000 euro, senza chiarire fino all’ultimo se valesse o meno per le ‘star’ della Tv. Conseguenza: un possibile fuggi fuggi generale che metterebbe la Rai alle strette e in gravissima difficoltà sul mercato televisivo, a meno che non si pensi che l’azienda debba vivere di solo canone (cosa né chiesta né perseguita esplicitamente, per adesso, dai partiti).
Orfeo si insedia con una buona fiducia generale (Cinquestelle a parte, poiché loro ce l’hanno nel mirino da tempo per le sue scelte giornalistiche al Tg1) e dimostra subito ‘carattere’. La questione del tetto ai compensi viene in qualche nodo aggirata, con promessa di un sostanziale ribasso generale del 10% e si varano le dovute nomine.
Eccoci però subito al ‘dunque’, perché a fine giugno, come ogni anno, c’è l’annuale presentazione dei palinsesti della nuova stagione, appuntamento sì un po’ rituale ma non per gli investitori pubblicitari, che vogliono capire cosa andrà in onda e quali saranno i possibili ascolti.
La cosa è così urgente che nei giorni scorsi si tiene lo specifico Cda d’occasione e Orfeo si trova immediatamente a gestire la grana più grossa, quella di Fabio Fazio, in procinto di andarsene a La 7. Orfeo ha una soluzione per non perdere una delle star più ambite del video e da sempre ‘uomo Rai’ e la presenta al Cda: Fazio viene così recuperato in extremis e, come da previsioni, passa da Raitre a Raiuno, portandosi dietro format, collocazione domenicale e persino la produzione del programma che (qui si aspettano chiarimenti) passerebbe, dietro compenso, a una nuova società ‘vicina’ allo stesso Fazio; lui poi farebbe anche un nuovo programma in seconda serata il lunedì sempre su Raiuno e si parla persino di un ‘ruolo’ (da chiarire) per il prossimo Festival di Sanremo, dove Fazio è già stato ‘di casa’ per anni.
Un trattamento coi fiocchi, sembra di capire, con un compenso quadriennale, tutto compreso (comprensivo cioè di diritti sul format e della produzione di cui sopra), di 11,2 milioni di euro, di cui 8,8 direttamente a Fazio, 2,2 l’anno. Ma forse era l’unica e ultima occasione per non perdere il presentatore savonese e tutto il ‘mondo che gli gira intorno’, perché il tempo stringe come non mai. Orfeo potrebbe forse ritenersi soddisfatto, tanto più che non lasciano l’azienda (pare) neanche tutti gli altri possibili ‘uscenti’ (Alberto Angela in primis). Resterebbe anche Giletti, anche se la sua ‘Arena’ non si è potuta salvare e in compenso gli si offriranno alcune prime serate di pregio su Raiuno.
Il Cda però non la prende benissimo: alcuni sono assenti al momento del varo dei palinsesti (Freccero gioca fra l’altro una sua partita che nei prossimi giorni si chiarirà meglio), la delibera tuttavia passa, i palinsesti da presentare ci sono ma non sembrano entusiasmare e si attendono invece a questo punto le temute conseguenze politiche.
Previsione azzeccata. I politici infatti criticano duramente, almeno sulla carta e - miracolo - stavolta sono d’accordo persino i Cinquestelle e gli esponenti del PD che parlano (i favorevoli, se ci sono, non si fanno vivi). Il temuto Michele Anzaldi (principale artefice delle dimissioni di Campo Dall’Orto) spara naturalmente a zero, minaccia azioni legali, critica aspramente la concessione a Fazio di un compenso che a suo dire sarebbe aumentato del 50% (secondo l’azienda, tutto sommato, siamo invece nelle regole fissate del - 10%, perché il compenso rimarrebbe quello che era ma con qualche decina di ore di trasmissione in più il lunedì) e per la prima volta si trova in sintonia con il ‘suo’ presidente della Vigilanza, il grillino Fico, che convoca anche apposita riunione fra poche ore.
Insomma, è tempesta e riprende soprattutto il tormentone di politici che nominano dirigenti e poi li criticano aspramente alla prima occasione (più o meno come se la gestione della Rai spettasse loro di diritto, una situazione tanto incredibile quanto ormai consueta), il tutto per via dei loro giochi di potere, nei quali è sempre più difficile addentrarsi. Probabilmente avrebbero criticato aspramente Orfeo anche se avesse fallito con Fazio, parlando di ‘azienda che perde valore per scelte errate’ e di ‘gestione fallimentare’.
Fra parentesi questa situazione di quotidiana pressione del mondo politico, che manco a dirlo si ripropone identica, era la stessa per cui Fazio voleva lasciare la Rai e la principale motivazione anche delle dimissioni di Campo Dall’Orto.
Ma le elezioni sono in vista e di sicuro, viste le cifre in ballo, non è popolare dire sì a un contratto multimilionario come quello di Fazio, che pure andrà sicuramente spiegato nei dettagli. Insomma, dopo il promettente esordio, anche la direzione generale di Orfeo parte in salita e potrebbe persino presto diventare un mezzo calvario. Avanti così, comunque, lo spettacolo è solo all’inizio.