La scomparsa di Jader Jacobelli

A 87 anni, dopo una lunga malattia, è morto Jader Jacobelli, che molti ricordano come il “conduttore delle Tribune Politiche Rai”. Giornalista imparziale e garbato, è stato molto critico sulla Tv degli ultimi anni.

Jader Jacobelli iniziò la sua carriera giornalista alla Radio. Seguì, fin dal 25 giugno 1946, le sedute dell'Assemblea Costituente per la rubrica radiofonica "Oggi a Montecitorio", diventata poi "Oggi in Parlamento". Successivamente fu chiamato in televisione, convinto da Ettore Bernabei, per succedere a Gianni Granzotto e Giorgio Vecchietti.

Il nome di Jacobelli è legato al periodo d'oro della Tv italiana, quello degli anni '60-'70 e delle Tribune Politiche. Jacobelli fu anche direttore del "Radiocorriere" ma il suo volto e il suo nome sono appunto associati immediatamente alle "Tribune Politiche" e alle 'Tribune Elettorali' che Jacobelli iniziò a dirigere dal 1964 (mantenne poi l'incarico fino al 1986).

Le "Tribune" furono una novità assoluta (all'inizio addirittura 'sconvolgente' per i politici e anche per parte del pubblico), un modo di parlare di politica completamente diverso dal consueto per la Tv di quegli anni, durante i quali Jacobelli riuscì a distinguersi per una conduzione equilibrata, imparziale e garbata (e sia pure molto 'ufficiale' e un po' 'ingessata', se si vuole).

Il suo stile nella conduzione gli consentì di controllare e dominare le situazioni più complesse, come quella in cui un provocatorio Marco Pannella, nel 1978, si presentò imbavagliato, restando muto per tutti i 10 minuti del programma, in segno di protesta contro la Commissione Parlamentare di Vigilanza della Rai.

Nel 1986 Jacobelli divenne poi consulente della Commissione Parlamentare di Vigilanza per passare poi nel 1996 a guidare l'Unità di garanzia elettorale della Rai, istituita per far rispettare le regole della par condicio, e infine porsi alla testa della Consulta sulla Qualità della Rai.

Quest'ultimo periodo ha visto un Jacobelli molto polemico sull'argomento dell'audience e della qualità dei programmi. Proprio da questa esperienza è nato anche il suo libro "Cento no alla Tv", in cui il giornalista spiega che non è tanto l'uso che si fa della Televisione a farne un medium pericoloso quanto "la sua stessa natura di mezzo troppo potente rinchiuso tra le quattro mura domestiche. Bisogna quindi usarla con parsimonia ed equilibrio".

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